TRADIZIONI

HomeNewsFood & WineTradizioni

La regina sterile che partorì una pianta: la leggenda (sicula) sull'origine del rosmarino

Una storia raccontata da un noto scrittore siciliano, piena di classici intrecci, che narra le peripezie di una "strana" principessa. Non resta che scoprire come finisce

Alessandro Panno
Appassionato di sicilianità
  • 2 aprile 2023

Così come l’uomo è sempre stato attirato dal mistero, dall’incognito e dal piacere della nuova scoperta, ai tempi, (e magari anche qualche anno più in là), anche noi picciuttunazzi si era attirati dall’ ignoto e la scoperta, anche se spesso questi due aggettivi si limitavano alle prime ubriacature e il fumare qualcosa di alternativo al tabacco che desse la possibilità di espandere i confini pschici della propria mente e dire minchiate col botto.

Ma i piccioli per espandere i suddetti confini, erano sempre troppo pochi, ed allora , dietro consiglio del cugino grande o dell’ amico dell’ amico chi scagghiuna si optava per erbette alternative.

Dentro le cartine ci finirono origano, menta e salvia, che manco dovessimo fare un mix per arrosti, ma tra tutte spiccava il rosmarino, che alla fine era pure piacevole e profumato, ma degli sperati effetti da figli dei fiori mancu pu chignu!

Oggi che sono grande, (anagraficamente), il rosmarino lo uso prevalmentemente in cucina, ed avendone a disposizione un sorta di selva oscura in giardino, praticamente lo metto unneghhiè, compreso il latte mattutino, e mi prio quando il vento del mare lo boffìa e fa arrivare il profumo fin dentro casa.
Adv
Il nome, difatti, dovrebbe derivare dal latino Ros Maris, ovverosia rugiada di mare proprio per la sua propensione a crescere nelle zone costiere, ma anche i greci, che si sa, si priano ad essere "a cucchiara di tutte i pignatte", rivendicano la paternità del nome con Rhops, ovvero arbusto, e Myrinos, cioè aromatico, caratteristiche che, in effetti, non mancano. Insomma la pianta di Rosmarino è molto più un’ aromatica o un’ esperimento “fumatorio”.

Nonostante non sia proprio orignario della fascia mediterranea, ma provenga da Asia ed Africa, sia i greci che i romani conoscevano bene questa pianta, al punto che erano soliti mettere tra le mani dei defunti dei rametti di rosmarino per favorirne il viaggio verso l’ oltretomba, pratica in voga persino presso gli egiziani.

I romani usavano cingere il capo dei Lari, (che non erano persone particolarmente brutte, ma dei numi protettori della casa e famiglia), per avere la loro benevolenza, ed i greci usavano detergere partorienti e nascituri con un una sorta di infuso di Rosmarino credendo che questo li avrebbe preservati dai malanni e cattive influenze.

Il filosofo e botanico greco Teofrasto, lo raccomandava per le sue proprietà antisettiche, stimolanti, digestive e antiputreffattive, consigliandolo in particolar modo per la cottura delle carni.

Lo stesso Ovidio, nella sua Metamorfosi, narra della principessa Leucotoe, figlia del re di Persia, che dopo essere stata sedotta da quel gran fimminaro e sdisonarato di Apollo, dovette pure subire, mischina, le ire del padre che la uccise. Fu così che Apollo, avendo pietà della ragazza e sentendosi colpevole della sua morte, fece in modo che il sole illuminasse constantemente la sua tomba, al punto che i raggi riuscirono a raggiungere il corpo della malcapitata, traformandola in una pianta dalle intense fragranze, delicate e eleganti foglie e bellisismi fiori azzurri su cui si posavano api e farfalle.

Presumibilmente, avendo come ispirazione il poeta e letterato romano, nacque la leggenda, tutta siciliana, di Rosmarina. Ne fa menzione Giuseppe Pitrè nel primo volume di “fiabe, novelle e racconti popolari siciliani” del 1875, in cui narra di una regina desiderosa di poter avere un figlio, ma purtroppo sterile.

Trovava unico conforto nelle lunghe passeggiate nei giardini del castello ove abitava, ove si imbattè in una pianta carica di nuovi germogli.

Infuriata dall’ingiustizia per cui una semplice pianta potesse avere tutti quei germogli e lei non riuscisse ad avere un figlio, la maltrattò per poi tornare furiosamente nelle sue stanze. Passò poco tempo, e probabilmente anche qualche piacevole incursione amorosa del consorte, che la regina di scoprì essere incinta.

Gioia, tripudio e festeggiamenti, ma proprio mentre stava organizzando il babyshower la nobile partorì una semplice pianticella di Rosmarino, della quale, tuttavia, se ne prese cura come fosse una figlia, innaffiandola con il suo stesso latte materno e battezzandola con il nome di Rosmarina.

Rosmarina, circondata dalle cure e dall’amore della madre, crebbe rigogliosa e folta, ma un giorno venne in visita quello sconzaioco del nipote della regina, futuro re di Spagna, che, venendo colpito dalla bellezza della pianta, la rubò per portarla con se in patria, continuando a nutrirla con del latte di capra. Il tempò passò, ed il nipote da ladruncolo minchione divenne un saggio sovrano, con la passione per la musica e dilettandosi a suonare il flauto.

Evidenemente il sovrano tanto scarso non doveva essere, perchè un bel giorno, mentre era intento in un freestyle, dalla pianta rubata vide uscire una ragazza di una bellezza accecante e della quale si innamorò perdutamente.

Così giorno dopo giorno il sovrano si recava dinanzi l’arbusto per suonare il flauto e godere della delicata visione di Rosmarina. Ma si sa, i passapitittto sono sempre in agguato, e così il sovrano dovette partire per difendere il suo paese da una guerra ed affidò alle cure del proprio giardiniere di fiducia Rosmarina. Ma come in tutte le favole degne di questo nome, le sorelle tinte del monarca, invidiose delle bellezza e grazia di Rosmarina, sfogarono sulla pianta la loro raggia di zitelle.

Il giardiniere, preso atto della tragedia, scappottò della bella per paura delle ritorsione del re, e corredo correndo, esausto, si appisolò sul ramo di un albero.

Fu risvegliato da un strano vociare, e stava quasi per pigliarsi la questione, quando si accorse che il brusio provenivano da una coppia di draghi che si erano fermati li a riposare.

Si sa come sono i draghi e giardinieri, tipi affabili, e così tra un s’abbinirica ed un cumpà, gli raccontò il motivo per cui era in fuga. La coppia allora gli rivelò che l’unica soluzione era versare sulla pianta una pozione fatta del sangue di un drago maschio e del grasso di un drago femmina, ma che, per ovvi motivi, loro non erano disponibili, e che, comunque, poi glieli mandavano loro una coppia di draghi sacrificabili.

Ma il giardiniere che, scantato lo era ma fissa no, aspettò che i due draghi di addormentassero per ucciderli e preparare così il magico unguento.

Tornato in fretta in furia al castello il giardiniere cominciò ad innaffiare la pianta con la pozione fin quando la bellissima Rosmarina apparve per non rintrasformarsi mai più in vegetale, così che il re, tornato incolume dalla guerra, potè sposarla tra grandi festeggiamenti. E vissero per sempre felici e contenti!
Se ti è piaciuto questo articolo, continua a seguirci...
Iscriviti alla newsletter
Cliccando su "Iscriviti" confermo di aver preso visione dell'informativa sul trattamento dei dati.

GLI ARTICOLI PIÙ LETTI