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Da concubina di D'Annunzio a monaca: la storia (triste) della marchesa siciliana di Rudinì

Era una bambina ribelle sin da piccola, un vero maschiaccio e al padre, il palermitano marchese Starabba, quella ragazza che pure adorava, procurava molte notti insonni

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 14 marzo 2022

Alessandra Di Rudinì

Alessandra Maria Antonietta Livia Starabba è una bambina ribelle sin da piccola, un vero maschiaccio e al padre, il marchese Starabba, quella ragazza che pure adora, procura molte notti insonni e grattacapi. Un giorno viene persino espulsa dal prestigioso collegio del Sacro Cuore di Trinità dei Monti a Roma a causa della sua insofferenza alle regole e alla disciplina.

Il nobile siciliano Antonio Starabba, marchese di Rudinì, figura di spicco del governo italiano, all’indomani dell’unificazione del Regno, sindaco di Palermo e poi primo ministro sia nel 1891- 92 che nel 1896-98 è un rigoroso uomo politico, ma nella vita privata, come genitore alla fine è sempre disposto a chiudere un occhio e a mostrarsi tollerante con Alessandra, cresciuta senza una guida materna. Sua moglie, la marchesa Maria de Barral, a causa di un grave squilibrio mentale che si manifesta con attacchi immotivati di gelosia e manie persecutorie, è stata rinchiusa a malincuore dal marito in una casa di cura.
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Qualcuno afferma che all’origine della malattia della Barral ci sia stato un forte esaurimento nervoso causato da un’evento traumatico: nel 1866 a seguito della rivolta del Sette e mezzo di Palermo, alcuni rivoltosi avevano tentato di dare alle fiamme e saccheggiare palazzo Starabba. Il Marchese, la moglie e i figli, terrorizzati avevano assistito alla scena dall’interno dell’abitazione, rimanendo fortemente segnati da questa esperienza.

A quindici anni Alessandra è già una ricca e avvenente signorina, consapevole del proprio fascino femminile. Il padre comincia dunque a pianificare un matrimonio all’altezza della splendida figlia, vedendo di buon occhio le nozze con il granduca Sergio, un nobile russo imparentato con lo Zar. Alessandra non è tuttavia una creatura che il marchese riesce a dominare, né con le buone né con le cattive. Preferendo sposarsi per amore la giovane aristocratica sale sull’altare nel 1894, a 18 anni, facendosi impalmare dal marchese Marcello Carlotti di Verona.

Subito arrivano due figli, Andrea e il piccolo Antonio, chiamato come il nonno. La felicità della coppia tuttavia non è cosa destinata a durare e dopo solo pochi anni di matrimonio, nella primavera del 900, Marcello si ammala di tisi e muore. Per superare il dolore immenso della perdita del marito Alessandra decide di fuggire, si dedica a viaggiare, anche all’estero. È nel 1903 che avviene l’incontro che la cambierà la vita: Alessandra conosce Gabriele D’Annunzio. Si vedono per la prima volta a una battuta di caccia alla volpe. Il rapporto con Eleonora Duse è ormai in crisi e D’Annunzio adesso mal sopporta la sua musa di un tempo, lo infastidiscono gli isterismi e la gelosia morbosa dell’attrice, che a 45 anni è alquanto in là con gli anni per gli standard dell’epoca.

Alessandra di anni ne ha invece 27, è fresca e piena di vita, esperta di sport equestri: una splendida “amazzone” bionda, che durante la caccia alla volpe cavalca alla perfezione, indossando abiti di foggia maschile e saltando impavida le staccionate. Il poeta Abruzzese ne rimane impressionato ma vero il colpo di fulmine scatta qualche tempo dopo a Firenze, in occasione delle nozze di Carlo, fratello di Alessandra, con Dora Labouchère. Il Vate è il testimone di nozze.

Il cedimento della giovane donna alle lusinghe del sacro poeta, maestro nell’arte del corteggiamento, è rapido e inevitabile. Alessandra capitola, nonostante gli scrupoli religiosi, tanto che alla fine del 1903 i due amanti fanno redigere un atto notarile in cui si donano reciprocamente il proprio corpo, compreso il "cervello meraviglioso". Sembrerebbe ad un occhio esterno una coppia male assortita: lei alta un metro e ottanta, giunonica, nel fiore degli anni; maturo e minuto lui che supera di poco il metro e sessanta, ha 42 anni ma ben note capacità amatorie, tutti conoscono la fama di libertino di D’annunzio.

