MISTERI E LEGGENDE
"Mmiscu, petrafènnula e zammù": quando il Natale dei palermitani era duro per i denti
Le processioni dell'8 dicembre aprivano le festività anche nel 1624 all'insegna dei sentimenti religiosi e di chicche culinarie fra liquori e dolci da "rompere"
Il cedro era la base di un dolce durissimo di nome “Petrafènnula“
Seduto sopra un seggio reale, di fronte al Senato, il vicerè assisteva alla messa e si copriva il capo nel momento che riceveva l’incenso: era questa una prerogativa del Legato apostolico in Sicilia rappresentato dal re, e lui rappresentava il re. Questa Santa Messa, era celebrata fuori dalle ore canoniche grazie ad un privilegio concesso dal Papa.
Poi sfilava la processione con i tamburi, le confraternite, le corporazioni religiose, i parroci, i seminaristi dell’arcivescovato ed il clero della Cattedrale. Dopo di loro sfilava il prezioso simulacro d’argento della Madonna Immacolata coperto di gioielli. Dopo sfilava il vicerè con i grandi dignitarî dello Stato, il pretore, i senatori, il giustiziere con la sua corte capitaniale, i magistrati ed i nobili.
La “festa” non finiva qui. Per otto sere e notti consecutive i devoti, uomini e donne, alcuni a piedi nudi dalla Basilica di San Francesco si recavano alla Cattedrale recitando di continuo orazioni e rosari. Questa pratica si chiamava “viaggio".
Il Cassaro era illuminato dai “mazzuna“ (fasci di ampelodesma) e di torce a vento e si sentiva il suono dei pifferai. Avvolti nei tradizionali mantelli o nelle grandi fasce di lana, i venditori ambulanti gridavano: «Mmiscu, petrafènnula e zammù!... Zammùu!...».
“Mmiscu“, era un liquore a base di rosolio, alcol e erbe aromatiche, la “Petrafènnula“ un dolce duro, composto di cedro tritato, cotto nel miele e condito con aromi mentre lo “Zammù“ è l’anice, denominato anche “fumetto“. Tutto ciò metteva alla prova le più forti dentature e le digestioni più gagliarde.
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