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La (triste) storia di Maria d'Aragona e Guglielmo Moncada: "Romeo e Giulietta" di Sicilia

Si avvicina San Valentino e vi raccontiamo una storia accaduta nell'Isola secoli fa, con un finale senza alcun spargimento di sangue ma con il cuore spezzato

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 6 febbraio 2023

Il Castello Ursino di Catania

Maria di Sicilia, detta anche d'Aragona, ovvero la storia di una regina senza, fortuna senza corona... e senza amore. Se fosse andata diversamente sarebbe stata "Regina di Trinacria e duchessa di Atene e Neopatria, ereditando I titoli di suo padre Federico IV.

Nell'avvicinarsi di San Valentino vi racconto una storia d'altri tempi accaduta nella Sicilia di qualche secolo fa, un Romeo e Giulietta senza spargimento di sangue ma dal cuore spezzato, almeno quello di lei.

Siamo nella Catania della fine del quattordicesimo secolo in una fredda notte di gennaio, lo scenario è quello del castello Ursino, un maniero turrito residenza/prigione di una principessa erede di un trono sul quale non sedette mai se non come consorte.

Lei era Maria figlia del Re Federico IV e della prima moglie Costanza d'Aragona, imprigionata dal vicario Artale la cui idea non era certo quella di vedere una donna al trono.

Nemmeno la seconda consorte Antonia del Balzo aveva generato figli maschi prima della prematura morte del re, lasciando il regno nel caos e una erede non solo donna ma pure adolescente, affidata in punto di morte a quattro vicari: Manfredi Chiaramonte, Francesco Ventimiglia, Guglielmo Peralta e Artale Aragona che aveva architettato di mandarla sposa a Milano al potente Gian Galeazzo Visconti, diventando il padrone della città e dei suoi possedimenti.
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Le cronache storiche raccontano della liberazione della quale fu artefice Re Pietro IV re di Spagna che voleva di nuovo la corona del regno di Sicilia, incaricando Guglielmo Raimondo III Moncada conte di Augusta, detto il conquistatore, che voleva riacquisire il potere perso dopo la nomina dei quattro vicari.

La leggenda, invece, racconta una versione più romantica da favola, nella quale il Moncada sarebbe stato perdutamente innamorato della bella principessa, oltre ad avere mire non indifferenti sul trono.

Così il 23 gennaio del 1387 con una rocambolesca incursione Maria venne rapita e portata prima ad Augusta, poi a Licata, successivamente in Sardegna e poi a Barcellona dove in realtà, da liberata si trasformerà in rinchiusa ma, soprattutto, lontana dal suo amore che non poté né accompagnarla e tantomeno raggiungerla, fermato in Sicilia.

Maria senza un regno e senza pretendente, assediata dalle insistenze e dalle pressioni del suo "Re liberatore" capitolò cedendo diventando sposa di Martino detto Il Giovane, figlio di Pietro IV. Così da regina divenne solo consorte tornando nella sua terra incoronata con il marito nella cattedrale di Palermo nel 1392, dove Guglielmo Moncada non poté fare altro che assistere alla regale cerimonia.

La sua storia purtroppo, non continuò felicemente: nel suo castello catanese il 17 novembre del 1398 la Regina diede alla luce l’erede al trono al quale venne imposto il nome di Pietro in onore del padre del Re, che però non visse a lungo, pare perdendo la vita durante una giostra.

Indebolita dalla perdita straziante e dalla peste del 1401, si spense il 25 marzo a Lentini, nel suo letto, lasciando il posto ad un'altra consorte, donna oggi è ricordata come una grande Regina il cui nome è Bianca di Navarra che regnerà lasciando il segno in pagine storiche.

Il suo corpo riposa insieme a quello del suo piccolo Federico, e altre teste coronate, nella cappella della Madonna del Rosario dentro la monumentale Cattedrale di Sant'Agata, rimasta per sempre nella sua Catania.

In quanto a Guglielmo ebbe due mogli, Beatrice Alagona Palizzi, figlia di Giovanni conte di Novara e Stefania Carroz Lauria, figlia di Francesco ammiraglio catalano e governatore del regno di Sardegna e Corsica.
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