La marchesina è una donna colta, con una personalità accentratrice, regina della vita mondana e delle conversazioni nei salotti, non sembra che sia gettata tra le braccia del seduttore per ingenuità o per solitudine; piuttosto si pensa che siano stati il suo carattere fantasioso e bizzarro e l’anticonformismo ribelle che la contraddistingue a farne oggetto di conquista di un amante tanto poco raccomandabile.

Appena la relazione diventa nota ad Alessandra viene sottratta la potestà genitoriale e il padre condanna aspramente la sua condotta morale. Quello stesso carattere bizzarro ed eccentrico (che da bambina era l’origine di marachelle che potevano far sorridere) diventa ormai secondo il marchese Starabba inaccettabile così come è inaccettabile che sua figlia, vedova e madre di due bambini, si sia trasformata nella concubina di D’Annunzio.

I due amanti, incuranti del mondo, sono presi solo dal turbine della passione. Trascorrono giornate incantevoli e notti d’amore nella lussuosa villa di Settignano, sui colli di Firenze: D’Annunzio in persona ha arredato gi ambienti. Lui la chiama “Nike”, vittoria e i due conducono un’esistenza dorata, non si bada a spese: ventisei le persone di servizio, una trentina di purosangue che Marcello ha lasciato in eredità alla moglie e altrettanti i cani, levrieri e da caccia. Si racconta che i cavalli prediletti dei due amanti dormano in casa, sui tappeti persiani.

Il marchese allarmato dalle spese folli paga tutti i debiti ma chiede l’inabilitazione della figlia e taglia definitivamente i ponti con lei. Anche questa volta la felicità di Alessandra è destinata a finire presto: nella primavera del 1905 le viene riscontrato un tumore all’ovaio. Dopo tre interventi chirurgici e una lunga degenza in clinica, sospesa tra la vita e la morte, torna finalmente a casa. Il padre non si fa vivo. Gabriele assiste l’ammalata fino a quando non scopre con orrore che a causa della malattia Nike fa uso di morfina tanto da esserne diventata dipendente.

Qualcosa si spezza in D’Annunzio che appena conosce Giuseppina Mancini nel 1906, a Firenze, decide di metter fine alla relazione con Nike. Inascoltate restano le suppliche di Alessandra, che si protraggono per anni, senza che il suo cuore trovi rassegnazione mentre lui l’ha già dimenticata. Prostrata dal dolore cerca rifugio nella preghiera. Nel 1910 decide di recarsi in viaggio a Lourdes, dove assiste al miracolo della guarigione di una donna cieca. Matura a poco a poco allora il proposito di farsi suora carmelitana. Il fratello Carlo cerca di dissuaderla (il padre era morto nel 1908), ricordandole i suoi doveri di madre, ma Alessandra è irremovibile A 35 anni sceglie di prendere il velo nel Convento francese di Paray-le-Monial, con il nome di Suor Maria di Gesù.

Sembra quasi avverarsi il destino che nel 1901 in Marocco un vecchio santone le aveva predetto leggendole la mano: “Sulla tua fronte ci sono tre veli”, quello della prima comunione, quello del matrimonio e quello della vita religiosa. Alessandra si fa guidare dal quel suo carattere forte e impetuoso anche nel fervore della preghiera e nelle opere di beneficenza.

Nel frattempo tra il 1916 e il 1917 entrambi i suoi figli, muoiono di tisi, come il padre, in sanatorio, senza nemmeno riabbracciarla. Con maggiore determinazione Suor Maria di Gesù, rimasta sola al mondo (il fratello si è suicidato nel 1915), si dedica allora alla fondazione di monasteri carmelitani: nel 1922 acquista una certosa abbandonata in Savoia; nel 1924 rifonda il monastero di Valenciennes e nel 1925 porta a compimento il monastero di Monmarte a Parigi. La sua salute malferma peggiora e nel 1930 viene sottoposta ad altri interventi chirurgici, ma nel 1931 muore a Ginevra, a 54 anni e viene sepolta nel convento di Reposoir nella Savoia. Il corriere della Sera le dedicherà un articolo: “Come è morta in convento la Dama di Garda”.

Suor Maria di Gesù è una figura molto conosciuta in Francia dove le sono state dedicate numerose biografie; a noi desta qualche perplessità il fatto che Alessandra di Rudinì prima di pronunciare i voti definitivi abbia scritto a Gabriele D’Annunzio dichiarandosi “a lui sempre devota”.

Alessandra di Rudinì è molto conosciuta in Francia, dove fondò diversi istituti religiosi e dove le sono state dedicate numerose biografie. La sua figura è meno nota forse in Italia.
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