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La sua vita sembra quasi un romanzo, ispirò molti siciliani: chi fu Angelo Cristina Curella

Poeta e scrittore siciliano del '900, considerato il padre della Banca Sant'Angelo, riuscì con impegno e valori saldi a realizzare il suo sogno nella sua amata terra

Balarm
La redazione
  • 1 novembre 2023

Una figura di grande ispirazione, ancora per molti da scoprire, nella cultura letteraria italiana del secolo scorso.

Angelo Cristina Curella, poeta e scrittore siciliano del Novecento, considerato il padre della Banca Sant'Angelo, ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura italiana con la sua poesia ricca di immagini e profonde riflessioni sulla vita, la natura e la cultura siciliana.

Nato il 31 gennaio 1899 a Licata e scomparso la notte tra il 3 e il 4 ottobre del 1967 a Roma, ha lasciato un'ampia produzione letteraria, frutto di una vita segnata dalla guerra, dagli impegni pubblici ma anche guidata dall'amore e dai valori saldi che la contraddistinguono. Oltre a un legame viscerale con la sua terra.

Può essere considerato un testimone della sua epoca e della cultura siciliana. L’antologia degli scritti di Angelo Cristina Curella, curata da Calogero Carità, offre una ricca panoramica della sua opera e rappresenta.

Questa antologia permette infatti ai lettori di immergersi nell’universo poetico di Curella, di comprendere le sue influenze e di apprezzare la sua abilità di catturare l’anima e l’essenza della Sicilia nel Novecento.
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La sua opera, purtroppo, è rimasta in gran parte sottovalutata durante la vita, ma negli anni successivi alla sua morte, le sue poesie sono state scoperte e celebrate come autentiche gemme della letteratura siciliana e italiana. Oggi, l’antologia dei suoi scritti rappresenta una testimonianza preziosa della sua eredità poetica ed è stata donata alla biblioteca Lucchesiana di Agrigento.

Nel 2016, in un libro curato da Giovanni Criscione, "Le radici e le ali" sulla vita dello storico presidente dell'istituto di credito, Nicolò Curella, figlio di Angelo, emerge uno spaccato intimo anche della storia del padre. Dettagli che ci restituiscono particolari avvincenti, sembra quasi di leggere un romanzo.

Angelo Curella ha attraversato periodi di turbolenza e cambiamento nella storia siciliana e italiana, e questi eventi hanno influenzato profondamente la sua scrittura.

Angelo proveniva da una famiglia numerosa e di condizioni economiche modeste, il padre era un calzolaio, un mestiere che aveva appreso tra le mura di casa, e sperava che avrebbe lasciato la sua bottega al figlio, una volta che avesse avuto l'età giusta per prendere il suo posto.

Fu però lo zio sacerdote, nell’ambito del suo magistero educativo, a scoprire le capacità del nipote e convinse Nicolò senior a mandare il ragazzo a scuola. L’artigiano, pur riluttante, diede fondo ai suoi risparmi per permettere al figlio di studiare, prima a Licata e poi a Girgenti (oggi Agrigento). Furono soldi ben spesi. Angelo conseguì due diplomi: uno da ragioniere, l’altro da maestro.

Poi si iscrisse alla Facoltà di Lettere di Palermo. E per pagarsi l’università lavorò come insegnante.

Allo scoppio della Grande guerra, partì volontario per il fronte. Fu destinato all’altopiano di Asiago, con il grado di sottotenente di fanteria. Gli orrori della trincea lo spinsero a rifugiarsi, durante le pause della vita militare, nella bellezza della poesia.

Tornato dal fronte con i gradi di tenente e una medaglia al valore, Angelo riprese gli studi interrotti. Forse cedendo alla pressione dei genitori che spingevano per indirizzarlo verso l’indipendenza economica, passò alla Facoltà di Legge e si laureò a pieni voti.

Ma non per questo abbandonò la passione per le lettere. In quegli anni fondò alcune riviste («Mara», Licata, poi Palermo, 1923- 1924; «Avancrociata», Licata, poi Palermo, poi Siena, 1921-1926).

Tuttavia, fin dalla metà degli anni Venti, al giovanile fervore di studi letterari si erano affiancati nuovi interessi professionali. Le accresciute necessità familiari lo spingevano verso un’occupazione meno aleatoria e più redditizia di quella giornalistico-letteraria.

