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Arte e fede nelle miniere di zolfo: il percorso che porta al cuore rurale di Caltanissetta

Un itinerario struggente da fare a piedi o in bici che ricorda quello dei minatori, respinti dalla Chiesa per il lavoro nel sottosuolo (terra del diavolo) ma legati alla religione

  • 4 marzo 2020

Il cimitaro dei carusi di Caltanissetta (foto Roberta Barba)


Ancora oggi è forte il segno lasciato dalle miniere nissene ormai chiuse e dismesse: arte, religione, folklore, tra memoria tangibile e intangibile in un vero e proprio percorso di visita tra arte e fede. Ma c'è ancora un itinerario unico che è possibile percorrere nella Caltanissetta Capitale mondiale dello Zolfo degli inizi del XIX secolo.

Un percorso di visita che ricorda proprio quello compiuto ogni giorno dai minatori, quei lavoratori ritenuti indegni agli occhi della chiesa e ai quali non era consentito partecipare alla vita religiosa, poiché paragonati al diavolo a causa del loro lavoro nel sottosuolo. Eppure la loro fede era così forte che durante il tragitto per la miniera erano soliti fermarsi davanti alle Cappelluzze votive per pregare.

La via Xiboli, ad esempio, rappresentava un percorso di preghiera parallelo che accompagnava i minatori verso la fatica e il costante pericolo. Inoltre, in seguito ad una delle tante tragedie minerarie, la più grave, gli zolfatari di quattro miniere nissene commissionarono ai Biangardi, scultori napoletani, la realizzazione di cinque delle sedici Vare che prendono ancora oggi parte alla secolare processione del giovedì Santo.
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Il punto di partenza del nostro itinerario è proprio la via Xiboli. Da qui ha inizio il percorso minerario alla scoperta delle quattro Cappelluzze votive: dalla Cappella votiva dedicata alle Anime del Purgatorio (utilizzata, verso la fine dell’Ottocento, come camera ardente per i morti nelle miniere), si passa alla Cappella votiva dedicata alla Sacra Famiglia.

Poi la Cappella votiva dedicata alla Madonna dei Peccatori o del Perdono (particolarmente cara ai minatori, che rivolgevano preghiere per scongiurare disastri e a Pasqua offrivano verdura o frumento germogliato) ed infine la Cappella votiva dedicata a San Micheluzzo di Pirreri (dove i minatori: per la festa di San Michele, donavano lumi di zolfo da accendere durante le preghiere; il giorno di Natale, offrivano sangue di maiale, che consumavano dopo aver recitato preghiere a San Michele).

Si cammina a piedi, per circa 3 km, - anche se è consigliato andare in macchina o perché no anche in bicicletta, purché si presti attenzione - fino al Cimitero dei Carusi, nei pressi della miniera Gessolungo, dove sono sepolti 19 carusi, ovvero ragazzi dai 6 ai 14 anni, di cui nove rimasti senza nome, immedesimandosi nelle vesti dei minatori.

Qui, si può sostare per leggere alcuni versi di Ciaula scopre la luna; proprio Luigi Pirandello, infatti, ha documentato minuziosamente la vita degli zolfatari.

Perché non fermarsi, poi, per consumare un pasto veloce, magari anche a tema miniera con pane, uova, verdure e un bel bicchiere di vino davanti alla campagna nissena?

Dopo il pranzo si parte alla volta del Museo Mineralogico, Paleontologico e della zolfara Sebastiano Mottura, che documenta l'attività mineraria svolta nelle gallerie del sottosuolo: custodisce una ricca collezione di importanti minerali, alcuni strumenti d'epoca utilizzati dai minatori e una ricostruzione in scala di una miniera con le gallerie, il pozzo di estrazione e i forni.

L’ultima tappa di questo tour è la visita alla Sala espositiva Gruppi Sacri “Vare”, dove sono conservati 15 dei 16 gruppi scultorei a grandezza naturale realizzati nella seconda metà del 1800 e raffiguranti Passione e Morte di Gesù, 5 dei quali commissionati direttamente dai minatori, ovvero Sinedrio, Flagellazione, Condanna, Veronica e Scinnenza.

Una bella domenica di primavera sarebbe perfetta per questo tour, ma sarebbe ancora più evocativo ed emozionante fare questo percorso di visita tra arte e fede - per conoscere, ricordare e non dimenticare - il 12 novembre, anniversario della tragedia di Gessolungo (12 novembre 1881).
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