MISTERI E LEGGENDE
"Mi hai rotto i cabbasisi": le espressioni siciliane più diffuse che derivano dall’arabo
La Sicilia è storicamente terra di dominazioni: l’influenza araba si ritrova in oltre circa 300 parole ancora oggi in uso nel comune parlare del dialetto siciliano
L'assedio arabo di Messina, nell'1040
La Sicilia inizia ad essere conquistata da musulmani a partire dallo sbarco a Mazara del Vallo dell'827: entro l'878 quasi tutta la Sicilia era in mano ai musulmani e l'arabo divenne la lingua ufficiale dell'isola fino alla metà dell'XI secolo quando i normanni cristiani conquistarono la trinacria.
Di tutte le egemonie, la lingua araba, più di tutte, è presente tutt'oggi nel dialetto siculo soprattutto in quelle espressioni che si riferiscono all’attività rurale e a quella agricola: l’influenza araba si ritrova infatti in oltre circa 300 parole siciliane di uso comune, la maggior parte delle quali si riferiscono all'agricoltura e all’attività di irrigazione dei campi.
Anche la nostra amata cassata alla ricotta, torta siciliana per eccellenza, deriva dal termine arabo qashata e così anche altri due vocaboli tanto cari ai siciliani come mischinu (poverino) che in arabo si dice miskīn, e il masticatissimo verbo taliàri (guardare, osservare) che deriva da ṭalaʿa´.
Ma il primo posto nella classifica dei vocaboli arabo-siculi più in voga lo merita certamente il termine “cabbasìsa”, che deriva dall’arabo habb aziz. Si tratta di una specie di pianta erbacea che produce un tubero commestibile e dei piccoli frutti ovali ricoperti da una peluria.
L’espressione è tra le più tipiche del dialetto palermitano (perché rimanda ai genitali maschili, quando di una persone che ti infastidice si dice “mi ha rotto i cabbasisi”) ed è divenuta famosa grazie al maetsro scrittore Andrea Camilleri che, attraverso il commissario Montalbano, ha contribuito a diffondere un modo di dire prettamente siciliano e di origine araba in tutta Italia.
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