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Con “La nave fantasma” una scossa alle coscienze

Proprio bizzarro il nostro paese: mentre l’ignoranza cresce e i segreti di stato si moltiplicano (il prossimo: l’uccisione del generoso Nicola Calipari durante la liberazione della giornalista Giuliana Sgrena), il teatro diventa sempre più spesso impegno civile portando un po’ di luce nel buio profondo della coscienza collettiva. Parliamo infatti del toccante “La nave fantasma”, scritto da Giovanni Maria Bellu, Renato Sarti e Bebo Storti, con la regia di Sarti, interpretato dall’affiatata coppia Sarti – Storti (le musiche di Carlo Boccadoro, i disegni di Emanuele Luzzati). Innanzitutto occorre ringraziare il Circuito Teatrale Regionale Siciliano che, con il patrocinio del Comune di Palermo, ha portato in città il lavoro (una produzione Teatro della Cooperativa), andato in scena il 5 marzo ai Cantieri culturali alla Zisa, nello spazio Ducrot; quindi ecco lo spettacolo. Basandosi su una rigorosa ricostruzione degli eventi (la più grande sciagura navale avvenuta nel mar Mediterraneo dopo la seconda guerra mondiale, un naufragio avvenuto nel 1996 nel quale persero la vita ben 283 clandestini, Pakistani, Indiani e dello Srilanka) ad opera del giornalista Bellu, il lavoro è una sorta di cabaret tragico nel quale, oltre al dramma dei luttuosi fatti, si denuncia la cinica indifferenza delle autorità italiane che, vergognosamente e nonostante l’appello dei quattro premi Nobel (Renato Dulbecco, Dario Fo, Rita Levi Montalcini e Carlo Rubbia), nulla hanno fatto a riguardo: il relitto della nave con i poveri resti delle vittime giace ancora in fondo al mare (alla fine dello spettacolo viene proiettato il video, eseguito a spese del quotidiano “La Repubblica”, che testimonia questa orrenda realtà), così come, analogamente, l’appello con le illustri firme, giace in qualche ufficio del Senato.

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Ma torniamo allo spettacolo: i due bravissimi attori (un esuberante Storti e un pacato Sarti) ci raccontano del vergognoso silenzio dei pescatori della zona di Porto Palo (di Pachino) su quei corpi che ogni tanto si imbrigliavano nelle reti, ci informano della scarsa attenzione data dai media e dalla stampa alla disgrazia, e poi, dopo un ironico e paradossale quiz televisivo, col quale rievocano il nostro passato di popolo di migranti vilipesi e offesi (sì, anche noi, per chi l’avesse dimenticato), dopo avere instaurato un contatto col pubblico con improvvisazioni e risate (e solo i grandi sanno far ridere con le disgrazie), grazie anche ai trasformismi di Storti (comicità a parte, quasi indigna il disgusto che suscita il leghista Borghezio, sia in imitazione che dal vero, ascoltandone la voce registrata in un comizio), attraverso un semplice ed efficace impianto scenico, infine, ricostruiscono quel drammatico naufragio. Uno spettacolo di denuncia, che scuote le coscienze (è questo il loro modo di intendere il teatro, si è visto anche col precedente lavoro”Mai morti”, e li ringraziamo per questo), la cui visione avrebbe giovato molto ai giovani, principali ignare vittime di questi tempi bui, che però purtroppo l’altra sera non erano numerosi. E allora in chiusura, ci chiediamo: perché non si propongono anche alle scuole superiori questi spettacoli utili per sviluppare un’autentica coscienza civile, umanitaria, di solidarietà e unione fra i popoli (più importante che mai in questa epoca nella quale la violenza imperversa ovunque), oltre che film sulla mafia?

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