TRADIZIONI
Il rito (estivo) in Sicilia che rischia di andare perduto: Dina ed Enza preparano la "salsa"
Preparare il sugo di pomodoro è una tradizione che affonda le radici nella terra. In Sicilia va avanti da sempre, generazione dopo generazione, e arriva ai giorni nostri
Salsa di pomodoro
Tra la fine di luglio e la prima metà di agosto, come da tradizione, le famiglie siciliane si dedicano alla lavorazione di un prodotto unico in Sicilia.
Il pomodoro, genuino, viene curato minuziosamente per raggiungere il massimo della squisitezza. Un tempo, abbastanza lontano, il periodo estivo era arricchito (in quasi tutte le famiglie) dai preparativi per la “conza” di tutto l’anno (fino a 24 mesi).
Oggi, purtroppo, la tradizione è andata quasi perduta per mancanza di buona volontà.
Il pomodoro è esclusivamente rosso, tondo - piccolo e del genere “patataro”. Il primo passaggio è scandito dalla pulizia delle bottiglie (da 1 l o ½ litro) un paio di giorni prima della preparazione. Si capovolgono e lasciano asciugare al sole. Poi, vengono poggiate delicatamente nelle gabbiette.
Inoltre, con attenzione, viene constatata la nitidezza degli strumenti da utilizzare durante le fasi lavorative. Tra questi figurano le pentole, il fusto e il passapomodoro o "macchina per macinare" il pomodoro.
Una volta conclusa la fase iniziale, il pomodoro viene lavato, sbollentato e l’acqua fatta scolare su un tavolo. Il riferimento, grazie sempre ai ricordi delle sorelle Dina ed Enza, corre indietro nel tempo quando il pomodoro si posava nella cannata. Quest’ultima era una "sorta" di tavolo formato da canne. Le stesse dovevano essere di egual misura, affilate e legate bene da uno spago.
Un lavoro certosino per mantenere il quantitativo di pomodori da utilizzare. Ritornando alla fase preparatoria, bisogna attendere all’incirca 30-40 minuti.
Questo è il tempo dei ricordi. I bambini volevano partecipare e ognuno, inconsciamente, decideva il ruolo da svolgere. Era un periodo difficile - di vacche magre - dove bastava un piccolo evento per unire l’intero nucleo familiare.
Tra passato e presente è giunta l’ora di utilizzare il passapomodoro per lavorare nella sua interezza il pomodoro. La salsa “cola” direttamente in un pentolone e la buccia rimane fuori da ogni possibile soluzione. Nonostante tutto, la stessa (ambito scientifico) ha una sostanza utile per altri fini chiamata licopene.
Una volta raggiunto il limite del pentolone si procede naturalmente al riempimento delle singole bottiglie e alla conseguente chiusura con tappi di metallo. Adesso è molto semplice grazie all’utilizzo dello strumento adatto. Invece, tanti anni orsono, i tappi erano in sughero e per chiuderli bisognava utilizzare lo spago e… attaccarli!
È giunta l’ora di sistemare le bottiglie nel fusto (coricati per ottimizzare lo spazio) e riempirlo di acqua. Lo stesso è messo sopra il fornello a gas e pronto per essere acceso. Appena l’acqua del recipiente bolle, bisogna attendere altri 20 minuti circa. Questa è una delle fasi rese semplici dalle invenzioni.
In epoche passate si mettevano dei tronchi in un luogo sicuro e si accendeva il fuoco mettendo sopra il fusto. In ultimo, subentra la fase del raffreddamento (12-15 ore circa).
Finalmente è giunto il momento della conservazione delle bottiglie e, senza attendere molto, subentra la curiosità dell’assaggio.
Si "cala" la pasta e appena pronta, il profumino squisito della salsa (senza conservanti né coloranti) accompagnata da una foglia di basilico diventa l’ ingrediente fondamentale.
La fatica, tanta, sparisce completamente. Il racconto delle sorelle Dina ed Enza entra in una sfera sociale fatta di piccoli particolari.
Quei giorni rappresentano/avano un momento di spensieratezza e aggregazione. Le epoche hanno segnato un sostanziale cambiamento e la preparazione della salsa, come tante altre tradizioni, tende a scomparire definitivamente dal culto siciliano.
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