DIARI DI VIAGGIO
Vicoli saraceni, scale maiolicate e carte da gioco: sei nel borgo "alle porte del Paradiso"
Tra muri decorati, strade in ciottoli con porte dipinte e grandi lumache. In questa tappa vi portiamo in quella che una volta era la fortezza dell’Emiro Al Zabut
Ho lasciato le chiese barocche, i palazzi in pietra arenaria e mi ritrovo in cortili e vicoli, da una porta decorata con una carta da gioco: un Re di cuori con la scritta lu Re d’Aremi ogni capricciu po' soddisfari esce una coppia che con accento nordico m’indica la strada per raggiungere il Belvedere.
Incuriosita, faccio caso a scritte e nomi posti sulle abitazioni, molti sono stranieri.
Seguendo le indicazioni attraverso la Casa del limone, le Case ai Sette Vicoli, e un’abitazione su due piani con una scala interamente maiolicata dove ogni gradino diverso dall’altro. Passo tra muri decorati, attraverso strade in ciottoli con altre porte dipinte, altre grandi lumache, sino a una piazzetta dove sul muro due angeli si baciano.
Ho una nuova guida Salvatore, che incontro dentro la chiesa. Mi osserva mentre giro un po' confusa, ma poi con cortesia e gentilezza m’invita a sedere e nella mistica oscurità mi racconta la Chiesa.
La storia parte dalla famiglia Baldi Centellis Marchesi di Sambuca. Le sorelle Giulia e Maria finanziarono la costruzione della Chiesa nata sopra una precedente del 1400, utilizzando il basamento dell’antico Castello.
Salvatore racconta che dalla fortezza parte un camminamento sotterraneo che porta direttamente al quartiere Saraceno sotto la "via del Fantasma", dove si dice vi siano strane presenze. Questo percorso permetteva all’Emiro di raggiungere speditamente il quartiere arabo.
La Matrice è divisa in tre navate, straordinario il campanile, probabilmente l’antica torre saracena, con ceramiche policrome e una guglia che poggia su foglie d’acanto.
La Chiesa fu danneggiata dal terremoto del Belice nel 1968 e restituita al culto dopo più di cinquant’anni, anche se ancora non è stata completata. Parliamo con Salvatore della dominazione araba durata 400 anni, della bellezza del Belvedere, dove lo sguardo spazia sui Monti Sicani fino a Caltabellotta e Giuliana. Ho una domanda, perché le lumache?
Risponde, «qui si va lenti senza fretta, prendersi del tempo non è mai tempo perso, poi a Sambuca le lumache sono un piatto prelibato». Per tanti i sambucesi sono detti i babbaluciari.
Chiedo notizie della grande famiglia Navarra e del fermento culturale vissuto nell’800, con Emanuele Navarro della Miraglia, grande amico di Dumas e autore verista, «effettivamente qui vi furono grandi intellettuali», mi indica dove trovare la casa.
Il discorso poi inevitabilmente arriva alle abitazioni vendute a 1 euro: «Le case erano in tutto 15, ma questo divenne un lancio promozionale importante, a Sambuca ora ci sono tanti americani, giordani, arabi e persino indiani».
Prima di andare via mi dà un altro consiglio: «Non trascuri un'altra eccellenza: il vino. Sambuca è nel triangolo d’oro della viticultura siciliana, qui il vino ha un sentore unico».
Seguo l’invito e contatto un produttore, Gunther di Giovanna dell’omonima cantina. I suoi vini raccontano di una produzione nata nel solco di una tradizione di famiglia legata alla coltivazione dell’uva sin dal 1860.
Prima tutte le uve erano conferite alla Cantina "Sette Soli" di Menfi per poi dal 2003/04 iniziare la loro produzione,dai vini autoctoni come il Catarratto, e quelli internazionali come lo Chardonnay. Tutta la famiglia è impegnata nell’azienda , anche i genitori classe '36 e '40 che continuano a lavorare: «i loro consigli sono sempre forieri di buone cose».
Chiedo notizie sul nome Gunther, risponde che la mamma è tedesca, la sua è una famiglia internazionale, sua moglie è di Philadelphia, con una grande esperienza nel settore dei vini avendo lavorato per un grande importatore.
Questa caratteristica cosmopolita ha determinato la scelta di aprirsi al mercato estero, le loro circa 250.000 bottiglie raggiungono numerosi mercati internazionali.
I vigneti Di Giovanna si estendono tra due territori: Sambuca e Contessa Entellina, una distanza esigua ma che conferisce profonde differenze ai vini.
«A Sambuca con la presenza dei monti, terreni calcarei e le sostanze organiche provenienti dai boschi, il vino è diverso rispetto ai terreni calcarei e tufacei di Contessa, del resto il vino è una Cartolina Liquida, descrive un territorio più di qualsiasi altro prodotto».
Chiedo cosa manca ai vini siciliani per essere leader all’estero, risponde: «Strategie comuni di promozione e marketing, come hanno messo in pratica le grandi aziende dell’Etna, manca la capacità di rappresentare l’Isola attraverso 5,6 zone».
Questo produttore innamorato della sua terra, laureato in Relazioni Industriali, cita Machiavelli: «Noi siamo responsabili del 50% del nostro destino, l’altro è l’occasione», aggiungendo le parole del Professore Mannino - suo docente al liceo Classico di Sciacca - «se hai carte buone, siediti al tavolo dove si gioca forte, perché hai buone probabilità, se le tue carte sono scarse, trova un tavolo diverso, perderai al più una caramella».
Chiedo a questo punto quali sono le sue carte: «Sono tedesco, un normanno, ma sono anche siciliano, ho delle carte speciali».
«I Normanni - aggiunge - non riuscirono a resistere al fascino dell’Isola,qui non ci sono stati dominatori ma donatori».
Saluto Di Giovanna e lascio Sambuca ripensando alle parole di un poeta sambucese: «…si trova alle porte del Paradiso, incorniciata da un cielo luminoso che rallegra il cuore e pure l’anima, irradiando fasci di serenità».
Il viaggio continua.
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