STORIA E TRADIZIONI
La grande truffa dell'Abate Vella: un mistero nelle carte ritrovate da una laureanda siciliana
Parliamo della famosa "Arabica impostura" e in particolare delle carte probabilmente visionate anche da Sciascia e che spariranno, per riaffiorare dopo anni
Rosaria Pitarresi
Ma andiamo con Ordine. Rosaria Pitarresi nel 2009 è una laureanda in Scienze storiche all’Università di Palermo. Durante le ricerche presso l’Archivio di Stato, sotto la guida del professor Giuffrida, ritrova dei documenti appartenenti alla Real Segreteria.
È un carteggio che si trova nel posto sbagliato ma sicuramente al momento giusto. Sono lettere che raccontano del più incredibile inganno organizzato contro il sistema Feudale Siciliano. Rosaria non crede ai suoi occhi, queste “carte” rappresentano le fonti primarie di quello che Sciascia aveva scritto nel suo libro, ”Il Consiglio d’Egitto” nel 1963, storia rimasta a lungo “ sospesa tra realtà e fantasia”.
Ma cosa raccontano queste lettere? Siamo nel 1782, un Cappellano proveniente da Malta viene incaricato di fare da guida e interprete a un Ambasciatore Marocchino, arrivato sulle coste palermitane a seguito di una tempesta. Non conoscendo l’italiano e neanche il francese, il dignitario viene affidato al religioso che dice di conoscere l’arabo. In realtà la sola conoscenza che ha è l’alfabeto, qualche parola e il dialetto Maltese.
In una delle visite viene portato al Monastero di San Martino a Monreale, dove è conservato un codice arabo di cui non si conosce il contenuto. Si tratta di una delle tante storie di Maometto, ma l’Abate Vella, “si fa chiamare così per sua ispirazione” dirà di aver capito dalle parole dell’Ambasciatore che è una Storia della Sicilia scritta dagli Arabi.
Una scoperta ritenuta straordinaria. Da qui inizierà l’abile truffa di un provetto falsario che per ottenere fama e ricchezza inventerà di sana pianta la traduzione; non contento, millanterà un’amicizia con il dignitario anche dopo la sua partenza, e la successiva scoperta di un libro il “Consiglio D’Egitto”.
Nel prezioso codice risulterà l’appartenenza legale di tutti feudi alla Corona Normanna, e quindi da allora ai nuovi regnanti. Questa sarà l’Arabica Impostura.
Lavorando da abile falsario, smonterà e rimonterà in una lingua che chiamerà Mauro-Sicula un’autentica bomba per la classe feudale, che dopo la riforma del Viceré Caracciolo, troverà nuova preoccupazione in questa presunta fonte storica. I nobili lusingheranno l’Abate con doni e riconoscimenti, introducendolo nei salotti bene della città, sperando di avere un trattamento di favore nella traduzione del testo.
I Borbone a loro volta finanzieranno il lavoro dell’Abate, felici di ammantare di storia, il loro disegno politico. L’Abate diventerà ricco famoso e temuto. L’inganno però alla fine sarà scoperto grazie all’intervento di un esperto e nonostante tutti gli stratagemmi usati da Vella, che inscenerà persino il furto delle preziose carte, che sarà condannato a 15 anni di carcere.
La storia raccontata da Sciascia, ha però un altro personaggio, l’Avvocato Di Blasi, che entrerà a far parte del complotto per delle ragioni completamente diverse. Propugnatore degli ideali della Rivoluzione Francese penserà di sfruttare la scoperta. Sarà per queste idee rivoluzionarie, e non per aver partecipato al complotto, che sarà torturato e condannato a morte.
Nel Ritrovamento della Pitarresi, oggi docente di lettere presso la classe serale dell’Istituto Agrario di Corleone “Don Calogero di Vincenti", si rivive l’inganno ricostruito attraverso tutte le tappe, dall’ideazione alla realizzazione materiale della truffa, dai timori della Nobiltà, al favore della casa Borbone.
Ma non solo, si legge l’evoluzione della vicenda dell’Abate che avrà un regime di detenzione particolare, dove potrà scegliere una prigione a lui congeniale, godendo di favori e attenzioni e ritrovando alla fine della detenzione i beni accumulati. Si legge anche del disappunto dei Borbone che cercheranno di non divulgare e far dimenticare questa brutta storia.
Della vicenda dell’Avvocato Di Blasi, eroe e martire civile per Sciascia, troviamo una menzione nelle carte della Professoressa, avvalorando la tesi che nel libro vi siano due storie separate. Bisognerebbe ritrovare altre carte che testimonino l’apporto dell’avvocato nella macchinazione.
Chiedo alla Professoressa, che nasconde il fuoco della conoscenza dietro grazia e raffinata dolcezza, cosa le è rimasto di questo lavoro, mi dice l’amore per la ricerca e lo studio. Passione che trasmette ogni sera ai suoi studenti, donne e uomini che dopo una dura giornata di lavoro, alla “serale” siedono tra quei banchi e l’ascoltano: “Alcuni sono più grandi di me, con una grande voglia di riscatto e rivincita sociale, una responsabilità che sento fortissima e che mi porta giorno dopo giorno a dare il massimo”.
Le chiedo quindi che idea si è fatta su questa “Arabica Impostura”, risponde che l’Abate Vella non era uno sprovveduto, grandissimo bugiardo fu un arrampicatore sociale intelligente che seppe sfruttare un momento storico e politico particolare, inserendosi nel conflitto tra casa Regnante e Nobiltà, usando entrambi per aumentare prestigio, ricchezza e protezione. Le chiedo infine se è convinta che l’Abate fece tutto da solo o se fu incoraggiato e aiutato, come cercherà di dimostrare durante il processo, mi risponde che bisognerebbe indagare, rinvenire nuovi documenti, andare oltre quel fondo N° 5291 da lei ritrovato.
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