PERSONAGGI
La "paranoia" di Freud nacque in Sicilia: perché definì l'isola la più bella d'Italia
Il filosofo restò incantato dalle bellezze siciliane. In un hotel di Palermo, che trovò una città "pulita e dotata di tutto", iniziò a scrivere uno dei suoi lavori più celebri
Sigmund Freud
Il viaggio fu un'occasione per il fondatore della psicoanalisi di visitare alcuni dei siti archeologici più importanti della Sicilia, come la Valle dei Templi di Agrigento, il Teatro Greco di Taormina e il tempio di Segesta.
Ma non fu solo l'architettura e la storia della Sicilia ad affascinare Freud. Fu anche la sua atmosfera unica, un mix di influenze culturali che risalgono a millenni.
In una lettera alla figlia Sophie, descrisse la Sicilia come «un'isola meravigliosa, piena di storia e cultura», un luogo dove «il passato e il presente si incontrano».
Fu il viaggio di un borghese colto e illuminato, buon conoscitore del mondo greco classico e che al pari di Goethe e tanti viaggiatori visse quel viaggio come occasione di conoscenza e formazione, di nutrimento spirituale e di arricchimento conoscitivo.
Sempre nella lettera alla figlia Sophie, scrisse: «La Sicilia è un'isola meravigliosa, piena di storia e cultura. È un luogo in cui il passato e il presente si incontrano, e dove si può ancora sentire il respiro dei popoli che l'hanno abitata nei secoli».
Le giornate trascorse in Sicilia furono quindi importanti per Freud anche ai fini del suo lavoro perché trovò alcune risposte che cercava da tempo alle sue teorie. Durante quella breve permanenza, Freud progettò anche d’intraprendere uno studio sulla paranoia.
Le sue impressioni sulla Sicilia furono riportate in altre opere come "Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci" e "Totem e tabù".
Il viaggio rientra persino in una nota all’edizione del 1911 della "Interpretazione dei sogni". Freud in questa nota fa riferimento al viaggio siciliano per indicarlo quale origine di una elaborata attività onirica collegata al ricordo della statua di Archimede vista ad Ortigia.
Nel suo viaggio preferì un itinerario che toccava i luoghi della mitologia: Palermo, Catania, Taormina, Siracusa, Agrigento, Segesta.
Trovò Palermo: «Elegante, pulita, estremamente ricca di edifici e dotata di tutto quanto si possa pretendere, quasi come Firenze. Palermo è una città affascinante, con un centro storico ricco di monumenti e palazzi. È una città che ha una storia millenaria, e che è stata conquistata da molti popoli diversi, tra cui i greci, i romani, gli arabi e gli spagnoli».
Alloggiò nell’Hotel de France, dove tra l’altro iniziò a scrivere uno dei suoi famosi lavori, ancora oggi valida lettura della psicosi, il caso Schreber, sull’eclatante crollo psichico di un alto magistrato Presidente della Corte di Lipsia.
Di Catania, scrisse: «Una città vivace e cosmopolita, con una grande tradizione culturale. È una città che è stata colpita da diversi terremoti, ma che si è sempre ricostruita. È una città che è un simbolo di forza e resilienza».
A Siracusa alloggiò all’Hotel des Etrangers da dove era possibile ammirare la fontana di Aretusa, ricca di cespugli e papiri e poteva anche godere di una fantastica vista mare.
Scrive alla famiglia: «Il nostro albergo si trova su una terrazza murata sopra l’antica Fonte Aretusa che ora è racchiusa in uno stretto recinto che contiene cespugli di papiro e pesci sacri. Da lì prende avvio un’affascinante passeggiata lungo il mare profumata d’oleandri. Dalla mia finestra ho una vista completa sul mare, solo una palma da dattero ostacola un po’ lo sguardo libero».
Visita il museo della città e nota che conservava una collezione di statuette muliebri che attirarono la sua attenzione: la visione di tali manufatti, raffiguranti immagini femminili, lo aiutarono a comprendere meglio e a concludere la sua teoria sul complesso edipico.
