STORIA E TRADIZIONI
Mille modi per morire in Sicilia: come fu la "fine" bizzarra di artisti e personaggi storici
Morti inusuali, strane (che forse non conosci) dopo una vita spesso avventurosa e ricca di abitudini spesso stravaganti. Da Eschilo a Bellini, un breve elenco
Il dipinto "La morte di Archimede"
Proviamo di seguito a farne un breve elenco: cominciando dal mondo antico, ad esempio, vogliamo ricordare la morte accidentale del tragediografo Eschilo (525 A.C.- 426. A. C.), uno dei più acclamati drammaturghi della Grecia Antica, il primo dei poeti tragici di cui ci siano pervenute opere per intero. Giunto in Sicilia, su invito del tiranno Ierone di Siracusa, per rappresentare la sua ultima tragedia, Eschilo si trasferì poi a Gela dove morì nel 456 a.C.: secondo Valerio Massimo per colpa di un’aquila…
Un oracolo gli aveva predetto che sarebbe deceduto a causa di ‘qualcosa caduto dal cielo’. Aveva anche immaginato che potesse trattarsi di un fulmine, perciò non usciva mai quando pioveva; ma un giorno un’aquila che teneva fra gli artigli una grossa tartaruga, fece cadere l’animale proprio sopra la testa di Eschilo, che era completamente calvo, scambiando il cranio lucido per un sasso.
Un soldato, entrato in casa di Archimede per saccheggiarla vide il matematico intento a disegnare una qualche costruzione geometrica. Questi urlò con aria scontrosa: “Non rovinare i miei cerchi!”. Il soldato infuriatosi, non avendolo riconosciuto lo uccise.
Facciamo un salto in avanti di molti secoli: Federico II, lo stupor mundi, durante una battuta di caccia perse i sensi, per colpa di violenti dolori addominali, simili a quelli che— a detta dei medici — quarantotto anni prima avevano causato la morte del padre Enrico VI. Federico era stato colpito una infiammazione intestinale a cui presto era seguita una serie violenta di attacchi di dissenteria.
Immediatamente soccorso, fu trasportato nel castello di Fiorentino: in uno dei rari momenti di lucidità, chiese dove si trovasse. Gli fu detto che era nella sua domus di Fiorentino, un luogo che fino ad allora non aveva mai avuto occasione di visitare.
All’imperatore era tornata in mente una profezia attribuita a Michele Scoto, l’astrologo di corte: “Morirete vicino la porta di ferro, in un luogo il cui nome sarà formato dalla parola fiore…”.
Per questo Federico aveva sempre evitato Florentia (Firenze)… Ebbe solo il tempo di confermare le disposizioni testamentarie e spirò il 13 dicembre 1250.
Alcune fonti riportano che Martino il vecchio, re di Aragona e di Sicilia (1356- 1410), sia morto a causa di incontrollabili risate, causategli da una barzelletta raccontata da Borra, il giullare di corte.
Si dice che il re amasse molto la buona tavola e che fosse piuttosto pingue; un giorno mangiò un'oca intera e fu costretto a mettersi a letto per l'indigestione. Chiamò nella sua stanza, per compagnia, il giullare di corte che gli raccontò una barzelletta. Martino iniziò a ridere in modo così incontrollato che non riuscendo a respirare bene ne morì.
Il poeta Antonio Veneziano (1543-1593) che compose versi prevalentemente in siciliano, visse in maniera alquanto avventurosa e acquistò grande fama sia in Sicilia che all'estero.
Dopo aver studiato presso il collegio di Gesuiti, Veneziano incorse in numerosi problemi giudiziari: prima con i familiari per questioni d'eredità, poi per un presunto assassinio, infine per la fuga d'amore con una fanciulla - perché accusato di rapimento -. Imbarcatosi per seguire Carlo d'Aragona, venne imprigionato ad Algeri dove conobbe Miguel de Cervantes e ne divenne amico.
Tornato in Sicilia nel 1588 fu imprigionato, per aver scritto una pubblicazione contro il governo. Morì nel 1593 a Palermo, nel carcere del Castellammare, per lo scoppio di una polveriera.
La leggenda narra che il suo corpo fu rinvenuto tra le macerie, con un grappolo di uva in mano… Pietro Novelli detto il monrealese ( 1603 – 1647) è stato il più importante e influente artista del Seicento in Sicilia: oltre all'attività di pittore che gli valse l'appellativo da parte di alcuni critici di Raffaello di Sicilia o Van Dyck siciliano, fu anche incisore, architetto e ingegnere militare. Morì nei moti di Palermo dell’agosto 1647, scoppiati a causa di una forte carestia, contemporaneamente all’insurrezione di Masaniello a Napoli. Novelli fu ferito accidentalmente al braccio destro, la ferità si infettò subito, ma il maestro preferì morire, piuttosto che farsi amputare l’arto (non sarebbe infatti più stato in grado di dipingere).
"Recato a casa l’infelice Novelli, e chiamati i professori della facoltà cerusica, riconobbero costoro la necessità di troncargli il braccio, al che egli ostinatamente negossi, preferendo più presto morire, che privarsi di quel braccio che tanta gloria aveva acquistato".
