STORIA E TRADIZIONI
Prima del Festino Palermo era devota (solo) a lei: l'antico rito che animava l'Albergheria
In città veniva ricordata la conversione di un'altra santa. La ricorrenza è il 24 luglio, data della morte, ma a Palermo cadeva la seconda domenica di maggio
Statua di Santa Cristina alla cattedrale di Palermo
In occasione della ricorrenza della traslazione del corpo della santa, si faceva la "fera", cioè la fiera, il mercato libero.
«Secondo il Martirologium Romanum Cristina (IV-V sec.) è nata nella città di tiro, un paese di origine etrusca non lontano dal lago di Bolsena, nel Lazio, ove, secondo la tradizione, all'interno di una grotta fu ritrovato un antico sepolcro della santa. Il suo corpo per qualche ragione fu poi trasportato nel paese molisano di Sepino.
Fu la figlia di Urbano, governatore di Tiro durante l'impero di Diocleziano. Abbracciò il cristianesimo e per tale ragione fu torturata e uccisa. A causa della sua fervida resistenza Urbano la fece legare ad una ruota e gettare in mare. Alcuni angeli ressero il peso della ruota e riportarono a riva la giovane Cristina, la quale fu successivamente uccisa con due dardi sul petto.
Tra il 1144 e il 1166 le reliquie della santa furono cedute dal Conte Molise, dal quale la regione italiana prenderà il nome, ad Ugone vescovo di Palermo, il quale le fece conservare nella chiesa normanna di Santa Cristina la vetere», costruita appunto per l'occasione nel 1174. La ricorrenza della santa generalmente è il 24 luglio, data della morte, ma a Palermo la festa cadeva la seconda domenica di maggio, mese e giorno dell'avvenuta traslazione del corpo della santa da Sepino, dove si trovava, a Palermo.
Inizialmente, per volere di Ferdinando il Cattolico, questa fiera durava soli tre giorni, «cioè per lo giorno della festa di S. Cristina col giorno antecedente e seguente», ma a partire dal 1520 l'imperatore Carlo V, su richiesta del Senato palermitano, la prolungò a quindici.
«Alcuni giorni innanzi della festa, il Senato mandava fuori un bando, col quale invitava le maestranze della città a prender parte alla fiera, che si soleva fare nella piazza della Cattedrale, dove si costruivano di legno un gran numero di botteghe pei venditori con tegole e pavimenti».
Gli introiti derivanti dall'affitto delle botteghe della fiera servivano per pagare le opere di modifica della Cattedrale, in più sia le merci che il bestiame introdotto in città per la vendita in fiera erano esenti da qualsiasi gabella.
Per evitare che qualcosa andasse storto durante i preparativi o per evitare che i commercianti litigassero tra di loro e altre motivazioni varie, il Senato di Palermo istituì dei "maestri di fiera", addetti al controllo e regolarmente registrati e pagati.
Nella ricorrenza della festa di Santa Cristina venivano momentaneamente condonati i debiti a chicchessia perfino se contratti con la regia corte. «La vigilia della festa, giorno in cui principiava la fiera, veniva issata in un'asta posta in cima ad un campanile della Cattedrale, la bandiera del re. Da quel momento tutte le navi che approdavano alla città sbarcavano le mercanzie liberamente per portarle al mercato».
Il marchese di Vilabianca descrive così la fiera di S. Cristina in un passo dei suoi diari: «A 7 maggio 1768, sabato, vigilia della festa della traslazione di Santa Cristina.
Si godette al sommo nella sera di detto giorno la solita fiera della piazza del duomo per l'illuminazione straordinaria di numerosissimi fanaloni e fanaletti, che dappertutto coronavano le numerose logge delle botteghe de' mercadanti, le quali furono formate da altrettanti archi pittati in forma di anfiteatro col lasciare nel mezzo della piazza la statua di Santa Rosalia e le due fontane ai lati».
Nonostante Santa Rosalia fosse ormai la regina della città, si omaggiava con tutti gli onori Santa Cristina e la sua tradizionale "fera" che si terrà fino al 1820: «In quell'anno Ferdinando I avendo con suo decreto (n.1878) abolito le franchigie dei diritti doganali d'importazione dall'estero, diritti che sino allora si erano goduti nel tempo delle fiere dei vari comuni, venne meno il grandioso mercato di Santa Cristina».
(Per approfondimenti confronta Il comune di Palermo sotto il dominio spagnolo di Bernardo Genzardi; I quattro canti di Palermo di Antonino Prestigiacomo)
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