Di Agrigento lo colpì la Valle dei Templi: «È uno dei siti archeologici più importanti al mondo. È un luogo in cui si può ancora ammirare la bellezza della civiltà greca. È un luogo che è un patrimonio dell'umanità».
A Segesta Freud rimarrà incantato nell’ammirare una grecità così ben conservata: gli piacque tantissimo il Tempio di Segesta, ritenendo ben spese le ore di viaggio trascorse nonostante le avesse fatte su uno scomodissimo carretto
In una cartolina postale inviata alla moglie, datata 13 settembre 1910, dalla stazione di Alcamo-Calatafimi scrisse: «Il tempio di Segesta è stato una stupenda visione in uno spazio profondamente romito e solitario».
Per la visita al tempio di Minerva a Selinunte dovette pernottare a Castelvetrano. Questa città sarà immortalata, in una nota aggiunta nell’edizione del 1912 al capitolo terzo della "Psicopatologia della vita quotidiana", come esempio di dimenticanza di un nome di città.
Leggiamo: «Due uomini, uno piuttosto anziano e uno abbastanza giovane, che sei mesi prima avevano viaggiato insieme in Sicilia. Nell’interrogarsi sul perché della dimenticanza del nome di un luogo visitato insieme – la località è Castelvetrano, in Sicilia appunto – L'anziano così ragiona: "Evidentemente è perché la seconda metà della parola, Vetrano, suona come veterano. Lo so bene, non mi piace pensare che invecchio, e reagisco in modo strano quando altri mi ci fanno pensare».
Per tutto il viaggio fu tormentato dallo scirocco: «La Sicilia era ed è stupenda, ma – da due giorni imperversa qui lo scirocco e quello è difficile da reggere, sminuisce le capacita edonistiche e non permette di verificare l’illusione di essere in un eccezionale stato paradisiaco», scrisse alla figlia Anna.
Dopo aver concluso la visita nell’Isola così scrisse a Jung il 24 Settembre 1910: «La Sicilia è la parte più bella dell’Italia e ha conservato pezzi della tramontata grecità assolutamente unici. La prima settimana sull’isola è stata di alto gradimento, la seconda in seguito a un persistente scirocco una difficile prova.
Alla fine si ha la sensazione che tutto sia stato superato, lo scirocco e il pericolo di colera e malaria. Settembre non è il mese giusto per poter godere di queste bellezze». In quel periodo infatti nel Meridione d’Italia imperversava una strisciante epidemia di colera.
Questo viaggio in Sicilia ha probabilmente influenzato la sua visione della psicoanalisi e della comprensione della natura umana.
La capacità di vedere come diverse culture e epoche storiche si sono sovrapposte e integrate in un unico tessuto culturale può aver offerto a Freud una prospettiva unica sulla complessità della psiche umana.
In conclusione, la visita di Freud in Sicilia non fu solo un viaggio turistico, ma anche un viaggio di scoperta personale e intellettuale. Una esperienza nell’Isola che lo ha aiutato a riflettere su come la storia, la cultura e la psicologia si intrecciano in modi profondi e significativi.
Nel 2014, a Palermo, su impulso del Centro di Psicoanalisi di Palermo, in una zona dentro l’Università, tra gli edifici che ospitano il dipartimento di Scienze Umanistiche, è stato inaugurato il "Giardino di Freud" in onore del suo viaggio. Qui gli è stato dedicato anche un ulivo.
Freud aveva un grande amore per piante e fiori che descriveva e classificava con cura. Durante il suo viaggio in Sicilia apprezzò molto la bellezza della natura e della vegetazione mediterranea e scrisse alla moglie Marta: «Non ti so dire quanto oggi ho visto e annusato di belle cose. La magnificenza e il profumo dei fiori nei parchi fa dimenticare di essere in autunno».
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