STORIA E TRADIZIONI
Li vedi quando vuoi posteggiare: chi sono i "siggitari" e come sono arrivati a Palermo
Il racconto, tra il serio e il faceto, di una figura presente in ogni quartiere che ti chiede "un caffè". Come sono arrivati nell'Isola e che cosa facevano per vivere
Alla zia Asparina la sciarpa fatta a mano nei maglifici solidali dei paesi in via di sviluppo con lana grezza riciclata che pare carta vetrata grana 50 non è che c’attigghiò particolarmente, ed ormai trovare un regalo al piccolo Tanino che esuli da videogiochi in cui cristiani si sparano per motivi ignoti è diventata un’impresa.
Concettina da quando ha visto i video su youtube sul made in Italy e mangiar sano si nutre di solo biologico a km 0 convinta che il sovranismo alimentare sia un dovere patriottico, ed allora devi inventarti la pasta al forno con il seitan al posto del capuliato e gli anelletti fatti di soli grani antichi, il tutto da produzione rigorosamente italianissima!
Ribadisco, non è che voglio fare u nimico da cuntittizza, e sono il primo a priarmi del calore familiare, ma alla fine di tutto, innegabilmente, ti ritrovi stravolto, ti guardi in faccia con la dolce metà ed il cane di mannara e concordate un’evasione tipo una bella passiata alla marina con la bestiola che corre felice sul prato ed i padroni eccati nell’erba ad ammirare il cielo.
Si piglia l’auto e ci si compiace del picca traffico incocciato e che incredibilmente tutti sembrano rispettare lo stop e mettere la freccia, si arriva e la dea dei girovaghi in cerca di posto fa trovare un pirtuso, tutto va bene, la vita è bella, vai per scendere, ma all’improvviso a tipo teletrasporto di StarTrek arriva lui.
Al cane c’arrizza u pilu, i cristiani santiano, ma lui si avvicina tronfio e baldanzoso mettendo bene in evidenza il marsupio tintinnante di monetine, il minchia di fischietto che usa in modo compulsivo, ed anche se l’auto è perfettamente posteggiata, urla ad un centimetro dalla faccia «Rutturi!!! A mittissi chiù a destra ca ci trase un tir…».
La strategia classica è far finta di nulla, persino il cane di mannara lo snobba, ma iddu insiste «rutturi, u posteggio viene un euro l’ora, ca c’è u grattinu!». A parte il fatto che a forza di urlare "rutture" fa venire voglia di fargli provare la mistica esperienza di una rimozione di calcolo biliare senza anestesia, uno cerca di affrontare pacatamente la situazione, «no guardi sto facendo tutto con l’ app…». E lui prontamente: «N’cà… ora tutti tecnologici siete, chi fa un mi l’avi a fari pigghiari u cafè?».
Allora accumincio a cercare ni sacchiette, nella borsa della dolce metà, nello zaino dove c’è il necessaire per il cane di mannara, nel portaoggetti vicino il cambio, che li c’è sempre, e finalmente la trovo! Con un sorriso amichevole c’ha mettu ni mano, «ragiune avi, tinissi ca, accuminciasse ra bustina i zucchero!».
Ora a parte u babbio, ammetto che poche cose al mondo riescono a provocare in me un’irritazione come quella degli “amichevoli” posteggiatori abusivi di quartiere, soprattutto quando devo anche assupparmi tutti quelli che li giustificano, “e chi fa mischini è megghiu ca rubano? Un si l’hanno a puittare u pani a casa?», senza capire che sti cosi inutili stanno già rubando e spesso con l’aggravante dell’ estorsione.
Ma non sono qua per fare il bravo cittadino dell’anno, e, nonostante meritino di essere pigliati a boffe a due a due fino a quando addiventano dispari, ho scoperto che anche loro, per quanto malaminnitta siano, forse possono vantare dei, magari non nobili, ma antichi “natali”.
Ai tempi di nobiltà e carrozze esistevano i "vastasi i cinghia" o "siggitari" il cui compito principale era quello di affittare mezzi, dapprima delle semplici portantine e poi delle vere e proprie carrozze, a coloro che non ne possedevano una, fungendo a volte anche come una sorta di taxi.
Inevitabilmente si trovavano spesso nei luoghi affollati della città, in mezzo la "movida" dell’ epoca, così, spesso, si arrogavano il "diritto" di decidere dove i nobili dovessero “posteggiare” il loro mezzo di locomozione, dislocandoli in modo tale che la loro attività non fosse "oscurata".
Indirettamente, in questo modo, si evitava che le carrozze, sempre più grandi ed imponenti perché al nobile panormita ci piaceva assai allattariarisi, ne ostacolassero altre, oppure bloccassero un passaggio, evitando così aggaddi e sciarratine che a volte, quasi sempre, sfociavano in duelli.
I siggitari si accorsero che volente o dolente la loro "attività" alla fine a qualcosa serviva, e magari veniva anche apprezzata, al punto che alle feste si diffuse la moda di avere un addetto che pensasse al posteggio delle carrozze. Va da sé che esigere un obolo per il loro operato era cosa buona e giusta, e, per rimarcare l’“essenzialità” dei loro servizi, chi si opponeva al pagamento poteva anche trovare qualche “dispetto” nel mezzo.
Ma nella Campania, regione a noi cugina, i “pustiggiuaturi” erano anche dei suonatori ambulanti che, in cambio di una moneta, allietavano il passio dei gentiluomini e gentildonne.
La cosa arrivò anche in Sicilia, ed il fenomeno divenne talmente tanto diffuso da costringere Federico II ad emanare una serie di ordinanze che contenessero severamente il proliferare di menestrelli.
Ma intere famiglie si sorreggevano sull’ economia del canto libero, così i pusteggiaturi si riciclarono prestando le loro doti per servizi personali di natura amorosa.
Con il favore delle tenebre, r’ammucciuni a tutti, che poi era una pigghiata pi fissa perché tutti sapevano tutto, lo spasimante si presentava con fiori e pusteggiatore sotto la finestra dell’ innamorata pi farici a “puosta”, la serenata.
Alla fine della cantata dalla finestra venivano lanciati frutta secca, calia e confetti in segno di festa e per far capire che la puosta era stata apprezzata ed accettata. Quindi, la prossima volta che un posteggiatore vi chiede un caffè voi chiedetegli in cambio una canzone, magari scoprirete un nuovo talento!
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