TURISMO
Vedi un panorama tra i più belli in Sicilia: la chiami "normanna" ma il nome è sbagliato
Le immagini della natura si scontrano con le architetture di un tempo. Su un colle (nei pressi di Capo Crosso), riservato e imponente, c'è un gioiello senza tempo
La Torre delle Mandre
Il manto stradale, perfetto (caso straordinario), tra curve e saliscendi si affaccia sul Tirreno. I capolavori dell’ambiente trovano una "precisa" collocazione negli “effetti” colorati mimetizzati lungo le coste che da Capo Zafferano giungono sino a Campofelice di Roccella.
Su un colle (nei pressi di Capo Crosso), riservata e imponente, c'è la Torre delle Mandre, Mandrie o Normanna. Il nome induce subito a uno spunto di natura storica. Sembra scontato il periodo di costruzione e invece, nel gioco degli incastri, fu costruita (secondo fonti citate in alcuni documenti) nel 1557 in pieno periodo aragonese.
Spesso menzionata in contesti storici errati (impropriamente e volontariamente), anche l’identità territoriale trova una sua “complessa” vicenda. Difatti, una piccola porzione ricade nel territorio di Trabia.
Da lassù si scorge un panorama a dir poco mozzafiato. Gli avventurieri (spesso e maldestramente) provano a scardinare il cancello (arrugginito) per godere di un paesaggio tra i più belli dell’arco siciliano.
Tra strapiombi che colano a picco sul mare blu turchese e calette dai nomi curiosi, lo sguardo cambia “strategia” e si lascia incuriosire da altri “temi”. Ecco, improvvisamente, spuntare dal nulla un paio di calette dalle forme strane.
In mezzo agli scogli appuntiti e piccole insenature, le spiaggette si ritagliano lo spazio meritato. Formate da ciottoli e ghiaia, si incastrano perfettamente con le acque cristalline.
La spiaggia dell’Ombelico di Venere (conosciuta anche come Cala Sciabica) appare nel suo massimo splendore. Il suo nome - secondo le fonti - dovrebbe derivare da uno scoglio che si trova in mezzo al mare (sotto le pendici della scarpata rocciosa sotto la Torre delle Mandre).
Il grigiastro si confonde in un gioco di colori con i fondali tirrenici ricchi di flora e fauna. Simboli del territorio altavillese, le “bellezze” facevano parte di Milicha, l’antico nome che indicava la parte estrema della campagna palermitana Conca d’Oro (tagliata dal Monte Cane).
Un episodio curioso avvenne nel lontano 1713 quando, inviato da Vittorio Amedeo II, il Castelalfiere si innamorò dell’intera zona. Si accorse della torre, il litorale, la Chiesa di Santa Maria di Campogrosso in rovina e un colle assai coltivato.
Rimase folgorato, stupito! La baia è arricchita da alcune cave in calcarenite ormai dismesse (il cosiddetto Buco). Rese famose per i punti strategici usati dai coraggiosi tuffatori, molti anni orsono vennero scelte per girare alcune scene della serie “Agrodolce”.
Inoltre, dopo una “scorpacciata” intensa, lo spirito di osservazione è ingolosito dalla presenza di un sottopassaggio ferroviario, dall’intenso verde della vegetazione e in lontananza, dalle montagne che scolpiscono forme geometriche.
Sono passati tanti secoli e ancor oggi, Milicha è “abbellita” e decorata nonostante le vicissitudini legate all’essere umano.
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