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La casa dei neonati abbandonati in via Ree pentite: le "Ruote degli Esposti" in Sicilia

In alcuni casi, insieme ai neonati, veniva depositata anche una lettera che conteneva le informazioni necessarie per ritrovare la propria famiglia da adulti

Viviana Ragusa
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  • 25 giugno 2023

Un'antica Ruota degli esposti

Di recente è stata divulgata la notizia di Enea, il neonato lasciato dalla madre la domenica di Pasqua nella “Culla per la Vita” del Policlinico di Milano.

Questo evento, divulgato in maniera massiccia dai media, ha suscitato svariati dibattiti in tutto il territorio italiano ed è stato seguito da quello di un’altra madre in difficoltà che ha deposto il proprio nascituro nell’omonima struttura della Croce Rossa di Bergamo.

Ciò che è accaduto nelle scorse settimane ha riportato alla luce il fenomeno dell’abbandono, legato al dolore e alle difficoltà che alcuni genitori devono affrontare, spesso senza alcun supporto o comprensione.

Strutture come quella presente al Policlinico di Milano sono concepite appositamente per permettere a chiunque di affidare il proprio figlio alle cure del personale specializzato.

Consegnando il neonato all’interno di queste culle termiche, il genitore conserva l’anonimato e il piccolo è tenuto al sicuro grazie alla presenza di dispositivi tecnologici come il riscaldamento e il monitoraggio dei parametri vitali. Nell’epoca contemporanea la tecnologia offre diversi sistemi per garantire la salute dei bambini lasciati nelle "Culle per la Vita" presenti in diverse città della nazione ma, in realtà, la storia di questa pratica è molto più antica di quanto si possa pensare.
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Già nel Medioevo il fenomeno dell’abbandono in Sicilia era molto frequente ed è aumentato soprattutto nel XVII secolo a causa delle carestie.

Oltre alle motivazioni di carattere economico, spesso la ragione che spingeva le madri ad abbandonare i propri neonati era legata all’impossibilità di riconoscere i figli illegittimi, frutto di stupri, relazioni extra-coniugali, a volte anche consumate nel contesto ecclesiastico. Inizialmente l’abbandono avveniva clandestinamente nelle ore notturne e i piccoli venivano lasciati per diverse ore al freddo, condannati quasi certamente alla morte.

Per tale motivo, nel Medioevo iniziarono a diffondersi le cosiddette "Ruote degli Esposti". Erano dispositivi costruiti in legno, di forma cilindrica e con una piccola spinta potevano girare in senso circolare permettendo alle madri di consegnare i figli in maniera anonima in un luogo sicuro, come chiese, conventi e ospedali.

Accanto alla ruota era presente una campanella, in modo tale da avvisare il personale preposto della presenza di un nuovo ospite.

Una volta entrati nella struttura, i neonati venivano battezzati e accuditi dalle balie e dalle nutrici. Facevano parte di questa categoria le ree pentite, ex prostitute che volevano espiare i propri peccati e intraprendevano un percorso religioso per diventare monache attraverso atti di benevolenza.

Appena i bambini diventavano abbastanza grandi da poter contribuire al sostentamento economico della struttura, venivano impiegati in diverse attività.

Solitamente alle femmine veniva insegnato a ricamare e a produrre abiti da vendere; i maschi, invece, svolgevano attività di raccolta nelle campagne, oppure si occupavano del bestiame.

In alcuni casi, contestualmente alla consegna dei neonati nelle "Ruote degli Esposti" veniva depositata una lettera che conteneva le informazioni necessarie per ritrovare la propria famiglia una volta raggiunta l’età adeguata.

I dispositivi assistenziali diffusi nel Medioevo erano presenti in tutto il territorio europeo, ma in Sicilia erano particolarmente avanzati e innovativi.

La data che segnò ufficialmente la nascita di questi istituti nell’isola è il 1750, anno in cui il viceré Eustachio di Lavienfuille fece realizzare le "Ruote degli Esposti" in tutte le città.

A Palermo erano presenti delle ruote, ad esempio, presso l’Ospedale Grande di Palazzo Sclafani e all’interno del Conservatorio per gli Infanti Esposti.

A Catania, la Casa di Nutrizione era tra gli istituti di accoglienza più importanti del territorio. Si trovava in via Ree pentite n. 11 (l’attuale via Ardizzone) ed era uno dei principali punti di riferimento per le madri in difficoltà, insieme al Conservatorio delle Verginelle di San Agata, istituito addirittura nel 1586, prima ancora della decisione da parte del viceré Lavienfuille.

Il numero di "Ruote degli Esposti" continuò ad aumentare rapidamente, tant’è vero che all’inizio del secolo scorso erano presenti 126 ruote in tutta la Sicilia.

Tuttavia, successivamente la situazione venne modificata. Dopo la creazione di leggi sull’abbandono, che uniformarono gli istituti di accoglienza in tutta la nazione, il governo Mussolini dispose l’eliminazione di tutte le “Ruote degli Esposti”, sostituendole con istituti di cura ed educazione con sistemi di accettazione diretta.

La lunga storia degli istituti dedicati all’abbandono in forma sicura e anonima è indice del fatto che il fenomeno non ha mai conosciuto una battuta d’arresto.

Certamente oggi la salute dei bambini è maggiormente garantita rispetto a epoche in cui non erano presenti dispositivi tecnologici, specializzazioni mediche e controlli burocratici.

Malgrado ciò, la scelta (sofferta o meno) di alcuni genitori è tuttora soggetta a disapprovazione e le "Culle per la Vita" non rappresentano la soluzione definitiva al tasso di abbandono infantile ancora troppo alto.
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