STORIE
L'ultima notte delle "case chiuse" di vicolo Marotta: il quartiere a luci rosse di Palermo
Altro che Amsterdam, qui c'era vicolo Marotta. Storie e aneddoti dal "vicolo del piacere": vi raccontiamo cosa accadde nei bordelli alla vigilia della legge Merlin
D’altronde si è sempre detto che «tira chiossai un pilu i stick ca un carro ri buoi».
Certo, alquanto paradossale e disdicevole che detti così poco raffiné vengono partoriti nella stessa terra in cui la donna in quanto madre è considerata il fulcro della sacralità. Ma quannu mai! Da che mondo è mondo, in Sicilia il lessema to’matri è il secondo intercalare più utilizzato dai tempi delle scuole medie.
Amiamo così tanto la mamma che l’abbiamo sempre in bocca, soprattutto quella degli altri. Di fatti fu proprio alle scuole medie, tra un "to’matri ri ‘ccà" e un "to matri ri’ddà", che per la prima volta sentii proferire la frase: «To matri travagghia o’ vicolo Marotta».
Il professore Terranova si fece magari una risata ma subito si sentì in dovere di dare due spiegazioni sul - così disse lui- «mestiere più antico del mondo».
Ebbene sì, proprio lo stesso anno in cui Domenico Modugno vince Sanremo con "Nel blu dipinto di blu" e viene pubblicato per la prima volta "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, la legge proposta dalla senatrice Lina Merlin viene approvata e chiude per sempre le case di tolleranza. Dai, chi le ha chiamate mai case di tolleranza? Erano anni duri, specie quelli della guerra, e Palermo era piena di quelli che il popolo chiamava semplicemente "bordelli".
Una realtà accettata che andava tenuta in penombra, di lato, non troppo a vista, anche perché il posto era bello allegro e poco silenzioso.
La gente aveva bisogno di evadere e gli uomini erano sempre in cerca f…uga. Si perdeva il conto: "Il ritrovo Taibbi" in piazza Monte di Pietà, "Pensione delle Rose" dietro al Politeama, "Pensione Bugané" a piazza Sant’Oliva, "Pensione 900" distrutta dai bombardamenti, e ancora "Pensione Flores", "Pensione Jolanda" e tante altre meno "chic" delle già nominate ma altrettanto attive.
Insomma, oggi manco sappiamo più se la prenderemo sta benedetta pensione e a quei tempi invece le pensioni "pullulavano", in tutti i sensi. Proprio vero che si stava meglio quando si stava peggio…
E a proposito di mestiere più antico del mondo, questo magari non è vero, poiché non avrebbe potuto esistere prima dell’attribuzione di valore ai beni materiali, ma sicuramente è molto datato. Già a Babilonia la prostituzione era praticata, seppur in forma sacra. Almeno una volta nella vita, infatti, ogni donna doveva raggiungere il tempio di Militta dedicato alla dea Anahita e fare l’amore con uno straniero in segno di ospitalità.
In Mesopotamia per esempio non erano case chiuse ma "case del cielo", mentre la dea di Canaan, Astarte, venerata nella nostra Mistretta e la cui radice del nome significa proprio "città di Astarte", consentiva ai propri fedeli di fare l’amore perché la vita è bella e "footing, footing, che dio perdona a tutting".
Eh sì, è una storia antica quanto la camminata a piedi, tanto che in Magna Grecia le prostitute, che loro chiamavano “Pornai”(πόρνοι), utilizzavano un paio di scarpe con la scritta “akoloùthei” in rilievo sotto la suola. No, non era la marca, ma significava "seguimi" così camminando nelle strade sterrate potevano lasciare le impronte e farsi trovare dai propri clienti (un po' come l’odierna localizzazione).
E a dimostrazione del fatto che il "footing" nella nostra isola è da sempre uno sport strapraticato, come non citare il viceré Marcantonio Colonna che affetto da berlusconico difetto aveva un vero e proprio amore spassionato per le "signorine". Fu proprio lui alle fine del XVI secolo ad organizzare lungo il Cassaro la famosa "corsa delle buttane". Premio prima classificata: un corsetto nuovo nuovo da potere indossare a lavoro.
Per tornare al nostro Vicolo Marotta, non era niente di diverso dall’attuale quartiere a luci rosse di Amsterdam. La via più famosa in assoluto, i cui bordelli d’eccellenza erano il "Vemeille" e il "Settequarti".
Da allora nonostante la legge Merlin quel vicolo rimase per sempre impregnato di quel profumo di donna. A quanto pare la notizia della chiusura per via della legge Merlin non fu accolta bene né dai clienti né tantomeno delle maitresse.
Quella notte, per salutare un’epoca che non sarebbe tornata mai più, nelle case di Palermo si stappò champagne e le ragazze lavorarono senza compenso per regalare un dolce ricordo ai loro migliori clienti.
Pare che madame Teresa del Bugané riunì le ragazze proferendo un discorso degno di uno spogliatoio di calcio prima della finale di Champions League:
«Care ragazze, questa sarà l'ultima nostra notte, vi ho chiesto contegno, distacco e professionalità, ma questa volta divertitevi e bevete con i clienti. È terribile che si chiudano le case, ma proviamo a non pensarci e lasciamo almeno ai nostri amici un ricordo indelebile».
Dal quel racconto in poi Carollo, forse commosso, smise per sempre di apostrofare le madri degli altri in quel modo. In compenso il giorno dopo cominciò ad etichettarle con la locuzione latina "puella/puelle". Ma quella è un’altra storia…
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