Nell’ottobre 1925 Angelo si era sposato con Clotilde Frixa (Messina, 1897 – Licata, 1937), figlia di Sebastiano, ufficiale della dogana (venuto a mancare in quello stesso anno), e di Luisa Muscia.

Intanto, aveva iniziato a muovere i primi passi come avvocato negli ambienti forensi provinciali e nel frattempo studiava da magistrato. Aveva da poco affrontato il concorso per la magistratura e attendeva l’esito dell’esame, quando nel 1927 gli giunse inaspettata un’offerta di lavoro che stravolse i suoi progetti di vita.

Lo zio sacerdote gli offrì l’incarico di direttore nell’ex Unione economica popolare, una cooperativa di credito sor- ta nel 1920 per sostenere l’economia locale.

A Licata come in altri centri della Sicilia, era avvertita la necessità di una banca che venisse incontro alle esigenze delle piccole imprese, sul modello degli istituti di credito popolari che erano sorti già alla fine dell’Ottocento in varie regioni d’Italia per opera di Luigi Luzzati, apostolo dei principi cooperativistici.

Nel 1920, nasceva la Banca Popolare Sant'Angelo, con la prima denominazione di "Unione Economica Popolare" su iniziativa di Angelo Curella, fondatore e anima dell‘istituto per molti anni, allo scopo di sostenere la piccola e media impresa, le famiglie, gli artigiani e i piccoli risparmiatori del territorio d‘elezione.

Un impegno sociale, quello del suo fondatore, che si riflette anche sulla sua poesia. Essa spazia dall’amore alla politica, dalla spiritualità alla vita quotidiana, riflettendo le sfumature complesse della sua esperienza di vita.


Il nuovo soggetto economico assunse la denominazione di "Banca Sant’Angelo" – in onore del Santo patrono di Licata, quasi a sottolineare la matrice cattolica e il legame con il territorio – e si affidò a un direttore esterno alla compagine sociale, che fu individua- to nella figura integerrima di Angelo Curella.

Il giovane avvocato, oltre a ridare lustro e credibilità alla cooperativa, piaceva agli azionisti perché proveniva, come loro, dalla piccola borghesia licatese.

Grazie alla sua intelligenza e capacità di sacrificio, era riuscito a superare i condizionamenti ambientali e a elevarsi culturalmente e socialmente. Era un uomo di legge dalla squisita sensibilità letteraria, ma aveva anche un diploma di ragioniere in tasca. Insomma, l’uomo giusto al posto giusto.

Angelo Curella si sarebbe rivelato anche un eccellente manager, contribuendo con le sue spiccate doti imprenditoriali alla crescita e all’affermazione del piccolo istituto di credito. Oggi è considerato il "padre" per antonomasia della Sant’Angelo. All’attività di banchiere, inoltre, affiancò quella di vicepretore onorario dal 1926 al 1938.

Intanto, nel 1932, dopo sette anni di matrimonio, nacque Maria Cristina, la prima e unica figlia di Clotilde Frixa.

La sua vita fu poi segnata quindi da un grave lutto. Perse la prima moglie nel 1937. Al dolore per la scomparsa della consorte, si aggiunse per Angelo la difficoltà di crescere da solo una figlia piccola, anche a fronte del nuovo carico di impegni e responsabilità che gli derivavano dalla nomina prima a commissario prefettizio e poi a podestà di Licata, giunta all’inizio del 1938.

Nel 1938, tra i primi provvedimenti attuati come podestà, vi fu l’istituzione del Liceo Comunale “Vincenzo Linares” dove conobbe Ines Giganti, giovane e brillante docente di Lettere, la sua seconda moglie.

«All’epoca a Licata non c’era il Liceo - ricorda Maria Cristina Curella -. Allora papà pensò di farne uno comunale. Ma mancavano i professori. Così scelse personalmente i docenti più bravi. Alcuni li conosceva già. Altri glieli segnalarono e lui prese opportune informazioni. Per il latino e il greco gli fecero il nome di una signorina molto brava che si era laureata a Firenze.

E lui la convocò pregandola di accettare l’incarico. Quello fu il loro primo incontro. Mio padre era molto accurato e preciso in tutte le sue cose. E perciò andava sempre a verificare il lavoro degli insegnanti. E così approfondirono la loro co- noscenza e si fidanzarono. Rimasero fidanzati per sei mesi».

La guerra incombeva e l’arrivo della cartolina-precetto interruppe bruscamente il loro amore. Durante un’esecitazione, l’ufficiale cadde da cavallo e si fratturò una gamba. Il doloroso incidente si rivelò provvidenziale. Congedato dall’ospedale militare di Palermo dopo una breve degenza e restituito alla vita civile, poté sposare l’amata.

