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Un’antologia di emozioni per Niccolò Fabi

  • 5 febbraio 2007

Trascorsi dieci anni dal suo debutto discografico, Niccolò Fabi ha voluto celebrare l’evento con una raccolta "Dischi Volanti 1996-2006" e un tour omonimo che farà tappa anche a Palermo venerdì 9 febbraio alle 22.30 al Bier Garten (viale della Regione Siciliana 6469, ingresso 13 euro più diritti di prevendita). L’antologia è uscita in due versioni, un doppio cd che contiene i migliori brani di questa decade di carriera e tre inediti, e un’edizione a tiratura limitata che contiene i due cd e un dvd con alcuni video clip e versioni live di alcune canzoni. Figlio di Claudio Fabi (musicista e produttore fra i più attivi e stimati della scena rock-progressive italiana degli anni settanta), è il classico esempio che l’esser figlio d’arte non è direttamente proporzionale all’esser raccomandato, il suo primo contratto discografico infatti se l’è guadagnato quando, nel 1996, con il suo amico Riccardo Sinigallia, portò i suoi demo ai discografici della Virgin.

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Molti lo ricordano perché debuttò davanti al grande pubblico (sanremese) dicendo che viveva "sempre insieme ai suoi capelli", lasciando l’immagine di un cantautore carino, ironico e leggero. Con "Lasciarsi un giorno a Roma" trafisse il cuore di migliaia di adolescenti, mentre "Vento d’estate" (brano che vinse anche il Disco per l’estate) in duetto con un allora esordiente Max Gazzè, mise in evidenza un ulteriore strato della sua personalità. Cresciuto a pane e Police, tuttora uno dei suoi gruppi preferiti come dimostrano i concerti del 2000 quale supporter del tour italiano di Sting, Niccolò è uno dei cantautori più sensibili della scena italiana, autore di canzoni veramente ottime ma di scarso appeal commerciale e poco passate dalle radio. Forse è perché oggi i cantautori più dotati si trovano sempre più spesso a raccontare mondi estranei, diversi, isolati. Trent’anni fa gente come Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Fabrizio De Andrè, Lucio Dalla ed altri sapevano non solo conquistare un pubblico ristretto di fedeli ammiratori ma anche influenzare l’opinione pubblica, scuotere le coscienze al di là dei semplici gusti musicali, rappresentare gli ideali di un’intera generazione.

Niccolò Fabi, con "Novo mesto" (suo ultimo album di inediti) aveva sfornato un altro interessante, anche se a tratti indeciso, disco di qualità, esempio di una tendenza ormai radicata: Fabi da dieci anni produce dischi belli ma che parlano a pochi, a volte perfino personali se non sempre nei testi quantomeno nello stile e nel tono. Non che questo sia sempre un difetto: a tratti, quando il brano si fa più intimo e introspettivo, questa componente autoreferenziale dà più peso e pathos all’opera, come ad esempio in "Oriente", il miglior brano dell’album per la capacità di unire una buona ritmica ad una voglia evidente di estraniamento; alla lunga, però, si finisce per sentire la mancanza, l’assenza di uno stimolo in più, di un brano che sappia catturare e far sentire veramente partecipe l’ascoltatore. Un album, comunque, di alto livello, che conferma la bravura del cantautore romano e il suo ruolo di primo piano nel panorama discografico, anche se getta ancora una volta un velo, forse qui più forte che altrove, sulla situazione della nostra musica d’autore. Mah, meglio ascoltare un po’ di musica…

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