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Shirin Ebadi, una vita in prima linea per i diritti umani

  • 23 gennaio 2006

Il 9 ottobre 2003 ad Oslo, Shirin Ebadi, avvocato iraniano, viene insignita del Nobel per la Pace. La motivazione del premio sottolinea tra l'altro "il suo impegno nella difesa dei diritti umani e a favore della democrazia. Si è concentrata specialmente sulla battaglia per i diritti delle donne e dei bambini". Oggi 59enne, e prima donna musulmana a ricevere tale riconoscimento, Shirin Ebadi, madre di due figlie e prima donna a ricoprire la carica di presidente di tribunale prima della rivoluzione di Khomeini, prosegue nel suo paese la lotta per affermare i diritti umani fondamentali, perché, come prosegue la motivazione del Comitato norvegese, “nessuna società merita di essere definita civilizzata, se i diritti delle donne e dei bambini non vengono rispettati”. L’abbiamo incontrata a Palermo, in conferenza stampa, ospite al secondo congresso internazionale, indetto dalla Cgil, dal titolo “Fare Nostrum: Sicilia 2010, l’Europa del Mediterraneo”.

Signora Ebadi, ben ventitre anni sono passati dalla rivoluzione iraniana. Stanno migliorando i diritti umani nel suo Paese?
«Se paragoniamo la situazione attuale a quella di venticinque anni fa qualcosa è cambiato in meglio, però c’è ancora molto da fare. Non abbiamo una buona e completa democrazia e abbiamo discriminazioni terribili tra donna e uomo, al di là delle discriminazioni religiose».

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Cosa vuol dire essere donna avvocato in Iran? è difficile fare coincidere i diritti delle donne e i diritti della famiglia?
«Significa lavorare il doppio rispetto a un uomo. No, non esiste un reale conflitto dei diritti è solo una scusa. Si dice che quando la donna lavora a soffrirne è la famiglia, ma questo non c’entra. Io, ad esempio, ho marito e figli e come ogni donna tradizionale iraniana mi dedico anche alla casa».

Le donne nel mondo stanno occupando posizioni di governo. Pochi giorni fa la notizia, dalla Liberia e Cile, di donne alla direzione di un Paese. E in Iran?
«Sono un grosso gruppo d’opposizione, da non sottovalutare. Forse è interessante sapere che le donne iraniane hanno ottenuto il diritto di voto prima delle donne svizzere e prima di queste sono andate in parlamento. Noi, pertanto, abbiamo sempre avute donne in parlamento, anche se poche, un po’ come accade anche da voi. In Iran, inoltre, oltre il 75% della popolazione universitaria è femminile, ma nonostante questo esistono molte leggi discriminatorie che non rispettano affatto i diritti delle donne. Porto due esempi, per chiarire il concetto. Un uomo può avere quattro mogli e pieno controllo in casa. In tribunale la testimonianza di due donne ha pari valore a quella di un solo uomo. Queste sono leggi ingiuste, per una società in cui le donne sono più istruite. Ecco perché le donne rappresentano un grosso gruppo di opposizione».

Tenendo presente le disparità di trattamento tra i due sessi. Recentemente il sistema ha condannato alla pena capitale una diciottenne, perché aveva ucciso il proprio violentatore. Sono frequenti questi casi?
«Queste cose succedono da noi come ovunque, ma ciò che è ben più doloroso sta proprio nel differente sistema di acquisto della “responsabilità” di fronte alla giustizia. Le femmine la acquistano a soli nove anni, mentre per i maschi questo limite è elevato a quindici. Pertanto se una bambina di dieci anni commette un crimine, viene trattata come una donna della mia età. Per questo motivo non sono infrequenti - anzi sono molti - i casi di persone giustiziate, o perseguite, sotto i diciotto anni. Noi stiamo combattendo da anni la nostra battaglia, protestando contro la pena capitale dei minori. Abbiamo in proposito creato una Ong con lo scopo di supportare questa lotta. Purtroppo, finora, non siamo riusciti a far cambiare la legge, ma sono certa che alla fine otterremo la vittoria perché la gente è contro questa legge».

Essendo lei un avvocato, qual è la relazione esistente nel suo paese tra il potere giudiziario e quello politico? Ha mai subito pressioni da parte del governo?
«La società più sana è quella in cui i tribunali sono indipendenti, invece da noi non è così. Attualmente due avvocati, miei colleghi, si trovano in carcere. La loro colpa è avere detto la verità in tribunale».

