STORIA E TRADIZIONI
Un'antica preghiera invoca la santa patrona di Sicilia: il culto della "Regina nelle lotte"
Una devozione che nell'isola ha radici antichissime. Un dipinto di Sofonisba Anguissola ne ricorda l'iconografia. Un'opera in memoria del marito ucciso
Il dipinto della Madonna dell'Itria di Sofonisba Anguissola
Benedici la Sicilia, quest’isola ferace, madre di Santi, di martiri, di pontefici, di vergini, di eroi. Abbiamo bisogno di te, oggi, più che mai. Nello smarrimento che scombuia le menti, nel disordine che travaglia le genti, nello scompiglio che imperversa sul mondo, reggi il nostro Popolo, sii nostra Stella”.
Queste parole si trovano in una preghiera dedicata alla Madonna di Odrigitria, chiamata anche Madonna dell’Itria. Non sono in molti a sapere che la Madonna dell’Itria è considerata la patrona della Sicilia. Riteniamo che raccontare questa storia sia interessante sia per i credenti, che per i non credenti, in quanto permette di conoscere meglio gli aspetti religiosi e mistici dell’Isola.
La tradizione religiosa, narra che la flotta turca fu distrutta in seguito ad una furiosa tempesta, sorta non appena i monaci del monastero «degli odeghi» avevano condotto in processione sulle mura della città e posto di fronte al nemico la venerata icona della Vergine Odigitria, recata a spalla.
Per questo poi, le immagini della Madonna Odigitria, col titolo abbreviato in Itria, rappresentano una icona della Vergine recata a spalla da due monaci di rito bizantino. Quindi, da quando gli arabi furono dispersi, il culto verso questa immagine ieratica della Vergine crebbe a dismisura in tutto l’Oriente cristiano.
La Sicilia, ai tempi, era terra greca, sia politicamente sia religiosamente. Il legame tra la Sicilia e la Grecia è stato sempre molto solido, fin dall’antichità. Ci sono però degli elementi storici che hanno consolidato questo legame e permesso al culto di origine bizantino di resistere sull’isola fino ai giorni nostri. Infatti, da un punto di vista etnico la Sicilia era divisa tra una componente latina, vicina ai papi di Roma, i quali avevano anche forti interessi economici nell’Isola, e una componente, maggioritaria di ceppo greco.
Invece, da un punto di vista religioso la Sicilia dipendeva da Costantinopoli e non da Roma ed era di rito greco in maniera universale. Per secoli la zona di Val Demone è stata la roccaforte della resistenza del culto greco e della lingua greca. Così, fu naturale considerare la Madonna di Costantinopoli la Patrona dell’isola. Numerosi paesi dell’isola, conservano ancora una chiesa dedicata a questo titolo mariano e moltissime sono le raffigurazioni che si sono diffuse nell’arco dei secoli.
L’iconografia più diffusa è quella della Madonna col Bambino in braccio che poggia su una cassa tenuta a spalla da due monaci basiliani. Essa riepiloga i momenti più salienti del "viaggio" dell’Odigitria bizantina che, secondo la tradizione leggendaria, al tempo dell’iconoclastia, chiusa da alcuni monaci basiliani dentro una cassa di legno e affidata al mare, finì per approdare sulle coste meridionali dell’Italia. Particolare è anche l’etimologia del nome "Itria".
Infatti, il nome di Odigitria fu dato dai fedeli di Costantinopoli e deriva dall’etimologia del greco antico e significa "colei che conduce, mostrando la direzione".
L’immagine più antica della Vergine è attribuita ad un dipinto di San Luca, che pare fu il primo a dipingere questa icona sacra. L’immagine, nel 450 da Gerusalemme fu inviata a Costantinopoli in dono dalla esiliata Imperatrice Eudossia alla nuova Imperatrice Pulcheria, sua cognata, perché fosse venerata in quella città dedicata a Maria dallo stesso Costantino nel 330.
Quando l’immagine della Madonna fu mostrata dalle mura di Costantinopoli in uno dei drammatici assedi arabi del 717-718 d.C, si narra che, per intercessione delle Vergine, "che conduce lungo la Retta Via", gli assalitori furono dispersi. Nel 1207, l’immagine fu donata dall’Imperatore Enrico alla Repubblica Veneta, ma i fedeli si opposero alla sua partenza e la trasportarono in più sicura custodia nella Chiesa di S. Sofia.
I veneziani riuscirono a trafugarla, ma non osando portarla a Venezia la collocarono nella Chiesa del Salvatore Pantocrator. Trasformata questa in moschea dai Turchi quando nel 1450 conquistarono Costantinopoli, fu trasferita nella Chiesa di S. Salvatore in Chora, da dove poi scomparve senza lasciare traccia.
Trattando ancora del tema iconografico, non possiamo fare a meno di citare il dipinto della pittrice Sofonisba Anguissola (1532 ca. - 1625) Madonna dell’Itria ritrovato e custodito nella chiesa della SS. Annunziata di Paternò, in provincia di Catania. Sofonisba Anguissola, pittrice cremonese che si forma tra la terra d’origine e la Spagna, ma vive e dipinge anche in Sicilia, diventa un caso esemplare della varietà e della complessità del nostro patrimonio culturale siciliano.
Sofonisba trascorse quasi sei anni in Sicilia, in seguito alle sue nozze con il nobile siciliano Fabrizio Moncada, avvenute nel 1573. A Paternò, oltre a dipingere, si occupa di questioni politiche e finanziarie del feudo. Ma il suo matrimonio durò pochi anni, poiché Fabrizio Moncada rimase ucciso durante un attacco pirata mentre si stava dirigendo via mare alla corte di Filippo II, all’altezza di Capri.
Anguissola volle dedicare alla memoria del marito il dipinto Madonna dell’Itria, in cui il volto della Vergine è un suo autoritratto e sullo sfondo vi sono rappresentate due piccole barche a ricordare il destino subito dal consorte.
Attualmente, per chi volesse approfondire l’argomento e ammirare il dipinto della Madonna Dell’Itria, è in corso presso il Museo Diocesano di Catania la mostra “Sofonisba Anguissola e la Madonna dell’Itria. Il culto dell'Hodighitria in Sicilia dal medioevo all'età moderna”, curata da Roberta Carchiolo, Mario Marubbi e Grazia Spampinato.
La mostra nasce dalla collaborazione tra la Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali etnea, il Museo civico Ala Ponzone di Cremona e il Museo Diocesano di Catania. Le sale resteranno aperte al pubblico fino al 4 dicembre.
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