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La prima siciliana che compose in volgare: la sua storia è un mistero come il (vero) nome

Il toscano Dante da Maiano se ne innamorò perdutamente senza neanche conoscerla, solo a causa dei suoi versi. Una strada di Palermo è dedicata a lei

Fonso Genchi
Presidente dell'Accademia della Lingua Siciliana
  • 1 dicembre 2023

"Miniatura del XV secolo dal libro La città delle dame"

La prima donna che si dilettò a comporre rime in un volgare di area oggi italiana fu una siciliana. Il toscano Dante da Maiano se ne innamorò pazzamente senza neppure conoscerla, solo a causa dei suoi versi. Fu così che le dedicò e le inviò un primo sonetto.

Nina Siciliana – conosciuta (poco) anche come Nina da Messina o, ancora, "Monna Nina"- fu una poetessa in lingua siciliana di fine ‘200 che allora affascinò il rimatore toscano ma che affascina ancora oggi, rimanendo quasi completamente avvolta nel mistero.

Di lei non si conosce il nome completo - "Nina" dovrebbe essere solo un diminutivo – e neppure il cognome e il luogo di nascita. Secondo Girolamo Renda Ragusa, letterato di Modica, e Leone Allacci, studioso di origini greche (ambedue del XVII sec.) era di Messina; secondo il Mongitore, era di Palermo; ma sono solo delle supposizioni derivanti dall’attestazione in Sicilia, a quei tempi, del nome "Nina".
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Intanto, entrambe le città le hanno dedicato una strada: via Nina Siciliana (Palermo); via Nina da Messina (Messina).

Nina rispose al di lei invaghito Dante da Maiano con un altro sonetto, "Qual sete voi, sì cara preferenza", intrattenendo, così, uno scambio epistolare poetico. A causa di questa relazione amorosa platonica è ricordata anche come "La Nina del Dante".

Lo scambio di sonetti tra Nina e Dante è giunto a noi grazie alla raccolta "Sonetti e canzoni di diversi antichi autori toscani", edita nel 1527 a Firenze da Giunti e, per ciò, detta comunemente "Giuntina di Rime Antiche".

Non c’è altra menzione di Nina in nessun altro libro o manoscritto. Eppure alcuni studiosi le hanno attribuito altri componimenti. Per il Trucchi, filologo toscano dell’800, è lei l’autrice del sonetto "Tapina me", presente in versione toscanizzata nel codice Vaticano Latino 3793, di fine XIII/inizio XIV secolo, che definisce "un prezioso gioiello", quale, con le sue metafore e – secondo alcuni – allusioni sessuali, effettivamente è:

"Tapina me che amava uno sparviero, amaval tanto ch'io me ne moria;
a lo richiamo ben m'era maniero, ed unque troppo pascer nol dovia.
Or è montato e salito sì altero, assai più altero che far non solia;
ed è assiso dentro a un verziero, e un'altra donna l'averà in balìa.
Isparvier mio, ch'io t'avea nodrito; sonaglio d'oro ti facea portare,
perché nell'uccellar fossi più ardito. Or sei salito siccome lo mare,
ed hai rotto li geti e sei fuggito, quando eri fermo nel tuo uccellare".


Inoltre, secondo l'erudito palermitano del XIX secolo Agostino Gallo, potrebbe essere stata proprio Nina a comporre il sonetto “Onde si muove, e donde nasce amore?” diretto a un tal Guido, forse Cavalcanti, e generalmente attribuito a Guido Orlandi. Alcuni studiosi, invece, hanno addirittura dubitato della sua effettiva storicità.

Nel 1877, in "Studi d'erudizione e d'arte", il poeta e critico letterario Adolfo Borgognoni propose la tesi - ribadita un anno dopo in un suo articolo pubblicato sulla "Nuova Antologia" dal titolo abbastanza significativo: "La condanna capitale di una bella signora" - che Nina, in realtà, fosse "nata" proprio nell’officina tipografica dei Giunti.

C’è da dire che lo stesso Borgognoni, sostenendo la medesima tesi, teorizzò anche l’inesistenza di Dante da Maiano ma fu poi smentito nel 1907 da Santorre Debenedetti che ritrovò in un manoscritto quattrocentesco due componimenti in occitano di Dante.

I dubbi di alcuni letterati e studiosi, specie di quelli di qualche secolo fa, sulla reale esistenza di Nina non sono dovuti soltanto alla carenza di dati storici ma, probabilmente, anche alla loro ritrosia ad accettare che una donna di quell’epoca, in cui l’analfabetismo femminile era particolarmente diffuso, potesse poetare in versi e, per di più, con risultati che appaiono eccellenti.

Solo alcuni decenni prima di Nina, nel sud della Francia un gruppo di circa venti donne, le cosiddette trobairitz, cantò con successo la fin’amors al femminile. Pure in questo caso alcuni studiosi misero in discussione la loro reale esistenza che, però, venne poi accertata senza alcun margine di dubbio.

L’unico componimento giuntoci di Alamanda de Castelnau, una delle trobairitz, si mostra abbastanza affine alla produzione della Nina Siciliana.

Se Nina è realmente vissuta - come noi crediamo - è molto probabile che lesse e si ispirò ai componimenti poetici delle sue colleghe provenzali che, come certamente accadeva per quelli dei trovatori, è da supporre circolassero negli ambienti colti siciliani dell’epoca che la nostra Nina frequentava.
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