STORIA E TRADIZIONI
Giravi a destra da Porta Felice e ti ritrovavi sulla Strada Colonna: la vecchia marina di Palermo
Il Vicerè Marco Antonio "coccolava" i palermitani. E la realizzazione di questa strada, che rientra tra le riforme urbanistiche della città di Palermo nel XVI secolo, ne è la prova
L'antica Strada Colonna
Preso il possesso del Regno, tra le prime attività svolte a Palermo da questo viceré vi fu quella di combattere la pestilenza che imperversava a dire il vero in tutte le città siciliane già dal 1575. Successivamente, propose la costruzione di un nuovo edificio da destinare alla Dogana, la Vicarìa che diventerà successivamente il carcere di nostra conoscenza, e infine propose di continuare il lavoro del suo predecessore don Garcia de Toledo, il quale aveva prolungato il Cassaro, cioè la via Vittorio Emanuele, sino alla chiesa di Porto Salvo.
La nuova strada della marina di Palermo prenderà il nome di “Strada Colonna” proprio in onore al viceré Marco Antonio. Al termine di tale narrazione, per lo più tratta dal Di Blasi, si sottolinea come per abbellire la strada che conduce a Monreale il nostro Marco Antonio fece piantare dei pioppi, mentre fece lastricare con «grossi sassi riquadrati» la strada che portava il suo nome.
La Strada Colonna fu voluta dal viceré per “passeggio”, per “diletto” del popolo palermitano che poteva godere così la vista del mare nei periodi estivi e per tale motivo nei secoli fu abbellita dal Colonna e dai suoi successori con fontane, statue e “Teatri della musica”. L'opera più monumentale della strada è senz'altro Porta Felice iniziata il 6 luglio 1582 e mai finita secondo il progetto originale.
Infatti, oltre ai «due torrioni grossissimi, quadri, di finissima pietra pardiglia, che risplende come specchio, e che si ritrova in queste nostre montagne», nonché oltre alle statue di Santa Ninfa e Santa Cristina collocate in cima alle torri, e alle altre due di sotto collocate entro le nicchie, che secondo il Marchese di Villabianca rappresenterebbero delle «favolose deità di Vertumno e di Pomona», avrebbe dovuto essere costruito «un ponte di ferro dall'una piramide all'altra» che sarebbe stato l'architrave della porta. Questo non fu mai realizzato, dice Goethe, perché «nella celebre festa di Santa Rosalia possa passarvi il carro della Santa, alto quanto una torre».
La lunga via da Porta Felice a Villa Giulia era inframezzata da due bastioni cinquecenteschi, abbattuti entrambi nella seconda metà del Settecento, detti del Tuono l'uno e Vega l'altro. Quest'ultimo prende il nome dal suo costruttore il viceré don Giovanni De Vega, lo stesso che fece edificare, sempre nella Strada Colonna, la nota Porta dei Greci, la quale sostituì un'altra porta più antica che aveva lo stesso nome e che si trovava in via 4 aprile.
L'occhio di riguardo nei confronti dell'alta società, della quale ovviamente i viceré erano massima espressione, in particolare nel pensamento della Strada Colonna come luogo di svago della nobiltà palermitana, lo si nota anche da alcune piccole accortezze che il senato palermitano non mancava di avere, e cioè ad esempio che essendo la Strada Colonna notoriamente polverosa, il senato ordinò che venisse regolarmente spazzata ed annaffiata sia in inverno che in estate a partire dal 13 agosto 1600: «Et perché nelli mesi d'estate l'excellentie de signori vicere et viceregine soleno abassare nella strada colonna, nella quale anco concorrino tutti officiali et la nobiltà della città, dove si riceve non poco disturbo dalla polvere di detta strada, perciò detto mastro Gioseppi sia anco obligato due giorni della settimana benvisti al Senato, et nelli quali non si dia impedimento al servitio ordinario, che ogni giorno si havera da fare, de adaquare detta strada Colonna».
Nel 1687, per fare compagnia alla fontana della sirena, già collocata nel 1581 nella Strada Colonna, e della quale ebbi a dire in un articolo precedente, venne collocata «al fianco del teatro della musica, che nel 1681 in mezzo a questo luogo s'eresse» la fontana di Cerere che spandeva le sue acque già dal 1544 in piazza Fieravecchia. Altre fontane vennero collocate lungo la strada fra le quali la fontana d'Ercole, o del tritone, e la fontana dei Quattro leoni.
Nello stesso anno 1687 «fu spianato il terreno, ed imbiancata di calce la cortina dove furono dipinti a fresco colonne ed archi. Nel vacuo degli archi vennero dipinte a chiaroscuro le più ragguardevoli Virtù coi relativi attributi». Alle basi delle trentanove virtù per non confonderle vennero riportati i loro nomi. Alla sommità della cortina furono collocate venti statue di pietra raffiguranti re di Sicilia.
Nell'alto di tale cortina si spiegava un'altra strada inizialmente detta Strada Colonna “superiore”, ma che passò alla storia come la “Passeggiata delle Cattive”, ovvero la strada nella quale le vedove potevano tornare a passeggiare tranquillamente in prossimità del mare, ciò era loro proibito secondo l'usanza che imponeva il rispetto del defunto marito per un certo periodo di tempo. Molte portavano il lutto per sempre, almeno in società, ma non tutte rispettavano l'usanza.
