TRADIZIONI
Si chiamano sfincitieddi e sono le sorelle dolci dello sfincione: tradizioni (e segreti) bagheresi
Solo chi l’ha provato sa. Il dolce più tradizionale e più dimenticato forse, sono le sfince, da non confondere con quella nuvola fritta ripiena di ricotta, quella è la sfincia di San Giuseppe
Sfincitieddi di Bagheria
Neanche un mese pieno, dai... Poi bisogna dire che le tavolate belle ricche non è che siano prerogativa dei singoli giorni di festa, quelli in fondo non sono neanche così tanti, è l’intermezzo che ci frega. Praticamente quasi un mese di cene, assaggi, degustazioni, pranzi, assaggini, esperimenti in solitudine e in compagnia che non c’è palestra che possa porvi rimedio il 7 gennaio.
Da noi la tradizione è prettamente dolce, con la sola eccezione dello sfincione che ormai è praticamente super partes, quello lo si mangia dalla colazione allo spuntino notturno con una nonchalance che non sto qui a spiegarvi. Solo chi l’ha provato sa. Il dolce più tradizionale e al contempo più dimenticato forse, sono le sfince. E no, non quelle nuvole fritte ripiene di ricotta e gocce di cioccolato, quella è la sfincia di San Giuseppe.
La peculiarità di queste frittelline è proprio la loro consistenza “spugniummusa”, voglio i credits per questo neologismo! Sì perchè le sfince sono un po’ spugnose e un po’ inchiummuse, “pesanti” per gli amici della Valle d’Aosta. Questa particolarità è data da un ingrediente specifico e cioè le patate bollite.
Le sfince si preparano infatti con farina, patate lesse, acqua, lievito di birra e il classico pizzico di sale che favorisce la lievitazione. La presenza delle patate da una parte crea l’effetto spugna, ma dall’altra fa sì che non si induriscano nell’immediatezza, ma restino anzi più elastiche nei giorni successivi alla preparazione.
Il segreto sta anche nella creazione dell’impasto, la classica mano a “cuppino” fa sì che inglobi aria e una volta che si
raggiunge la giusta consistenza, più densa della classica pastella ma comunque discretamente fluida, le palline che si tuffano nell’olio caldo si gonfiano e sviluppano delle bolle interne che favoriscono la loro sofficità.
Queste sfince per me di sicuro, ma penso anche per molti altri baarioti, sono sinonimo di tanti Natali e, nel mio caso, ancor più di Capodanni, risalenti a molti anni fa. A casa mia era mia nonna paterna che la mattina dell’1 gennaio veniva per trascorrere la festa tutti insieme con un bel contenitore ermetico pieno di queste spugnette.
Per noi erano la colazione, il post pranzo, la merenda e l’intermezzo. Dolci ma non sdignuse, gradite sempre a tutti. Mia nonna non ha mai scritto la ricetta perchè, da brava donna degli anni '20 del secolo scorso, lei faceva ad occhio.
Poteva permetterselo perchè il suo era un occhio esperto che chissà quante volte le aveva viste preparare e preparate lei stessa nel corso della sua lunga vita. Io purtroppo la ricetta autentica non l’ho più trovata, di recente me ne hanno data una che pare avvicinarsi all’originale, capite bene però che per me quella giusta è, e sempre resterà, quella di mia nonna Paola. Non ho ancora avuto il tempo di provarla ma vi farò sapere.
Qui di seguito vi segno gli ingredienti, il procedimento è inuitivo e il segreto della mano a cuppino farà la differenza, pare.
500 gr farina 00
300 gr patate lesse
400 ml acqua
20 gr lievito di birra
un pizzico di sale
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