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La Sicilia lontana dai riflettori: il megapiano da 44 milioni per 36 borghi (senza tempo)

Un progetto che non si limita al recupero architettonico o alla manutenzione urbana, ma che inverte rotta rispetto allo spopolamento e alla marginalità. Come

Claudia Rizzo
Giornalista e TV producer
  • 9 aprile 2025

Il porticciolo di Ustica

C’è una Sicilia lontana dai riflettori, che non si affaccia sui circuiti del turismo di massa, fatta di borghi in equilibrio tra memoria e abbandono, dove la vita scorre lenta e il tempo sembra essersi fermato.

È in questa Sicilia che qualcosa sta finalmente per cambiare: 36 borghi saranno, infatti, protagonisti di un’azione di rigenerazione senza precedenti, grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) destinati all’Investimento "Attrattività dei Borghi".

25 progetti finanziati, per un ammontare complessivo di circa 44 milioni di euro, con un obiettivo chiaro: rilanciare i piccoli centri attraverso cultura, creatività, turismo sostenibile e nuove opportunità economiche.

È un piano che non si limita al recupero architettonico o alla manutenzione urbana, ma che punta a invertire rotta rispetto allo spopolamento e alla marginalità, scommettendo sul potere trasformativo della bellezza e creando occasioni di lavoro, formazione e innovazione a partire da ciò che di più prezioso c’è: il territorio.

A essere coinvolti sono borghi costieri e montani, nell’entroterra e sulle isole minori, ciascuno con la propria storia, le proprie urgenze e i propri sogni.

Alcuni sono già noti tra gli amanti del turismo lento, altri sono nomi che rischiavano di scomparire persino dalle mappe. Tutti, però, rappresentano una risorsa strategica per un modello di sviluppo alternativo alla concentrazione urbana.

Il piano prevede interventi mirati: riqualificazione del patrimonio storico-artistico, recupero di musei, piazze, giardini e spazi pubblici, creazione di centri culturali e laboratori creativi, ma anche il rafforzamento del tessuto socio-economico attraverso spazi di coworking, centri di aggregazione e percorsi di inclusione.

Un’attenzione particolare viene data al turismo sostenibile: si punta, infatti, alla creazione di itinerari esperienziali, punti informativi, servizi di accoglienza e perfino all’organizzazione di alberghi diffusi o di residenze d’artista, pensati per valorizzare le strutture esistenti e ridare vita ai centri storici spesso disabitati.

Tra i borghi simbolo di questa rinascita c’è Ustica che, con il progetto "Ustum Cultural Programme", si candida a diventare un centro culturale diffuso e permanente, mettendo al centro la comunità e il paesaggio.

Con oltre 1,2 milioni di euro di finanziamento, l’isola in provincia di Palermo punta a ridurre la marginalità sociale e culturale, diversificando e destagionalizzando l’offerta turistica attraverso nuovi itinerari, esperienze e proposte legate al patrimonio dell’isola.

Per farlo, le linee d’intervento del programma si articolano su più fronti: la realizzazione di un Polo Museale Integrato presso la Torre dello Spalmatore, la creazione di un osservatorio sul patrimonio culturale immateriale, un incubatore per imprese di comunità che coinvolga attivamente i residenti e una serie di itinerari culturali e naturalistici con soluzioni digitali e immersive.

Ma c’è di più: "Ustum" punta a mettere l’isola in rete, creando collegamenti con altre realtà a livello nazionale e internazionale: il progetto prevede infatti la creazione di una rete nazionale delle aree marine protette, l’adesione al circuito “Milleperiferie” e la partecipazione al programma “iHERITAGE” di cooperazione culturale internazionale, per portare l’esperienza usticese oltre i propri confini e garantirne la sostenibilità nel tempo.

«Ustica è una piccola realtà, ma con un enorme potenziale a tutti i livelli», afferma il sindaco Salvatore Militello - «Il progetto che stiamo portando avanti ha un respiro ampio: agisce sul piano sociale, puntando a ridurre la marginalità, e prevede anche la valorizzazione dell’area marina protetta e il rilancio culturale dell’isola.

Ma soprattutto sta nascendo una nuova coesione tra i comuni siciliani coinvolti, un fronte comune che guarda con coraggio e visione al futuro dei nostri territori, per invertire insieme la rotta dello spopolamento».

E aggiunge: «Sappiamo che non è semplice, soprattutto nelle isole, ma è fondamentale garantire uguali diritti ai cittadini delle cosiddette “isole minori” – che noi preferiamo chiamare semplicemente isole della Sicilia, perché non siamo minori a nessuno – e a quelli della terraferma».

A ribadire la centralità delle comunità è anche Lucenzo Tambuzzo, direttore artistico e generale del progetto: «Questa è un’opportunità straordinaria per restaurare palazzi, chiese, monumenti, per mettere in sicurezza percorsi, avviare imprese di comunità, organizzare festival e creare nuove connessioni tra cultura, territorio e innovazione».

«Perché tutto questo abbia un vero impatto - continua – serve scommettere sulla sostenibilità dei risultati e andare oltre i singoli interventi: bisogna fare rete, costruire un sistema tra i borghi, evitare l’isolamento. Solo con una visione condivisa e strategie comuni, attivando le comunità e rafforzando il terzo settore, che si è dimostrato il vero motore progettuale spesso sostituendosi a uffici tecnici ridotti all’osso, potremo proiettarci oltre la scadenza dei fondi del Pnrr».

E sono proprio le idee, spesso nate dal basso, a rendere questo piano così ricco di sfumature e visioni: dalla riqualificazione dell’area artigianale a Roccavaldina per la produzione di bioplastiche, al recupero dei ricami tradizionali a Castel di Lucio, dove un antico convento ospiterà un laboratorio di arte e cucito; dai percorsi cinematografici che celebrano Frank Capra a Bisacquino e Il Gattopardo a Ciminna, fino agli spazi pensati per accogliere nomadi digitali a Bivona.

Ogni progetto riflette l’identità del proprio territorio, intrecciando tradizione, creatività e nuove forme di abitare i luoghi. Perché in fondo rigenerare un borgo non è solo restaurare edifici: è rimettere al centro le persone, le relazioni, il senso di appartenenza, con progetti che non si esauriscano con il taglio di un nastro, ma che costruiscano filiere economiche e culturali capaci di durare nel tempo.

È un processo lento, che non si misura solo in numeri ma in traiettorie di vita che cambiano.

Se questi 36 borghi sapranno però diventare una rete viva, interconnessa e condivisa, allora la Sicilia non sarà più vista come una terra da cui partire, ma come un luogo da cui ripartire.
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