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Quando Siracusa fu il rifugio di Caravaggio: fu lui a dare il nome all'Orecchio di Dionisio

Forse non tutti sanno che Caravaggio raggiunse la Sicilia dopo aver commesso un omicidio ed essere stato in prigione. A Siracusa venne ospitato dal pittore Mario Minniti

  • 21 novembre 2021

L'Orecchio di Dionisio a Siracusa

La vita del pittore Michelangelo Merisi, noto al grande pubblico con il nome di Caravaggio, è ricca di avventure e misteri. Forse non tutti sanno che Caravaggio raggiunse la Sicilia dopo aver commesso un omicidio ed essere stato in prigione.

Un documento narra che il pittore venne a duello a Roma con un cavaliere che lo aveva provocato e, ferendolo mortalmente, dovette fuggire. Prima, si rifugiò a Malta e poi, fuggito da La Valletta, giunse in Sicilia precisamente a Siracusa nell’autunno del 1608.

La presenza di Caravaggio a Siracusa è testimoniata in uno scritto del tempo, in cui il nobile Vincenzo Mirabella che, secondo alcuni studiosi è il committente del celebre dipinto "Il seppellimento di Santa Lucia", racconta di aver conosciuto il pittore.

A Siracusa restò circa due mesi, ma in quel breve tempo gli fu commissionato il dipinto del seppellimento di Santa Lucia per la chiesa detta oggi “alla Borgata”. In molti si chiedono chi gli commissionò le opere, ma anche dove si nascose e chi lo aiutò in quel periodo.
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Secondo alcuni biografi, Caravaggio fu aiutato dal pittore siracusano Mario Minniti, che lo ospitò.

Mario Minniti era l’amico dei suoi primi anni romani. Andando un po’ indietro nel tempo, si ricorda che si conobbero presso la bottega di Lorenzo Carli a Roma nel 1596. Alcune biografie sostengono che i due giovani pittori coabitavano nella stanza per lo spazio ridotto.

Caravaggio era nato per ribellarsi alle autorità costituite e il Minniti, più giovane di età, sicuramente fu influenzato dalle sue idee. Ciò è provato dalla sua futura arte, in quanto divenne un diffusore del caravaggismo in Sicilia, anche se preferì evitare di provocare apertamente i benpensanti e propose un'arte più adatta ai commissionanti siciliani.

Senza protettori era difficile affermarsi nel mondo dell'arte e gli inizi di Caravaggio sempre pronto ad andare contro corrente, furono alquanto tormentati. La sua amicizia con il giovane siciliano destò da subito sospetti di omossessualità e non soltanto perché i due erano inseparabili, ma anche per i quadri che il pittore lombardo cercava di vendere.

Che cosa hanno in comune i dipinti “Fanciullo con canestro di frutta", "Buona ventura", "I bari", "Concerto", "Suonatore di liuto", "Bacco", "Ragazzo morso da ramarro", "Vocazione" e "Martirio di San Matteo"?

Il modello è sempre Mario Minniti, dipinto spesso in pose femminili. Il biografo Susinno racconta degli aneddoti particolari della vicenda.

Altri studiosi, però sostengono che potrebbe essere una storia inventata, poiché esistono due documenti romani riferibili con certezza a Minniti e alla sua convivenza nel 1600 e poi al suo matrimonio con Alessandra Bertoldi, anche se ancora una volta Susinno, narra che il pittore siracusano decise di prendere moglie “per poter più quietamente vivere”.

Pare che il Merisi non riuscisse più neppure a girare tranquillo per le strade romane, perché era entrato nel mirino di cittadini poco inclini ad accettare la sua privata convivenza con il Minniti.

L'amicizia tra i due pittori durerà tutta la vita, sarà infatti Mario ad aiutare Caravaggio a mettersi in salvo a Siracusa. A Roma Caravaggio verrà provocato fino ad arrivare alla sua rovina completa. Purtroppo nemmeno essere il protetto di un potente cardinale gli garantì la tranquillità, anzi, continuò ad essere apostrofato come un degenerato, così un giorno in una taverna, accadde che per difendersi, fu costretto ad uccidere un uomo.

Condannato a morte in contumacia nel 1599, fu dopo costretto a fuggire da Roma e le sue disavventure continuarono fino alla morte. Anche Mario Minniti si vedrà costretto a lasciare Roma. Tornerà nella sua città natale, ma resterà sempre in contatto con il maestro.

C’è ancora un’altra curiosità legata al periodo siracusano di Caravaggio.

Per tanto tempo il passaggio a Siracusa di Caravaggio non fu raccontato e solo qualche anno fa si è data la giusta importanza a un documento, una vera e propria testimonianza scritta del Caravaggio a Siracusa, cioè la cronaca del Mirabella, che ci informa anche della visita del pittore alla Grotta della Favella, una fessura nella roccia, la conosciuta latomia siracusana che produceva un’eco, come accade anche oggi.

Mirabella racconta di aver accompagnato Caravaggio in quel luogo e di avergli raccontato di Dionisio e dei prigionieri che egli vi rinchiudeva e faceva spiare. E Caravaggio disse: «ei fece questo carcere a somiglianza di un orecchio».

Dunque, in quel lontano giorno d’autunno del 1608 Caravaggio battezzò la grotta col nome “orecchio di Dionisio” e così fu chiamata da quel momento in poi.

Alcuni, ancora, si chiedono dove alloggiò il pittore a Siracusa. Sull’argomento non ci sono molti documenti, ma supposizioni. Alcuni studiosi parlano di un convento fuori da Ortigia, appunto vicino la chiesa di Santa Lucia.

Si parla di un convento fortezza affacciato sul mare dove si poteva entrare solo per volere di un frate guardiano. Il giorno della festa di Santa Lucia del 13 dicembre del 1608, fu mostrato alla città di Siracusa il meraviglioso dipinto del seppellimento della santa, ma il pittore non era presente allo svelamento del quadro.

Era già andato via, di fretta, come un fuggiasco.
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