Scriveva lo storico Agostino Gallo. Il 26 Agosto 1647 Novelli faceva testamento e il 27 moriva. Fu seppellito, seconde le sue volontà, nel cimitero della Compagnia del Rosario in san Domenico, a cui si era iscritto nel 1630. La morte di Novelli causò grande cordoglio in tutta Palermo, “essendosi perduto il Michelangelo di quei tempi” (Vincenzo Auria).
Il vicerè Emanuele Filiberto di Savoia (1588 - 1624) morì a Palermo durante la terribile epidemia di peste, nell’agosto del 1624, all'età di 36 anni. Solo qualche mese prima, il 7 maggio del 1624 era giunta al porto di Palermo una nave proveniente da Tunisi. All'imbarcazione era stato negato l'attracco al porto di Trapani e il Senato di Palermo si era mostrato perplesso: si temeva infatti che a bordo ci fossero marinai con la peste.
Il viceré, non volendo rinunciare agli oggetti preziosi della stiva, dono del re di Tunisi, fece sbarcare il galeone e dunque anche il morbo della peste, che si diffuse in città in brevissimo tempo. Un giorno Emanuele Filiberto ritrovò per terra il suo bel ritratto, dipinto da Antoon van Dyck, perché il chiodo a cui era appeso il quadro si era staccato.
Il vicerè lo considerò come un cattivo presagio e infatti fu tra i primi a morire di peste. Filippo Randazzo (1695-1744) pittore soprannominato "Monocolo di Nicosia" poiché cieco da un occhio, formatosi come molti altri artisti siciliani dell'epoca a Roma, morì a Palermo nel 1744, mentre stava completando l’affresco della volta della navata della chiesa di Santa Caterina d’Alessandria, precipitando da un’enorme altezza, per il crollo improvviso del ponteggio.
Similmente morì anche un altro artista, il pittore Olivio Sozzi: nato Catania, si era trasferito a Palermo dove aveva studiato disegno e poi a Roma presso la bottega di Sebastiano Conca. Nel 1732 era tornato in Sicilia, lavorando molto soprattutto a Palermo e Catania. Nel 1763 venne chiamato a Ispica per decorare la Basilica di Santa Maria Maggiore: uno dei massimi capolavori del XVIII secolo in Sicilia, divenuto nel 1908 Monumento Nazionale.
Sozzi morì il 31 ottobre 1765, cadendo da un'impalcatura, mentre con il genero Vito D'Anna stava ritoccando a tempera gli affreschi della cappella dell’Assunta. A testimonianza della morte accidentale una grossa pennellata scura data di getto, segna l’affresco della cappella. In realtà, Sozzi soffriva di cuore e probabilmente morì per questo. Sicuramente non terminò i lavori che furono ultimati dagli artisti della sua bottega e dal genero Vito d’Anna.
La prematura scomparsa in Francia il 23 Settembre 1835 del compositore catanese Vincenzo Bellini, fu imputata ad una infezione intestinale. Bellini morì a soli 33 anni. Alcuni storici hanno ipotizzato una morte per avvelenamento. Fin da subito tuttavia, iniziarono a serpeggiare, più o meno velatamente, voci di un suo possibile assassinio.
Ma chi avrebbe potuto desiderare la morte del giovane musicista? Forse la russa Giulia Phalen Samoyloff giovane vedova ed ex amante dello zar Nicola con cui Vincenzo aveva avuto un’ appassionata relazione? Su di lei pendeva anche il sospetto per la morte del primo marito, il conte Samoyloff, deceduto prematuramente in strane circostanze, lasciandola vedova e ricchissima.
L’avvelenamento di Bellini non è stato tuttavia mai dimostrato. Restando sempre in ambito catanese parliamo infine di Nino Martoglio ( 1870 – 1921)giornalista, regista, sceneggiatore, scrittore e poeta italiano .Si dedicò con grande passione al teatro: nel 1901 creò la Compagnia Drammatica Siciliana, con l'intento di rendere far conoscere il teatro dialettale siciliano. Nell'aprile 1903 la Compagnia giunse a esibirsi con successo a Milano.
Nel 1910 Martoglio fondò a Roma la struttura stabile del primo "Teatro Minimo" presso il Teatro Metastasio, curando la regia di numerosi atti unici del repertorio italiano e straniero, portando sulla scena anche le prime opere teatrali di Luigi Pirandello. Dal 1913-14 si dedicò anche al cinema.
Morì a 51 anni, nel 1921, precipitando nella tromba dell'ascensore dell'Ospedale Vittorio Emanuele II di Catania, dove era andato a visitare il figlio undicenne malato di paratifo.
Le circostanze dell'accaduto rimangono poco chiare, in quanto l'area dell'ospedale in cui venne ritrovato il cadavere era ancora in costruzione. Distrazione? Secondo il pronipote si trattò di un delitto: magistratura e polizia non si presentarono in ospedale per ispezionare il cadavere e il luogo dell’incidente e nessuno ordinò l’autopsia, per chiarire il motivo del decesso.
Venne eseguito solo un esame esterno che riferiva una ferita lacero contusa al centro della fronte: forse una percossa sferrata con un colpo contundente, in ogni caso di certo non originata per una caduta fortuita. Il cold case rimane aperto….
E voi? Ricordate qualche altro caso particolare?
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