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Per rapimento, finta o per motivi economici: tutti i tipi di fuitina che si facevano in Sicilia

Solitamente rappresentava la fuga di due innamorati ostacolati da una o da entrambe le famiglie. Ma c'erano anche altri tipi di "fuitina". Ve le raccontiamo

Giovanna Caccialupi
Perito chimico industriale
  • 4 luglio 2024

A fuitina, solitamente la fuga di due innamorati ostacolati da una o da entrambe le famiglie.

Precedentemente accordati i due si incontrano e scappano, con la complicità di parenti o amici disposti ad ospitarli il tempo necessario a far spaventare e poi rassegnare i genitori contrari all’unione.

Non sempre era facile prendere accordi, le ragazze non avevano libertà di movimento e di comunicazione ed era necessaria la collaborazione di persone (ruffiani) che potevano avvicinare la ragazza da sola e senza destare sospetti.

Qualcuno riusciva a comunicare con bigliettini lanciati o lasciati in posti prestabiliti.

C’era la fuitina per motivi economici: quando le famiglie non erano in grado di sostenere le spese per cerimonia e banchetto, organizzavano una fuitina che prevedeva poi, come punizione le nozze in chiesa all’alba, senza invitati, senza corredo adeguato, senza sfoggio di eleganza, senza viaggio di nozze.

Autentica o finta che fosse, alla fuitina seguiva la reazione della famiglia della ragazza che doveva essere necessariamente plateale e chiassosa. La madre urlante e disperata, il padre minaccioso e severo.
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Quando la fuitina prevedeva una destinazione distante, necessitava un’ automobile che allora possedevano in pochi, si provvedeva o a noleggiarne una, o a coinvolgere un amico automunito. Alcuni evitavano di spostarsi, bastava bussare ed entrare in casa della ragazza quando era sola, lei poi gridava aiuto, il vicinato accorreva, la ragazza era già compromessa.

Quando la casa della ragazza era al pianterreno o al primo piano ed il giovane aveva una buona mira, bastava lanciare in casa, attraverso una finestra aperta, un qualunque indumento riconducibile all’innamorato ed era fatta.

Mi hanno anche raccontato di tipi di "fuitina" forzata.

Quando il genitore della ragazza o la ragazza stessa non erano d’accordo alle avances dell’innamorato, si organizzava un vero e proprio rapimento, per compromettere la ragazza e far si che poi il padre supplicasse addirittura il rapitore a sposare la figlia e quindi a riparare al disonore.

Sisina allora quindicenne, (circa 1920) non aveva accettato il corteggiamento di un ricco allevatore, che riteneva troppo rozzo, ma che dovette sposare dopo che lui una mattina, la fece rapire mentre accompagnava i nipotini di 4 e 6 anni. Nel tratto più solitario del suo percorso, due uomini scesi da un’auto la portarono via, lasciando i bambini terrorizzati e soli sulla strada.

Quando per portatori di handicap non erano previste terapie, assistenza, pensioni, per i più, avere una figlia speciale, era solo una bocca in più da sfamare che nessuno avrebbe mai sposata.

Gli amorevoli familiari di Nardina, scelsero con l’inganno il futuro marito della ragazza. Chiamarono a riparare delle tegole rotte, Blasi, giovane muratore, laborioso e mite. Mentre Blasi riparava il tetto sul retro della casa, i fratelli fecero nascondere sotto i teloni del suo carretto Nardina che obbedì a quello che credeva un gioco.

Vi rimase in silenzio fino a sera, quando ormai buio, i fratelli minacciosi andarono a cercarla, accusando Blasi di averla fuiuta e compromessa.

A nulla valsero le proteste di Blasi, che dopo i primi momenti di disorientamento, dovette rassegnarsi a sposare Nardina che si ritrovò sposa, inconsapevole del suo ruolo, incapace di mandare avanti una casa e di crescere i figli che poi arrivarono.

Quando Gispuzza fuggì con Gilormu, era già maggiorenne (1958) ed incinta. Lui più giovane di qualche mese e ancora minorenne e per niente intenzionato ad assumersi le sue responsabilità. Per Gispuzza che temeva le ire dei familiari, religiosissimi e severi, la fuga doveva servire proprio a sottrarsi alle loro reazioni.

Lui l’aveva corteggiata a lungo, tutti i giorni l’aspettava alla fontana dove andava a prendere l’acqua. Le portava un fiore, le cantava una canzone. Lei tornava a casa felice, leggera, e lo pensava tutto il giorno, sorridendo al ricordo di una frase, di uno sguardo. Tutto era più bello. Una dimensione nuova, diversa.

Poi l’aveva convinta ad incontrarsi in una stalla abbandonata fuori paese.

- accussì i genti non vidunu..

Gispuzza era consapevole che stava disobbedendo alla sua famiglia, ma non riusciva a rinunciare alla magia di quegli abbracci.

All’inizio Gilormu fu d’accordo a fuggire, poi pentendosi, prima di giungere a casa dove aveva promesso di portala, le disse:

Spettimi ccà, ora vaiu a casa e i ‘vvisu ca staiu purtannu a tia….e poi ti vegnu a pigghiari… non ti moviri di ‘cca..

Gispuzza aspettò tutta la notte, poi all’alba, infreddolita e spaventata, andò a bussare a casa del ragazzo.

I familiari, meravigliati ed increduli svegliarono Gilormu che intanto dormiva beato , e che giurò e spergiurò di non saperne niente. Non fecero entrare in casa la ragazza, anzi mandarono a chiamare i carabinieri perché, qualora fosse vero, era stato corrotto un minorenne.

Intanto Gispuzza non poteva tornare a casa sua e nessuno dei parenti era disposto ad accogliere una "fuiuta e ‘llassata , come fosse una pericolosa malata contagiosa. Per giorni rimase nella stalla, solo la nonna di Gilormu andava di nascosto a portarle qualcosa da mangiare.

Sia i carabinieri che i parenti dei ragazzi, cercarono di mediare, non senza difficoltà fino alle nozze riparatrici.
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