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Perché il pane di Ramacca ha un sapore antico: viene fatto (anche) col "Margherito"

Il legame tra questo paese e il grano è davvero profondo. Le principali tradizioni infatti sono legate ai culti della fertilità, che affondano le loro radici in riti ancestrali

  • 23 ottobre 2022

Il pane di Ramacca

Per Catone il Censore, celebre politico e oratore dell’antica Roma la Sicilia era il "granaio della Repubblica". Dopo essere diventata la prima provincia romana, la Sicilia ha iniziato ad avere un forte potere strategico.

Tale importanza era dovuta proprio al fattore economico-alimentare oltre che a una motivazione politica e a una strategico-militare. Partendo dalle ultime due, quella di tipo politico era dovuta alla lotta per la supremazia nel mar Mediterraneo, quella strategica al territorio siciliano che costituiva un ponte per la conquista dell’Africa e, infine, quella economica derivava dal costante bisogno della Repubblica di scorte alimentari per le truppe in guerra e per la crescente popolazione.

Proprio dalla Sicilia, come dall’Egitto e dal Nord Africa, arrivava il prezioso grano. Ecco perché veniva ritenuta "l’antico granaio romano". L’isola si trasformò, così, in enorme campo coltivato con viti, ulivi, orzo e soprattutto frumento per il mercato esterno.
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Il grano era sicuramente la materia prima più importante per la capitale, basta pensare che ogni anno Roma importava dalla Sicilia, e non solo, più di 3 milioni di quintali di grano da destinare anche ai cittadini romani meno ricchi. Il clima, il sole e le caratteristiche del terreno rendono, infatti, l’isola un luogo ideale per la coltivazione del grano. In Sicilia sono stati catalogate ben 52 varietà autoctone di grani duri (su 291 specie italiane).

Si tratta di varietà molto coltivate e molto consumate fino alla prima metà del Novecento. Intorno agli anni 70 accade qualcosa che rischia di distruggere le varietà cerealicole dell’isola. Si diffondono moderni grani di uso industriale più facilmente coltivabili, in grado di dare più resa e di sopportare una coltivazione intensiva e una produzione industriale.

Ma oggi, grazie alla tenacia e al lavoro di agricoltori, consorzi e centri di ricerca questa millenaria ricchezza è tornata alla luce. I Grani antichi siciliani stanno riscoprendo una nuova vita. Ci sono molti motivi per cui scegliere i grani antichi, eccone alcuni: Grazie all’altezza delle spighe sono resistenti ad alcuni parassiti del grano e alle specie infestanti. Ciò permette di coltivarli senza antiparassitari e concimi artificiali. Vengono generalmente macinati a pietra. La farina che si produce è quindi meno raffinata di quella prodotta con metodi industriali.

Si privilegia, così, un prodotto integrale o semi-integrale che mantiene maggiormente le proprietà nutrizionali presenti nel chicco. I grani antichi siciliani richiedono tempi più lunghi di lievitazione. Ciò consente una migliore maturazione dell’impasto e quindi una maggiore digeribilità del prodotto finale.

Con i grani antichi si riscopre il gusto del grano che le farine raffinate ci avevano fatto dimenticare. Il risultato è un profumo inteso e un sapore più ricco. In provincia di Catania c’è un comune, Ramacca, che ancora oggi dedica tanta attenzione alla coltivazione del grano e alla produzione del buon pane.

Da 43 anni questa millenaria tradizione viene raccontata della Sagra del pane di Ramacca, manifestazione che richiama visitatori da ogni parte della Sicilia, a cui si offre la degustazione del pane caldo, condito con sale, olio extravergine di oliva, olive nere, acciughe salate, peperoncino ed origano. E non solo: ogni anno si aggiungono specialità a base di pane: facce di vecchia, pane fritto, e bruschette di ogni tipo.

Una festa, organizzata dalla Proloco, che si completa con educational tour, spettacoli folkloristici, mostre, eventi musicali e culturali.

Abbiamo incontrato Laura Sapuppo, presidente dell’associazione Archeorama di Ramacca che ci ha raccontato da dove deriva la cura e l’antica tradizione del pane della zona: «Secondo la mitologia greca – ci spiega Laura - fu Demetra a donare all’uomo i cereali, in modo particolare il frumento da cui si ricava la farina per la panificazione.

Il grano ha avuto un legame con la fecondità della terra e i culti della rinascita sia nel mondo greco che in quello romano, come anche nella cultura cristiana, in cui grano e pane hanno continuato ad avere questo ruolo fondamentale, legandosi alla metafora del corpo di Cristo ed assumendo anche un significato di comunicazione e diffusione.

