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Orchestra Sinfonica: repertorio russo per Veronesi

  • 17 giugno 2005

Programma ricco di colori e di suoni per il prossimo weekend palermitano con l’Orchestra Sinfonica Siciliana nella sua fantasiosa stagione estiva. Nel weekend dal 24 al 26 giugno il direttore Alberto Veronesi proporrà al pubblico la celebre e ricchissima “Sinfonia Classica” di Sergej Prokof’ev e un ancor più celebre e ammaliante poema sinfonico: “Shéhérazade” di Nikolaj Rimsky-Korsakov. Le diverse e suggestive cornici di Villa Malfitano (nella palermitana via Dante), Palazzo d’Aumale (lungomare Peppino Impastato di Terrasini, una trentina di km a ovest del capoluogo) e l’atrio della Biblioteca Regionale (corso Vittorio Emanuele ancora a Palermo) rispettivamente venerdì, sabato e domenica alle ore 21.00 ospiteranno, col pubblico, l’estro strumentale e melodico di due compositori russi che, ciascuno a modo suo, hanno rappresentato il proprio paese in due momenti delicatissimi della sua storia (biglietti al botteghino, 8 euro intero, 5 euro ridotto per “over 65” e ”under 18”).

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La “Sinfonia n. 1”, detta “Classica”, di Sergej Prokof’ev (1891-1953) è in assoluto uno dei pezzi a buon diritto più eseguiti del ’900 musicale europeo, anche in virtù della sua patina semplice e coinvolgente. Composta prima della fine della Grande Guerra, fu rappresentata però la prima volta solo nell’aprile del 1918, con lo stesso autore che dirigeva l’ex Orchestra di Stato. Sebbene la numerazione possa ingannare ad una prima occhiata, la celeberrima Sinfonia in discorso è tutt’altro che il primo lavoro a grande organico del compositore russo: preceduta da diversi quadri e poemi sinfonici e da prove di più ridotte dimensioni, ma non meno riuscite, subì gli influssi anche degli esperimenti teatrali (opere e balletti) che avrebbero dato vita, da lì a pochi anni, ad autentici capolavori certamente molto congeniali all’autore. La musica di Prokof’ev è infatti espressiva ed eloquente, fantasiosa e dinamica, immediato ma non banale, al punto che il compositore venne apprezzato da quel maestro così poco propenso ai complimenti che fu Igor Stravinsky, con il quale l’autore era in contatto costante, ma non sempre amichevolissimo. A questa immediatezza comunicativa indiscutibile si aggiunge, soprattutto nel caso della “Classica”, una impronta sette-ottocentesca che attira il pubblico meno propenso alla musica del XX secolo.

Discorso in parte diverso invece per Nikolaj Rimsky-Korsakov (1844-1908) e il suo poema coreografico “Shéhérazade” (1888), rappresentato per la prima volta solo postumo, il 4 giugno 1910, a Parigi. Tanto Prokof’ev quanto Rimsky-Korsakov (che fu suo maestro al conservatorio di Pietroburgo) sono capisaldi indiscutibili della musica russa, anche per essere, l’uno e l’altro, dei punti di riferimento rispetto ad altri compositori più “eversivi”, cioè meno inquadrati nel regime statale. Ma mentre Prokof’ev conobbe l’esilio, sia pure volontario, e – salutato da tutti come un geniale innovatore e risanatore del panorama sovietico – arricchì all’estero il suo estro giocoso, la biografia di Rimsky-Korsakov è strettamente legata all’accademia russa, sia pure con estrema intelligenza e apertura mentale alle riforme occidentali. La fama di questo mostro sacro del conservatorio russo – sorta di consigliere di quel “Gruppo dei Cinque” che si era configurato come carta d’identità della musica russa – è legata a un’inarrivabile capacità di orchestrare le partiture, ma proprio in “Shéhérazade”, grazie al tema esotico tratto da “Le mille e una notte”, abbiamo la misura della sbrigliata fantasia timbrica e delle suggestive sonorità, che certo segnano una tappa fondamentale in questa corsa all’onirico Oriente, così come era visto e rappresentato nel secondo Ottocento da moltissimi compositori.

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