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Non è solo un servizio, ma nessuno lo sa: la piscina di Palermo è un bene architettonico

Del tutto incomprensibile, ma il progetto è di pregio artistico-monumentale e viene trattato come un qualunque edificio della città: il progetto è di Gianni Pirrone

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 18 gennaio 2018

La vasca esterna della piscina comunale di Palermo

Niente aperture, niente servizi, niente acqua calda: la piscina comunale di Palermo c'è ma non c'è, e la cosa grave sembra essere che nessuno sa che non è solo una infrastruttura: è un bene architettonico.

Progettata nel 1963, la piscina olimpionica del Parco della Favorita a firma dell'architetto Gianni Pirrone, verrà ultimata soltanto dieci anni dopo nel 1973.

Per le sue caratteristiche tecnico-costruttive, per il profondo rapporto che il manufatto intesse con la circostante area del Parco della Favorita, ma soprattutto con lo skyline del paesaggio del Monte Pellegrino, per il linguaggio composto e affidato a materiali poveri, privi di orpelli ma arricchito dalle singolari e puntuali soluzioni dei particolari costruttivi, l'edificio rappresenta una delle maggiori espressioni di architettura brutalista presenti in città.

Essa si ancora saldamente alla ricerca progettuale dell'architetto Gianni Pirrone, eclettico docente di progettazione architettonica della Facoltà di Architettura, studioso attento e del Liberty di Basile e brillante intellettuale sempre in linea con le tendenze avanguardistiche del progetto contemporaneo di respiro europeo.
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Basti ricordare la raffinatezza soluzione del castello per i tuffi in cemento armato facciavista e le brillanti soluzioni di accostamento tra il c.l.s. e gli intonaci bianchi, singolari soluzioni per quegli anni ma altamente qualificanti di un rapporto col progetto inteso come sperimentazione nel solco della storia.

Resta oggi del tutto incomprensibile come un manufatto di tale pregio artistico-monumentale venga trattato nella normale dialettica tra uso e manutenzione ordinaria, come un qualsiasi edificio di edilizia convenzionale e non misuri gli interventi necessari alla sua più lunga durata, attraverso l'ufficio del progetto in partnership con l'Università palermitana a cui spetta il primato di rapportarsi con esempi di architettura contemporanea di così alto livello stilistico, tale da annoverare l'opera tra le più interessanti soluzione progettuali di genere ludico-sportivo nei manuali di storia dell'architettura e tra le riviste di settore.

Nel solco con la tradizione centenaria che vede i maestri susseguirsi da Giuseppe Venanzio Marvuglia a Ernesto Basile, vogliamo ricordare la discendenza diretta nell'insegnamento dello stesso Pirrone attraverso uno dei suoi maestri, Edoardo Caracciolo.

Lo so, è soltanto una coincidenza, ma altre due opere del progettista palermitano scomparso nel 2004 versano in un medesimo stato di degrado soprattutto culturale, la scuola Vittorio Veneto di viale Michelangelo occupata abusivamente a cinque metri dal presidio della Guardia di Finanza e la ringhiera di sicurezza in metallo sul ponte Corleone divorata da ruberie e lacune.

Opere tutte, che testimoniano insieme il valore imprescindibile del progetto e del suo primato culturale di ordine e misura ragionata sul caos, ma che al contempo ci mettono davanti le nostre responsabilità nei riguardi di questo terribile Alzheimer culturale della mancata valorizzazione che divora pezzi interi delle nostre più recenti radici monumentali.
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