Il legame tra Ramacca e il grano, e quindi il pane, è antico e profondo. Le principali tradizioni infatti sono legate ai culti della fertilità, di cui il grano è simbolo, che affondano le loro radici in riti antichi e ancestrali. Ciò è confermato fra l'altro dalla scoperta di un santuarietto rupestre dedicato al culto di Demetra e Kore sulla Montagna di Ramacca, le divinità greche che soprintendevano alle attività agricole ed alla cerealicoltura, e dall'uso di intrecciare le spighe di grano in forme antropomorfe comune anche a certe regioni della Grecia.

È certo che il santuario fosse dedicato a Demetra e Kore, grazie al ritrovamento di alcuni frammenti di statuette più recenti tipiche del culto di queste dee, particolarmente diffuso in Sicilia perché legato all’agricoltura e alla vita ultraterrena. Le offerte di pane trovano continuità anche nelle nostre tradizioni ancora vive e attuali».

Una delle contrade più fertili di Ramacca, legata la coltivazione del grano, è la contrada Margherito, dalla quale prende il nome un tipo di grano antico siciliano. Grazie alla natura dei terreni, al clima ottimale ed alla laboriosità dei coltivatori, nella contrada Margherito di Ramacca negli anni ‘20 si mise a coltura un tipo di grano duro resistente alla siccità, di alto stelo, varietà che prese il nome dalla contrada stessa e che è annoverata ancora oggi tra i frumenti migliori.

E con tenacia e lungimiranza durante gli anni ’30 del secolo scorso programmi di miglioramento genetico avviati dal Prof. U. De Cillis presso la Stazione di Granicoltura per la Sicilia portarono alla sperimentazione di diversi incroci per creare frumenti sempre più adatti alla pastificazione e alla panificazione.

La varietà “Russello”, dalla elevata produttività, sintesi della sua resistenza alle malattie ed avversità ambientali, e all’adattabilità ai vari terreni. La “Timilia”, varietà pregiata per la sua buona resa alla molitura e forza della farina, si distingueva come un grano primaverile precoce. La “Capeiti” varietà precoce coltivata su vasta scala, di taglia bassa e dalla farina dolce e bianchissima. Infine il “Senatore Cappelli”, diffuso largamente in Sicilia, principalmente in provincia di Catania dove viene chiamato appunto anche “Margherito” o “Bidì”.

Presentando esso una maturazione tardiva, forse la più tardiva fra tutte le varietà coltivate, va facilmente soggetto ai danni della stretta con i forti calori estivi. Inoltre la sua taglia è molto alta, i bisogni idrici sono imponenti e quindi risente subito dell’aridità dell’ambiente. Ecco perché la sua coltivazione col tempo è caduta in disuso. La tradizione del pane a Ramacca è legata anche alla festa di San Giuseppe.

«Durante le celebrazioni in onore del patrono S. Giuseppe- ci racconta ancora Laura- il pane sacro di varie forme (a cuddura, a forma dianello, il cuore simboleggiante la Sacra Famiglia, la palma dedicata alla Madonna, bastone fiorito di S.Giuseppe) occupa un posto importante negli altari, grandi tavole imbandite con tutte le specialità gastronomiche locali, i dolci e i biscotti, le primizie (proibiti i piatti a base di carne, perché la festa si svolge nel periodo quaresimale), che, dopo un lungo e oneroso lavoro di preparazione in cui è coinvolto tutto il vicinato, vengono allestiti in molte case per voto al Santo o grazia ricevuta. È questa una delle tradizioni più belle e sentite nel paese, che unisce ritualità e simbologia secolare, solidarietà comunitaria, ospitalità.

La sera del 18 marzo è tradizione visitare gli altari di San Giuseppe in tutte le case che per l'occasione sono aperte fino a tarda ora ad accogliere i visitatori”.

Nella zona, ci sono molti giovani che hanno deciso di non andare via dalla Sicilia, e dopo aver seguito degli studi specifici fuori dall’Isola hanno deciso di tornare per provare a mettere in pratica nella loro terra ciò che hanno appreso fuori.

Nonostante la situazione di crisi nel campo dell’agricoltura e ai vari interessi delle multinazionali che comprano il grano fuori dall’Italia (ricordiamo che Sicilia e Puglia producono il 70% del grano necessario al fabbisogno italiano), in territori europei ed extraeuropei (come il Canada), ci sono ancora oggi persone che intendono portare avanti le tradizioni e la coltivazione biologica di grani antichi, perché credono nell’importanza di far arrivare in tavola un prodotto di qualità superiore a quella industriale.

Alcuni di questi coltivatori devono affrontare molti ostacoli, ma con passione e tenacia spesso raggiungono il loro sogno e riescono a vivere del loro lavoro.
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