AMBIENTE
La "cugina" (pericolosa) della medusa: cosa ci fa la caravella portoghese a Lampedusa
Carmelo Isgrò, biologo e direttore del "MuMa", ci ha raccontato che la caravella spesso viene scambiata per una medusa, ma è in realtà frutto dell'aggregazione di tanti soggetti
La Caravella portoghese
La Physalia physalis, nome scientifico della specie in questione, è stata individuata dagli operatori dell’Area Marina Protetta delle Isole Pelagie durante un’uscita di monitoraggio in mare.
Il tam tam sui social network è stato immediato anche grazie all’invito, da parte del sindaco di Lampedusa, alla massima prudenza in caso di avvicinamento ad uno di questi esemplari.
La Caravella portoghese, infatti, può essere facilmente scambiata, per somiglianza morfologica con la velella, specie non nociva per l’uomo.
«Per il suo aspetto - ci ha detto Carmelo Isgrò, biologo, fondatore e direttore del "MuMa - Museo del Mare Milazzo" - viene spesso scambiata per una medusa, ma la Caravella portoghese è in realtà frutto dell'aggregazione di tanti individui specializzati che creano un’unica struttura.
Nell’antichità è stata chiamata così perché la sua forma ricorderebbe appunto una caravella a vele spiegate. Si sposta infatti grazie al vento mediamente di 20 metri al minuto e, in caso di vento favorevole, percorre quasi 30 km al giorno».
Esemplare dalle caratteristiche di certo particolari può "navigare di bolina" come le barche a vela, cioè muoversi risalendo il vento.
«Sono molto legato a questa specie - ci ha detto Isgrò - perché nel lontano 2009, mentre ero uno studente all’università, e lavoravo proprio sulla mia tesi sperimentale per testare la velenosità delle meduse, capitò di imbatterci in una di queste Caravelle portoghesi.
In quella circostanza fu il vento di scirocco a spingerne qualche esemplare nei mari intorno a Messina.
È una specie che compie tutto il suo ciclo vitale nelle acque dell’Oceano Atlantico e non è abituale certamente nei nostri mari.
Sui suoi tentacoli ha più di 10 tipi di veleni diversi, ognuno dei quali ha un suo colore, e di cui non si conoscono ancora antidoti efficaci. Le punture causano solitamente forte dolore nell'uomo, lasciando ferite simili a frustate, molto simili a piaghe arrossate.
Più raramente gli effetti avversi possono aggravarsi: shock anafilattico, febbre e interferenze con le funzioni cardiache e polmonari sono possibili, fino alla morte, seppure ciò accada raramente.
Questo veleno infatti contiene una tossina chiamata ipnotossina (o fisalitossina) per le sue proprietà ipnotiche, e determina quella che viene chiamata "sindrome fisalica".
In seguito ad una puntura il dolore è lancinante e può causare una sincope riflessa ovvero perdita grave di coscienza».
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