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Un’esplosione rase al suolo il mercato dei Lattarini: la tragedia dimenticata di Palermo

Accadde alla vigilia del Natale del 1907. Quel giorno in tanti si aggiravano nell’antico mercato arabo delle spezie, per fare degli acquisti per l'imminente festività

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 2 giugno 2022

Foto tratta dal libro di M. Genco "Il Caso Alfano", Sellerio 1998

Sono da poco passate le cinque quel pomeriggio del 19 Dicembre del 1907; mancano appena sei giorni al Natale e in tanti si aggirano nell’antico mercato arabo delle spezie, per fare degli acquisti, quando una pioggia di pietre e di calcinacci investe il quartiere, mandando in frantumi i vetri di tutte le case, tra piazza Sant' Anna e piazza San Domenico. Un terribile boato viene udito in tutta la città e la terra trema.

Un’esplosione nel vecchio mercato dei Lattarini, “un’immane catastrofe” - come titoleranno alcuni quotidiani - ha squarciato il ventre di Palermo. Ai primi soccorritori si presenta uno spettacolo agghiacciante: case, negozi, alberghi rasi al suolo; macerie e crolli in piazza Borsa, piazza S. Anna, via Schioppettieri. Tra le vittime ci sono anche alcune decine di emigranti, provenienti da piccoli centri dell’isola, in attesa di imbarcarsi per l’America, alloggiati negli alberghetti di via Lattarini, tutti orribilmente devastati: il “Concordia", il "Santa Rosalia" e il "Corleone”. Le operazioni di soccorso sembrano subito complicate, anche per via della ressa: la folla si è precipitata sul luogo del disastro e adesso si accalca, per cercare tra i sopravvissuti un familiare, un parente.
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Le grida di angoscia dei soccorritori si mescolano al pianto e alle implorazioni dei feriti … Si scava tutta la notte ma solo all'alba successiva diventano evidenti le dimensioni della tragedia: sarà necessaria un’intera settimana per poter recuperare tutti i corpi, molti sono stati scaraventati anche a decine di metri di distanza dall' esplosione.

Inarrestabile è anche la ressa dei palermitani nelle corsie degli ospedali (lo Spasimo, la Concezione, San Saverio) alla ricerca dei parenti dati per dispersi. All'ospedale militare una bambina di dieci anni, che ha perso entrambi i genitori nell’esplosione racconta: «Mi trovavo in un balcone di casa di via Lattarini. Ad un tratto ho sentito un boato e sotto i piedi mi venne a mancare il terreno. Istintivamente mi sono aggrappata alla ringhiera del balcone. Sono stata poi salvata dai pompieri». (V. Prestigiacomo, Il Sicilia).

Lo slancio cittadino per soccorrere le famiglie colpite dal dramma è encomiabile e non mancano gesti di grande solidarietà: i Florio mettono a disposizione la loro automobile, per trasportare i feriti; Giovanna D'Ondes con la figlia Giulia Lanza di Trabia e con la nuora Franca Florio si reca subito nelle corsie degli ospedali, per dare qualche parola di conforto ai sopravvissuti. Una sottoscrizione del quotidiano "L'Ora" per le famiglie colpite dal dramma in pochi giorni raccoglie 2.700 lire.

Ma…cosa ha provocato la devastazione dei Lattarini? La tragedia è ancora una vicenda con molti aspetti oscuri, la cui unica triste certezza (dopo oltre cent’anni) è solo la morte di tanti innocenti. L’ipotesi più accreditata è che l’esplosione sia avvenuta accidentalmente in un deposito di polveri da sparo, all’interno nell’armeria del signor Francesco Ajello. Secondo il regolamento di Pubblica Sicurezza, nella bottega non avrebbero potuto esserci più di 25 chili di polveri, invece in realtà, ce ne erano molti di più (almeno 1.000).

Per depistare le indagini, improbabili testimoni oculari affermarono di aver visto il signor Ajello trascinare in strada una cassa che avrebbe all’improvviso preso fuoco. I primi accertamenti condussero invece da tutt’altra parte: tutti sapevano che la palazzina era una sorta di laboratorio dove l’armiere senza scrupoli produceva clandestinamente cartucce di dinamite per la “pesca” di frodo, attività illegale molto diffusa nelle borgate marinare di Isola delle Femmine, Capaci e Sferracavallo.

Infatti venne identificato tra le vittime dilaniate dallo scoppio anche Gaetano Faja, un trentenne residente nel quartiere della Kalsa, già noto agli inquirenti perché era colui che portava il tritolo dell’armiere Ajello ai pescatori «bombaroli» della costa. Cosa abbia innescato l’esplosione resta ancora un mistero, ma incoscienza e spregiudicatezza morale restano sullo sfondo di questa vicenda che - nonostante la gravità dell’accaduto - sparisce presto dalle pagine dei quotidiani e nei decenni che seguiranno anche dalla memoria storica della città di Palermo: oggi nemmeno una targa commemorativa ricorda “l’immane catastrofe dei Lattarini”.
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