STORIA E TRADIZIONI
Come la Real Casina diventò Cinese: dalla "Villa dei campanelli" alla Sala dei venti
L'avventura nell'Isola del futuro primo re delle Due Sicilie. Un tuffo nella storia di uno degli edifici più significativi della Palermo antica, per il suo stile orientale
La Real Casina alla Cinese
«Lo stesso vascello del re, spezzato l'albero, fratte le antenne, teneva il mare a stento. Per colmo delle sventure i travagli del mare portarono il reale infante don Alberto Filippo Borbone in età di anni sei alla tomba, che gli fu preparata nel duomo di Monreale».
Cominciò così l'avventura nell'Isola del futuro primo re delle Due Sicilie. A Palermo, Ferdinando, Maria Carolina d'Austria, sua moglie, i loro figli e tutta la corte si stabilirono a Palazzo dei Normanni.
Non a caso, nella facciata della Cappella Palatina vi è un mosaico in stile bizantino, nel quale si vede il Genio di Palermo che regge un tondo con i reali ritratti di Ferdinando e Maria Carolina.
A quel tempo Palermo offriva già da un cinquantennio ai nobili esigenti una zona a nord della città, detta La piana dei Colli, nella quale erano già nate numerosissime ville neoclassiche per la villeggiatura.
«È questa una delle amene campagne della città dalla parte settentrionale, sparsa di deliziose ville e di magnifiche case di campagne di diversi nobili e persone facoltose che vanno a villeggiarvi nelle due stagioni della primavera e dell'autunno».
Fu una conseguenza naturale, quindi, che anche re Ferdinando scegliesse quella zona per edificare la sua villa, a noi nota come Real Casina Cinese.
Nel Gennaio del 1799 «Ferdinando IV, cercando “alcuni siti di campagna, onde servissero di sua delizia” con dispaccio del 6.1.1799 incarica Giuseppe Riggio principe d'Aci e Giovanni Battista Asmundo Paternò, Presidente della Gran Corte Civile e Criminale, di “trattare e conchiudere l'acquisto...della Casina di Lombardo» e di altre terre circostanti appartenenti a nobili palermitani.
In realtà la nobiltà palermitana pare che volesse omaggiare al re parte dei loro possedimenti, ma il sovrano volle pagare comunque.
Sul luogo di interesse del re il barone Benedetto Lombardo aveva costruito una "casina alla cinese", la Villa dei campanelli, per dirla come il Marchese di Villabianca, chiamata così in quanto presentava numerosi sonagli che suonavano al vento per allontanare cattivi auspici.
Di questa primigenia villa l'architetto francese Léon Duforny disse che era goffa e non possedeva nulla dello stile cinese.
«Alla fine del 1791, la costruzione terminata mostrava un complesso apparato di ballatoi e parapetti lignei realizzati alla cinese, fasce decorative a losanghe con i colori del giallo, del grigio e del celeste nei campi di prospetto, pagode in copertura, oltre ad ambienti dipinti, sopraporta affrescati e una serie di arredi di stile cinese e vasi di porcellana provenienti dal Giappone».
Acquistata questa casa, Ferdinando affidò il progetto di ristrutturazione all'architetto Giuseppe Venanzio Marvuglia, che godeva degli apprezzamenti del Duforny noto a Palermo per aver realizzato i padiglioni dell'Orto Botanico e le modifiche all'osservatorio astronomico realizzato da Giuseppe Piazzi nel Palazzo dei Normanni.
Le modifiche alla struttura precedente fatta realizzare dal barone Lombardo furono essenziali: «realizzazione dei portici e delle scale esterne lignee, della tavola da pranzo con suo meccanismo, degli arredi, della recinzione con muri e portoni in legno […].
Liberazione delle strutture lignee esterne, demolizione delle otto pagode di copertura aumento di un piano dovuto alla creazione della cosiddetta Sala dei venti con struttura lignea e tetto a pagoda, realizzazione delle grandi terrazze a est e a ovest, realizzazione dei portici, del ballatoio e delle torri scalari […] sostituzione per sovrapposizione di tutte le superfici già decorate come pareti e volte, trattamento dei pavimenti, realizzazione arredi fissi, porte intarsiate, carte e sete da parati, ecc.».
Nel 1835 Paolo R. nelle sue Lettere tra Palermo e Messina scriveva così alla sua amata: «Tu mi credi in Sicilia, io ieri mi credea in Affrica per lo scirocco, oggi sono stato alla Cina […] sissignora sono stato alla Cina lavorando un tantino d'immaginazione: ho veduto una casa cinese tutta dal capo alle piante, sbaglio, dal tetto alle fondamenta. È questa una casina reale detta La Favorita […] Di tre piani costa la casina, il primo mezzo sotterraneo dove trovasi il bagno, la galleria co' lati minori semicircolari a scaglioni per ospitare i suonatori.
Il secondo, detto dell'està, ammobigliato con eleganza, ha tapezzeria intessuta a foglie e frutta e ad augelli ch'è la più vaga cosa del mondo, sedie, e sofà ricoverti di stoffe turche donate al Re da Selim terzo, e pajon tolte ieri dal telajo, un letto che invita non so se più al riposo o alla fatica, tavolieri di legno petrificato, e di bellissime pietre, un desco capace di molti convitati congegnato industriosamente sì che rendonsi inutili gl'indiscreti domestici, stucchi minutissimi di buon gusto bianchi e dorati.