Il teatro marmoreo disegnato da Paolo Amato, così come ci dice il Mongitore, viene realizzato nel 1681 per i “trattenimenti musicali” della nobiltà. Tutta la società palermitana del '600 si affacciava alla Marina nella stagione estiva. La strada era praticata da «Dame e Cavalieri in carrozze, e sedie, e dagli altri cittadini a piè e con barche.
Felluche e gondole per mare, vedendosi molti istromenti di suono, molte done et huomini, che si divertono col canto, e nelle fresche rive non pochi ridotti di genti che cenano, cangiando anco di giorno le intere notti». Un luogo pieno di delizie e divertimenti, un sontuoso fronte mare trafficatissimo, ove aveva addirittura culmine la processione del carro di S. Rosalia e si accoglievano, con archi trionfali costruiti appositamente, re e viceré seguiti da feste grandissime.
Nel Settecento la Strada Colonna cambierà nome in Foro Borbonico, specialmente dopo che vennero collocate diverse statue di re Borbonici (Filippo V, Carlo II e Ferdinando III).
Sono invece accorgimenti ottocenteschi i viali alberati, la sostituzione del teatro della musica di Paolo Amato in quello attuale che è tratto da un disegno del Duca di Serradifalco del 1845 ed è dello stesso anno la prima illuminazione pubblica a gas realizzata grazie a splendidi lampioni fabbricati dalla Fonderia Oretea. «Un decreto del Parlamento Siciliano del 14 aprile 1848 mutò in “Foro Italiano” il nome di “Foro Borbonico”» e nel 1900, dopo l'assassinio di re Umberto I, la passeggiata alla Marina prese il nome di quest'ultimo, ma ancora oggi i palermitani chiamano la zona Foro Italico.
L'ultimo secolo merita un paragrafo a parte. La passeggiata al Foro Italico ad inizio secolo è ancora una delle «specialità di Palermo che non ha riscontro in nessun altro paese; entrando da Porta Felice, a destra, uno spazioso marciapiede con un lungo filare di grossi alberi, e per tutta la estensione qua e là cinque o sei caffé coi loro tavolini fuori, sempre pieni di avventori, e i sorbetti e le gramolate che vi servono sono così squisiti da levare la volontà di andare a passeggiare e restare sempre là inchiodati a quei tavolini». Il più noto tra i caffé al Foro Italico era quello di Giuseppe Cacciatore che salutò nel 1860 l'ingresso di Garibaldi con un gelato a tre colori (Rosso-Fragola, Verde-Pistacchio e Bianco-Limone), detto il “Giardinetto”. Questo bar esiste ancora oggi ed è il Bar Ilardo.
Sino a prima della Seconda guerra mondiale, il lungo mare di Palermo era pressocché invariato, ma a causa dei bombardamenti prima e delle discariche di materiale di risulta poi, il mare fu inevitabilmente allontanato. La zona subì un inevitabile declino che tuttavia non limitò l'affluenza del popolo palermitano, sicuramente però quella che fu l'antica Strada Colonna non vide più i volti dell'alta società cittadina, così come continuò a vedere fino al finire del secolo XIX.
Le trasformazioni dell'area negli anni '50 del Novecento tuttavia fecero sperare attraverso l'edificazione del Jolly Hotel ad un “ritorno al passato” come ai tempi dell'Hotel Trinacria, ma fu solo un fuoco di paglia. La realizzazione delle strade transitabili e il traffico automobilistico decretarono la fine di una possibile rinascita della strada della Marina.
Il terrapieno di sfabbricidi tra gli anni Cinquanta e Sessanta e sino agli anni Novanta, si dotò di circhi e di un discutibile Luna Park oltre che di un campo Rom. Certo non c'erano più i ritmi lenti e vagamente silenziosi dell'Ottocento, non c'era più la “Passeggiata” nella quale sfilavano le donne con abiti alla moda e gli uomini col bastone e cilindro, erano piuttosto gli anni del “Sacco di Palermo”, delle contestazioni, dei movimenti studenteschi, della musica rock, anni di “rottura” rispetto alla società abbottonata che ancora persisteva negli anni Cinquanta.
Un rasserenamento e un ripensamento urbanistico per la Marina di Palermo avviene a partire dai primi anni 2000, quando il Comune di Palermo progetta la realizzazione di una grandissima area verde arricchita con varie piantumazioni e che nel corso degli anni verrà decorata con le ceramiche di Nino Parrucca. Successivamente affiancato all'area verrà realizzato l'ormai famoso Parco della Salute “Livia Morello”, meta di tantissimi giovani dove possono liberamente praticare attività ludico-sportive.
Sono lontanissimi gli anni in cui circolavano le carrozze nella Strada Colonna, ma i colori sgargianti degli aquiloni che svolazzano al vento nelle giornate soleggiate tra l'azzurro sfolgorante del cielo e il verde vivo del prato lascia presagire per la nostra città una buona speranza di rinascita urbanistica all'insegna della natura.
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