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Era un (vero) lusso per nobili e nuovi ricchi: quando a Palermo c'era la ceramica Florio

Per chi tanto lusso non poteva permettersi, per la nascente classe sociale borghese, c’era la ceramica Florio: vi raccontiamo la storia degli storici magazzini

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 2 febbraio 2025

La collezione privata della Ceramica Florio

«Abbiamo aperto i magazzini della nostra ceramica a piazza Giovanni Meli…dove il nonno di Ignazio aveva il primo negozio e dove poi sorse il primo Banco Florio. Speriamo che porti bene. Lo champagne che il servizio ci ha offerto sapeva di tappo. I bicchieri, invece, erano eleganti».

Ecco come Donna Franca nell'opera "Con gli occhi di Franca" di Requirez aveva commentato nella Primavera del 1900, sul suo diario, l’apertura dei magazzini per la vendita al pubblico della Ceramica Florio. L’ospitalità dei Florio era proverbiale, così come la loro prodigalità.

Tutti passavano da Casa Florio, anche solo per un tè, dai sovrani di mezz’ Europa agli artisti come D’Annunzio e Boldini; e Franca era severa col personale di servizio, perchè nella Reggia all’Olivuzza ogni cosa doveva essere impeccabile.

Franca e Ignazio Junior amavano particolarmente un servizio di piatti di porcellana con il decoro di un elefantino e le loro iniziali; mentre l’eleganza delle porcellane, della posateria e dei servizi di cristallo di Giulia Florio, sorella di Ignazio, sposata al senatore Pietro Lanza di Trabia, faceva impallidire persino il Kaiser.
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Per chi tanto lusso non poteva permettersi, per chi avrebbe voluto apparire più di quel che era, per la nascente classe sociale borghese, economicamente in ascesa ma senza tradizione e radici …c’era la ceramica Florio!

La fabbrica aveva una produzione vasta e variegata di terraglia pensata non per l’elitè, - che continuava a preferire le costose porcellane inglesi e tedesche - ma per l’emergente borghesia siciliana.

Con la ceramica Florio si affermava la produzione in serie industriale, più economica rispetto al pezzo unico del passato.

La fabbrica della ceramica era stata impiantata per volontà dell’imprenditore Ignazio Florio Senior, con i soci Varvaro, nel 1884 entro il fondo Montalbo in via Fossi, in prossimità del tratto di costa in cui sarebbero sorti più tardi i Cantieri Navali.

La decisione di costruire la fabbrica era nata probabilmente a seguito della fusione nel 1881 della compagnia Flotte Riunite Florio con la Rubattino di Genova e della nascita della Navigazione Generale Italiana.

Florio aveva pensato, per ridurre i costi, di produrre stoviglie da utilizzare sulle navi, anziché continuare ad acquistarle in Inghilterra o in Italia dalla Ginori.

La produzione fu da subito ampia e diversificata, copriva un ampio ventaglio di tipologie: servizi di piatti (completi di capienti zuppiere, salsiere, insalatiere, alzatine, brocche, raviere, porta uova, ecc.) in ceramica bianca o decorata; servizi da caffè, da dessert, tazze con coperchio, brocche per l’acqua di varie grandezze con decori di diverso tipo, ciotole per la cucina economica " (impiantata dai Florio per sfamare i numerosi indigenti).

Forse in pochi sanno che venivano prodotti anche articoli per la casa (portaombrelli e portabastoni, portafiammiferi, calamai) e per l’igiene della persona, come servizi da toeletta o da camera (brocca e catino, portasapone, ciotola per schiuma da barba, vasetti per crema, porta cipria, ecc.).

Persino sanitari: pitali (vasi da notte), orinali, pale per ammalti, bidèt (con manico o senza) a forma di otto e sputacchiere.

La buona reputazione della manifattura rispecchiava il prestigio di alcune importanti maestranze siciliane del periodo.