Il matrimonio fu subito benedetto dall’arrivo di due figli: Nicolò (1941) e Gabriella (1943). Maria Cristina, già adolescente, accudì quei bimbi con l’amorevolezza di una madre. Di quegli anni conserva ricordi felici.

«Quando nacque Nicolò – racconta – io avevo dieci anni. La notte c’era stato un bombardamento. Dopo pochissimi giorni andammo a rifugiarci in una casetta fuori città, a Monserrato. Sennonché si diceva che ci sarebbe stato lo sbarco. In fondo ce lo aspettavamo. Monserrato era sul mare. Mio padre pensava che lì saremmo stati in pericolo. “Se fanno lo sbarco – diceva – vengono da qui (indicava il mare). Meglio andarcene”.

E ce ne siamo andati allo Stagnone, vicino Pontillo, nell’entroterra catese, nella casa degli zii Nino Bosio e Mafalda Lo Monaco, parenti della seconda moglie di mio padre. Là siamo stati bene, in verità. Poi a me ragazzina, con Nicolò e Gabriella bambini, sembrava di stare in villeggiatura».

Gli anni post bellici furono difficili per la famiglia Curella anche se il supporto familiare fu molto importante per lui, e lo aiutò a superare un periodo altrimenti complicato. La docente condivise con il marito non solo i valori cattolici, il senso della famiglia e l’impegno politico, ma anche la passione per la banca.

Sotto la sua presidenza, la Banca Sant’Angelo avviò un’espansione nelle province di Agrigento e Caltanissetta, con l’apertura delle filiali di Palma di Montechiaro, Butera, Lampedusa e Porto Empedocle, e raggiunse il traguardo storico del primo miliardo di lire in depositi nel 1961.

Se dalla dimensione pubblica ci si sposta a quella privata, grazie alla testimonianza dei figli, si possono osservare scene di vita domestica e familiare, all’insegna della serenità e della sobrietà. La famiglia Curella si era allargata con la nascita dei figli Enrico (1948), Fatima (1950), Daniela (1952), Manuela (1955) e Anna (1956).

Oggi a raccogliere la sua eredità c'è la nipote Ines Curella, amministratore delegato della Banca Sant'Angelo: «Nella mia attività quotidiana la sua figura rappresenta un punto di riferimento imprescindibile - spiega - pur essendo trascorso un secolo dalla nascita della banca, lo scopo e le finalità del nostro lavoro quotidiano sono rimasti sostanzialmente immutati: sostenere e incentivare lo sviluppo economico e sociale della nostra terra».

E aggiunge: «Fondamentalmente, il lascito professionale, umano e spirituale di mio nonno ha sempre permeato la nostra famiglia. Nelle pagine delle sue opere, spicca su tutto la sua esemplare capacità di ispirare sempre le proprie azioni, soprattutto nell’attività professionale e sociale, a quei fondamentali valori cristiani, umani ed etici che ispirarono e guidarono anche la sua vita letteraria e poetica».

Nostante il suo vissuto, così intenso e ricco di sfide, Angelo Cristina Curella non dimenticò mai la sua passione per la letteratura e per la Sicilia. Una delle sue opere più celebrate è la raccolta di poesie "Versi Siciliani", in cui Curella esprime il suo amore per la terra natale attraverso versi intrisi di passione e nostalgia.

Le sue parole ci restituiscono ancora oggi immagini vivide della Sicilia, catturando la bellezza dei paesaggi rurali, l’ardore dei suoi abitanti e la ricchezza della sua cultura.

Per Ines Curella non è facile scegliere un’opera fra tutte, anche perché c’è un filo conduttore che le accomuna, «ossia il desiderio profondo di indagare il visibile, la semplice realtà quotidiana, pur nella sua sacra valenza di “vita in quanto dono”».

«Mi hanno sempre emozionata le liriche cosiddette "di guerra", quelle scritte al fronte, in trincea, che sembrano nate di getto - conclude - con l’anima a nudo come solo in certi drammatici frangenti è possibile.

E poi una in particolare, "Quando sarò padre", accolta nell’ultima sua silloge, "Ricchezza", in cui, con un tono quasi di preghiera, chiede per i figli che un giorno verranno la forza e il coraggio per affrontare le difficoltà dell’esistenza».
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