Questi suoi colleghi sono uomini o donne?
«Sono uomini. Però quattro anni fa anch’io con una simile imputazione sono stata in carcere. In quel periodo difendevo gli studenti che erano stati attaccati dalla polizia e dai “gruppi di forza”. Ho aperto gli occhi e mi sono trovata all’interno di un carcere. I “gruppi di forza” sono una specie di mafia, voi sapete chi sono e non lo sapete allo stesso tempo, ma se il governo volesse, potrebbe distruggere completamente questi “gruppi di forza”. Quando la gente si riunisce per manifestare in difesa dei diritti civili, arrivano questi “gruppi” e attaccano per creare disordini. Durante una di queste manifestazioni, uno di questi “gruppi” ha appunto attaccato e alcuni studenti sono rimasti feriti e uno di loro è morto. Era un ragazzo che frequentava l’ultimo anno di giurisprudenza e io ho rappresentato al processo la famiglia di questo ragazzo».

Considerando alcuni temi caldi che riguardano il governo del suo paese. Cosa pensa del programma nucleare? il governo iraniano afferma che i proventi dalle ricerche nucleari dovrebbero essere usati solo in campo civile e non militare. Lei ci crede?
«Io non sono un’esperta in materia nucleare, non so dire molto. Ciò che posso dire, come semplice cittadina, è che la bomba atomica non serve a nessuno, né all’Iran, né a Israele, né all’America. Se tutte le spese per realizzare le bombe atomiche fossero destinati a istruire i bambini, non ci sarebbero nel mondo persone non istruite. Io non ho mai fatto parte del governo iraniano, quindi non so veramente quali siano le loro intenzioni».

Politica internazionale, la questione israeliana. Cosa ne pensa della posizione del presidente iraniano, che ha minimizzato sull’Olocausto dicendo che Israele dovrebbe essere cancellato?
«Il significato di quello che dice una persona bisogna chiederlo a quella stessa persona. Come iraniana posso dire che l’Iran non ha mai avuto intenzione di attaccare Israele e non lo farà mai. Il popolo iraniano è stato sempre amico del popolo ebreo, ma dobbiamo tenere presente la differenza tra popoli e governi. I popoli non hanno mai nulla l’uno contro l’altro, sono i governi che creano differenze e conflitti. Io conosco molti ebrei che non sono d’accordo, per esempio, con la politica del governo di Israele».

E ancora in tema di popoli. Il suo è tra i più colti fra quelli musulmani. Come mai è stato il primo ad avere il fondamentalismo religioso?
«Lo scià era un dittatore molto odiato dal popolo. Tre gruppi di opposizione gli erano contro e pronti a combatterlo: i comunisti, i musulmani - cioè i religiosi - e i nazionalisti. Tutti e tre gruppi collaborarono fino alla caduta del suo governo, ma mentre combattevano, i religiosi andarono avanti rafforzandosi. Questo era dovuto alla loro presenza nelle zone rurali del paese, anche quelle più lontane, che gli permetteva di parlare direttamente col popolo. La nostra gente di sinistra, i nostri intellettuali, invece, studiavano, erano nelle biblioteche, leggevano libri, su come arrivare alla democrazia e riuscire ad affrontarla, in questo tenendosi distante dal popolo».

E’ comunque innegabile che la conoscenza abbia un ruolo importante. Qual è il suo rapporto di fronte all’innovazione, per meglio dire il ruolo di Internet?
«Ha un ruolo molto importante, perché rallenta la censura. Anche se io, comunque, sono censurata anche su internet. Il governo iraniano ha messo filtri su alcuni siti. Per fortuna, però, i nostri giovani sono ancora più bravi e sanno rompere quei filtri. In ogni caso Internet è importante per avere un contatto diretto con il mondo dei ragazzi».

Che cosa ha comportato per lei e per le donne del suo paese il premio Nobel per la pace 2003, primo ad essere stato attribuito ad una donna islamica?
Questo premio è stato un incoraggiamento per tutti a proseguire lungo il cammino in difesa dei diritti delle donne e dei bambini nel mio Paese. I proventi del premio sono stati dedicati a questo obiettivo e mi animano, ancor di più, ad agire su questo fronte.

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