STORIA E TRADIZIONI
Tutti avvertiamo prima o poi "la spada di Damocle" sulla testa: e la sua storia è tutta siciliana
Ogni detto famoso ha una storia assai curiosa alle spalle. Chi non ha mai sentito l'espressione "spada di Damocle"? La storia di Damocle, non tutti lo sanno, ha origini siracusane
Una riproduzione del dipinto La spada di Damocle
In quel tempo accadde quello che oggi vivremmo come un miracolo: gli spostamenti in Sicilia erano veloci, con carri e battaglioni di cavalleria che correvano da una punta all'altra dell'isola. Si arrivava da Selinunte a Siracusa in poco tempo, nessun treno soppresso o pullman in ritardo, ma questo avveniva solo perché si doveva combattere, non certo per nobili scopi. Siracusa divenne una ricca metropoli che nemmeno New York o Londra.
Dionisio prese il potere in modo 'semplice', schierandosi contro un'intera classe di governo: i Greci di Sicilia, Sicelioti, volevano sbarazzarsi dei Cartaginesi, ma alcuni non erano riusciti nell'impresa facendosi sconfiggere ad Akragas, oggi Agrigento. Allora nel 405 a. C. si tenne un'assemblea a Siracusa per decidere il da farsi e il giovane Dionisio prese la parola e disse più o meno: «i generali che hanno combattuto ad Akragas, hanno tradito le aspettative e devono essere condannati!».
Le farse e le commedie erano all'ordine del giorno, una roba che non si potrebbe paragonare nemmeno a ''Beautiful''. Come racconta Cicerone, Dionisio era ''di indole cattiva e ingiusta'' e alla sua corte c'era Damocle, un buon uomo che lo adulava e lo invidiava per il suo potere.
Diceva sempre a Dionisio ''come sei ricco!'', ''come sei potente!'', ''nessuno è più felice di te!'', insomma, lo ricopriva di complimenti a volte esagerati. E giacché Dionisio non aveva un temperamento calmo e anzi era alquanto suscettibile - una specie di Donald Trump dell'antica Grecia - pensò di dare a Damocle una lezione indimenticabile.
Lo invitò a un banchetto di corte e lo fece sedere al suo posto, sul suo scranno regale. La felicità di Damocle davanti a quel magnanimo gesto, circondato da ornamenti lussuosi, cibo di qualità e giovani bellissimi, venne subito smorzata da un fatto inaspettato e terribile: quel diavolo di tiranno aveva posto sulla sua testa una spada.
Per l'epoca era come avere una pistola puntata alle tempie, anzi forse peggio. Questa spada era inoltre tenuta su solo da un crine di cavallo, brillava e riluceva in tutto il suo splendore di arma mortale e da un momento all'altro avrebbe potuto colpire il povero Damocle, che sicuramente avrà pensato ''ma chi me l'ha fatto fare? Potevo stare zitto e godermi la mia povertà''.
Era tra l'altro voce diffusa che i tiranni bevessero il sangue dei loro sudditi, quindi immaginate la paura che doveva avere il povero Damocle, un po' come quando il tuo partner prende il tuo smartphone e ti chiede la password.
Perché questa sceneggiata degna delle più crudeli tragedie greche? Ebbene, Dionisio voleva far capire a Damocle che essere regnanti non significa che tutto sia oro, vino e allegria, ma dietro c'è anche una grande responsabilità e poi abbiamo già detto che era un tragediografo. La vita del tiranno è costantemente minacciata dai rivali, un tiranno deve essere diffidente - Dionisio aveva insegnato alle sue figlie a tagliare la barba, per non affidare la sua gola a un barbiere -. E ancora non esistevano i giornali, altrimenti chissà quante volte sarebbe finito in prima pagina con le sue trovate drammatiche che nemmeno un calciatore che finge di aver subito un fallo potrebbe superare.
La spada rappresentava la doppia faccia del potere, da un lato ''sesso, droga e rock&roll'', dall'altro agguati, tradimenti e imboscate. Insomma, non esattamente una vita invidiabile, considerando che ai tempi non esistevano le telecamere nascoste per i furti, il telefono per chiamare la polizia e, se si moriva avvelenati, non era detto che qualcuno lo avrebbe scoperto. Si accoppavano gli uni gli altri con una tale facilità che oggi non possiamo neanche lontanamente immaginare - e per fortuna! -.
Ecco spiegato il significato dell'espressione ''spada di Damocle'', che indica, appunto, un pericolo che incombe incessantemente nella vita di qualcuno per qualche ragione. Viene utilizzato anche in un'altra declinazione, legata a una situazione se non di pericolo, di "pesantezza" costante che si vive a causa di qualcosa (o qualcuno).
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