Nel 1890 lavoravano per l’azienda lo scultore Francesco Griffo Saporito, allievo di Nunzio Morello (che per la famiglia Florio aveva realizzato la scultura "La cattiva pesca") e il pittore Rocco Lentini, che ne era il direttore di settore.

Nell’azienda erano occupati complessivamente 173 operai (94 maschi e 79 femmine), con un orario giornaliero di ben 11 ore e trenta.

Il primo rivenditore delle ceramiche prodotte nello stabilimento di Via Fossi era stato il mobiliere Mucoli che nella sede di via Vittorio Emanuele n.188-190 vendeva maioliche e porcellane artistiche.

La fabbrica Florio realizzava servizi da tavola per i Florio con il noto marchio del cavalluccio marino, per i Giachery col leone e per i Mongiovì.

Nel 1900 la produzione veniva spostata da Ignazio Junior nei nuovi e ampi stabilimenti di via Serradifalco (edificati su un agrumeto di proprietà della famiglia Florio): era un complesso imponente - che si estendeva su una superficie di quasi 9000 metri quadrati - con due altissime ciminiere e vari edifici, separati da piccole corti.

Vi si fabbricavano secondo la rivista del servizio minerario del 1902: «Specialmente terraglie comuni e dure, uso inglese, a smalto bianco e colorato per uso domestico, maioliche ornamentali e artistiche».

Vi erano gli uffici dell’amministrazione, i locali destinati alla lavorazione, i magazzini, le abitazioni del direttore amministrativo e quella del custode.

Il direttore tecnico nella fabbrica di via Serradifalco (almeno fino al 1911) era l’inglese Martin Norman Olsen, dotato di notevoli capacità manageriali: ciò contribuì a far conoscere la ceramica Florio anche fuori dall’Italia.

Dall'inizio del '900 la fabbrica si avvalse inoltre della collaborazione di Ernesto Basile (architetto tanto caro a Casa Florio), dell'architetto Mario Rutelli, del pittore Ettore Maria Bergler, dello scultore Antonio Ugo.

La Manifattura partecipò a diverse esposizioni con successo, vincendo ad esempio il Diploma d’onore nella sezione "Terrecotte artistiche ed industriali" all'Esposizione Agricola di Palermo del 1902.

Nel Gennaio del 1909 la fabbrica di ceramiche era costretta a interrompere la produzione, per l’emergenza del terremoto di Messina: alcuni sopravvissuti all’immane catastrofe venivano accolti e curati nei locali adibiti a ricovero.

I Florio erano stati tra i primi a mobilitarsi per aiutare i feriti. Erano arrivati per mare nella città dello Stretto a bordo dell’Aegusa, portando medicine, coperte e viveri.

Con lo scoppio della prima guerra mondiale e la difficoltà a reperire le materie prime più volte la fabbrica veniva chiusa. L’ultimo anno di produzione fu il 1919.

La manifattura venne acquisita dalla Ducrot nel 1921 ma per la Società Anonima Ducrot dopo i primi fortunati anni, iniziava un periodo difficile perché la concorrenza delle fabbriche settentrionali si faceva sempre più forte.

Durante la Seconda Guerra Mondiale nel 1940, la società veniva ceduta alla Richard-Ginori che acquistava la fabbrica palermitana solo per strategia. Dopo essersi impossessata delle materie prime, difficilmente reperibili, decideva di chiuderla definitivamente nel 1941.

Negli anni successivi lo stabilimento, ormai smantellato, veniva adoperato come magazzino militare, subendo danni irreparabili.

Negli anni del dopoguerra negli edifici della fabbrica avranno sede diverse aziende fino a quando, alla fine degli anni '70, il complesso verrà demolito per la costruzione di un condominio in cemento armato.

Oggi rimangono importanti testimonianze della Ceramica Florio grazie al lavoro certosino e appassionato dei collezionisti.

Secondo gli autori Vincenzo Profetto e Antonino Lo Cascio: «La Ceramica Florio rappresenta oggi un linguaggio capace di comunicare un passato ancora da scoprire e di affascinare intere generazioni di appassionati e collezionisti».
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