STORIA E TRADIZIONI
Ci vai la domenica ma non conosci la (vera) storia: dov'è nato l'Orto Botanico di Palermo
Ogni palermitano che si rispetti è stato almeno una volta all’Orto Botanico ma non sai che è nato a pochi passi dalla città, in una ridente località famosa per i cachì
L'Orto Botanico di Palermo
Solitamente si arrivava intorno alle 10.00-10.30, il tempo di arrisvegghiarisi, rendersi presentabili, che alla fine era sempre domenica, caricare la bicicletta in auto e si andava. I genitori belli assittati, con un coppo di calia e semenza, sulla panchina, mentre io, serbaggio, andavo scorrazzando lungo i viali della villa.
Salutavo a Ciccio, il vecchio leone, davo da mangiare ai caprioli e a seconda ci nisciva puru un giro sul trenino elettrico. Alla fine di tutto, si accattava una bella ‘nguantiera di mignon e si ripartiva in direzione casa dei nonni. Fu in una di quelle domeniche che mio padre abbe un’idea alternativa.
La bicicletta quel giorno rimase a casa e l’auto venne posteggiata un pò prima della sede del Giornale di Sicilia, con il quale il mio genitore aveva un rapporto di amore-odio.
In effetti non mi ero sbagliato di molto, e d’altronde ogni palermitano che si rispetti è stato almeno una volta all’Orto Botanico.
Quindi ora la smetto di siddiarivi con le mie rimembranze fanciullesche, e vorrei narrarvi dell’orto, della vera nascita dell’Orto botanico di Palermo che poi alla fine, proprio di Palermo non era. Già mi immagino a reazione, “oh... ma che m*****a stai cuntannu? L’Orto Botanico appartiene a Palermo!! T’ ha isari i manu?”.
Io lo capisco che l’orgoglio panormita vien sempre prima di tutto e che, secondo noi, semo i chiù coinna rura in tutto, ma fidatevi che stavolta le cose andarono in modo leggermente diverso, che poi, amunì, mica ci stiamo allontanando così tanto dal capoluogo.
Piccola premessa. L’orto Botanico, a Palermo, fu inaugurato in pompa magna nel 1795, era uno dei momenti di massimo splendore per l’isola, grazie all’illuminata presenza dei viceregni di Domenico Caracciolo, Marchese di Villamaina, e Francesco D’Aquino, Principe di Caramanico, che contribuirono, insieme alla "Regia Accademia degli Studi di Palermo", (l’ attuale univesità), all’istituzione della cattedra di "botanica e materia medica".
Per consentire a studiosi, dotti, medici e sapienti di avere erba fresca, (non fate malipensieri!!), su cui lavorare, fu concessa alla cattedra un appezzamento di terreno vicino porta Carini.
Ben presto quel terreno si rivelò scarsuliddu, per cui il senato, enl 1789, chiese “gentilmente” al Duca Ignazio Vanni D’Archirafi, di cedere 10 tumuli dei suoi possedimenti della "Vigna del Gallo" nella piana di Sant’Erasmo, proprio accanto a villa Giulia.
L'1 febbraio di quello stesso, cominciarono i lavori e la piantumazione delle specie arbicole, tra cui anche il Nespolo ed il Mandarino, fino ad allora sconosciuti, (v’ immaginate a Sicilia senza nespule e mantrini?).
Ma a pochi passi dalla città, in una ridente località famosa per i cachì chiamata Mussulumeli, il botanico e religioso Francesco Cupani, nel 1692, insieme all’ intellettuale Francesco Bonanno, Principe di Cattolica e Duca di Misilmeri, fondava il vero primissimo orto botanico d’ Europa, al quale aggiunse successivamente un serraglio zoologico, (ancora oggi, a Misimleri, esiste la via Orto Botanico, ove è possibile ammirare una targa commemorativa).
Inizialmente lo scopo dell’orto, chiamato anche “iardinu granni”, era di fornire piante officinali e medicamentose alla popolazione, ma gli interessi scientifici del Cupani e del duca di Misilmeri, nonchè le loro profonde conoscenze tra viaggiatori, esploratori e commercianti, permisero di arricchire l’orto di specie esotiche e sconosciute. L’ orto di Misilmeri divenne tanto famoso da meritarsi visite delle più illustri pesonalità dell’epoca, tra cui anche il Re Vittorio Amedeo II di Savoia nel 1714.
Nel 1730 il Duca Bonanno morì, lasciando il tutto in eredità al figlio, Giuseppe Bonanno Filangeri, il quale era molto più interessato a carte, schiticchi e sgallettate che ad argomenti di natura intellettuale.
Ci pensarono le dimissioni, (a causa della pessima remunerazione), nel 1760, del direttore dell’ orto Giovanni Maria Lettini e l’erede di Giuseppe, Emanuale, a fare attumbuliare definitivamente il tutto, costrigendo i nobili a cedere tutto per ripagare i debitori.
Nel 1787 il notaio Mariano Lombardo Camastra ufficializzò la lottizzazione e vendita al senato palermitano e regia accademia degli studi di Palermo di tutto il “iardino granni”, ivi comprese specie arbicole, statue e panchine, (a momenti di portavano pre a tierra), che furono installate presso l’attuale Orto Botanico di Palermo.
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