STORIA E TRADIZIONI
Venti proverbi siciliani che non potete non conoscere: tradizione (e verità) da tramandare
Ogni proverbio racchiude una storia, un vissuto di paese e merita un’attenzione speciale. Eccone una carrellata grazie alla gentile concessione della signora Leonarda di Castelvetrano
La città di Castelvetrano negli anni '20
Rispetto ad altre regioni italiane, la Sicilia è stata “perforata” da diverse culture ( normanni, bizantini, greci, romani, saraceni, ecc.ecc.) che hanno influenzato pesantemente la vita sociale e allo stesso tempo, le tradizioni, i gusti e modi di fare. Una trasformazione evidente che ha coinvolto anche la lingua parlata.
Non v'è certezza sulla data precisa dei proverbi e detti siculi, ma è un dato di fatto che siano stati tramandati di generazione in generazione.
La bellezza è contenuta nelle frasi brevi e intense, che manifestano la capacità di saper evidenziare anche gli errori quotidiani commessi. Qualsiasi contesto sociale sia, il proverbio riflette una consuetudine mai doma.
Sia un monito, una possibilità o uno stile da tramandare nel presente e futuro prossimo. Nelle sue parole si scorge un passaggio accantonato nell'epoca moderna che viviamo e dalle sue espressioni, vere, si avverte una mancanza tra vecchio-nuovo e passato-presente.
Una riflessione perenne sull'abbandono di quei particolari che facevano la differenza malgrado le condizioni economiche non permettessero il benessere attuale. Ogni proverbio racchiude una storia, un vissuto di paese e merita un’attenzione speciale.
La lingua u nnavi ossu ma rumpi l’ossu
(La lingua non ha l’osso ma rompe l’osso [metaforicamente inteso come intromissione nei dialoghi ] col rischio di sbagliare)
Risparmia la farina mentri la maidda è china
(Metti dei soldi da parte quando hai la possibilità di farlo)
Scarsu cu na lira, scarsu cu diciannovi soldi
(Fare del volontariato non compromette nulla dal punto di vista economico. I gesti valgono tantissimo)
Sapi chiossà un pazzu in casa d’iddu, chi un saggiu in casa d’atri.
(Sanno di più i negligenti in casa propria che i sapientoni in casa di altri)
Fanno chiossà du vili chi un valenti
(In un contesto lavorativo rendono maggiormente due inesperti rispetto a un lavoratore preparato)
Un c'è chiesa senza altari e un c’e’ casa senza cruci
(In ogni chiesa è presente un altare. In ogni famiglia almeno un problema)
Soccu fa la matri a lu cufularu, fa la figghia a lu munnizzaru
(Il contesto familiare è la base per la crescita dei figli. Qualsiasi insegnamento venga dato sarà soggetto a ripercussioni future)
Cu pratica lu zoppu prima di l’annu, zuppichia
(Chi pratica le cattive compagnie, alla lunga si abituerà ad atteggiamenti sbagliati)
Pratica chiddi megghiu di tia e appizzaci li spisi
(Stai accanto e ascolta i buoni consigli dei sapienti. Alla lunga ti aiuteranno a crescere)
Cu cancia lu vecchiu pi chiddu novu, cchiù’ chi camina e cchiù tinta la trova
(Non cambiare il vecchio detto e le abitudini buone per non incorrere a commettere degli errori)
La sicunna mugghieri caca ni lu vacili di l’oru
(Alla seconda moglie viene concesso tutto. Spesso, è rispettata più della precedente)
Murennu lu figghiozzu un semu cchiù cumpari
(Quando muore il figlioccio, svanisce l’amicizia oltre alla comparanza)
La matinata fa la jurnata
(Svegliarsi nelle ore mattutine si rivela il miglior viatico quotidiano)
Lu cuntu di lu scarsu u nna rinesci mai
(L’organizzazione della vita di un povero non comporta mai nulla di buono)
Soggira e nora scinneru di lu cielu agguantati pi li capiddi
( Suocera e nuora non sono andati mai d’accordo)
Dall’Immaculata a Santa Lucia un passu di cucciuvia. Da Santa Lucia a Natali un passu di cani. Da Natali a l’annu novu un passu d’omu
(Un proverbio sull’allungamento della luce giornaliero. Dal giorno dell’Immacolata [ 8 dicembre] al giorno di Santa Lucia [13 dicembre] un passo di uccellino. Dal giorno di Santa Lucia a Natale, un passo di cane. Da Natale all’anno nuovo un passo d’ uomo.
Lu parrinu dici; faciti chiddu chi dicu iu, ma un faciti chiddu chi fazzu iu
(Il prete predica la parola del Signore, seguita diligentemente dai fedeli. Gli stessi non debbono seguire gli atteggiamenti posti al di fuori dell’omelia)
Mentri lu granni vivi, lu nicu pò moriri
(La tradizione del sud specie in Sicilia, affermava un modo patriarcale basato sull’esigenza di servire l’adulto rispetto anche alle urgenze dei più piccoli)
Lu sangu voli diri ma un voli sentiri diri
(Siamo consci di poter parlare male dei nostri familiari ma non accettiamo se a farlo sono gli estranei)
Lu vicinu è serpenti, si un ti viri un ti senti
(Il vicino è furbo. Può non vederti ma sentirti da dietro un muro)
Una serie di proverbi che danno la possibilità di constatare la dedizione e la genuinità dei siciliani nei concetti basilari della vita. Se ci fossero le condizioni adatte negli enti preposti ( scuole, centri di formazione ed eventi vari), la lingua siciliana andrebbe insegnata e resa pubblica a tutti. Un progetto vivo anche nella signora Leonarda. Le sue parole sono spunti e buoni propositi da non cancellare, perché il dialetto siciliano con i suoi proverbi fa parte di un assetto socio-culturale invidiabile e patrimonio della nostra terra.
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