Nell'ultimo per l'inverno vedesi una stanzetta da riposo ornata da ritratti a chiarscuro di Carolina d'Austria, Francesco, Leopoldo, Isabella, Carolina, Ferdinanda, Ferdinando e Carlo Borboni; un camerotto incrostato a bel disegno di tutti i marmi di Sicilia […] Una sala sormonta tutta la casina, e può da essa vedersi tutta l'amenità delle circostanze di Palermo, guardasi vicina la marina di Mondello, travedesi quella di Sferracavallo […]
In questi piaceri l'anima non si snerva, l'anima rinvigorisce, e niun pentimento resta per la dimane, fu la sola volta che il pensiero di te non m'ispirò melanconia, ma se tu eri con noi sarei stato d'estrema gajezza; il folleggiare talvolta è permessa anche ad un moribondo, sta sana ed amami. Palermo 20 agosto 1835».
Paolo R. stranamente non cita i meravigliosi giardini geometrici all'italiana nei quali si vedono due belle fontane con mostri marini, posti nel retro della palazzina.
Alle sembianze cinesi delle architetture esterne fanno eco i decori interni realizzati nell'arco di un ventennio da pittori palermitani e napoletani. In primis Giuseppe Velasco, Elia Interguglielmi e Vincenzo Riolo, coadiuvati da pittori ornamentali come Benedetto Cotardi.
Le pitture stravaganti che rimandano alla vita quotidiana della corte cinese disseminate lungo tutta la volta del Salone delle udienze e nella stanza da letto del re sono alternate da scene di vita campestre sempre del popolo cinese visibili nella sala da pranzo con la sua meravigliosa tavola matematica.
Sulle pareti colme di rabeschi compaiono scritte in alfabeti non realistici che rimandano sempre al mondo esotico orientale.
Le stramberie orientali sfolgoranti del piano terra vengono però immediatamente moderate nel piano superiore ove fa da sfondo uno stile neoclassico con vedute e ruderi che rimandano alle contemporanee scoperte di Pompei ed Ercolano.
Tale stile è esibito nei saloni destinati agli ospiti dei sovrani. Ancora più in alto vi è l'appartamento della servitù, modesto con mattoni in cotto come pavimento e salottini non decorati. Infine, salendo ancora le scale arriviamo agli appartamenti della regina dove il gusto eclettico dell'epoca è a vista d'occhio.
Un'infilata di salottini mostra tre stili diversi susseguirsi senza alcun senso apparente ma che conferma l'interesse dei sovrani per l'eclettismo artistico. Il primo salotto è di stile mediorientale, alla turca, il secondo neopompeiano, il terzo neoclassico, proprio dove dormiva la regina. A sovrastare tutta la palazzina è la cosiddetta “Sala dei venti” utilizzata come osservatorio e che presenta un caratteristico tetto a pagoda.
Dai sotterranei della casina cinese, dove è situato il salone da ballo, il bagno con vasca e una sala con effetti trompe l'oeil che ritraggono rovine romane come tema di fondo, un tunnel conduce sino alle cucine e alla cappella situate ove dal 1935 ha sede il museo etnografico Giuseppe Pitrè.
Re Ferdinando, oltre alla sua reggia estiva, fece ampliare e rimboschire il parco per il suo diletto, la caccia.
Meravigliosi viali alberati (viale di Diana, di Pomona, delle case Rocca, ecc.) e decorati con statue d'età greco-romana e belle fontane come La fontana d'Ercole: inserita al centro di una cortina alberata sale al cielo una colonna dorica sulla quale pare riposare dopo le dodici fatiche una discreta copia dell'Ercole Farnese.
Una grande vasca circonda la colonna ove si possono notare volti di sfingi egiziane che un tempo zampillavano sulle ninfee colorate. Non molto distanti sono le scuderie con due torriglioni neogotici per le battute di caccia.
La proprietà del parco passerà dalla Corona al Ministero dell'Educazione Nazionale che a sua volta nel 1935 lo cederà al Comune di Palermo e questi alla Regione la quale attualmente lo gestisce.
Nel 1931 in un'area del parco verrà realizzato lo Stadio Comunale su progetto di G. B: Santangelo, ampliato nel 1990 e nel 2002, dedicato a Renzo Barbera. Tra il 1963 e il 1970 verrà realizzata la piscina comunale, nello stesso anno verrà asfaltato il viale d'accesso e la piazza della Palazzina Cinese.
Nel 1993 viene trasferito provvisoriamente il campo nomadi. Oggi è ancora in atto un un Piano di Utilizzazione del parco. Attualmente per fortuna la Real Casina Cinese è visitabile gratuitamente ed è uno dei monumenti più belli e singolari di Palermo.
Mi preme, infine, sottolineare un ultimo aspetto: il sito non è accessibile ai disabili. Nella città dell'accoglienza ciò non è ammissibile, la bellezza è un dono che tutti hanno il diritto di ammirare. Consapevole delle difficoltà burocratiche e legislative in merito ai beni culturali e dei severi quanto giusti controlli della sovrintendenza, sono speranzoso che presto anche queste “barriere” potranno essere abbattute.
(Per approfondimenti consiglio la lettura di Tenuta Reale "La Favorita", Un parco tra storia e natura; La Casina Cinese nel regio Parco della Favorita di Palermo)
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