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L'aristocrazia li "snobbava": i riti della Settimana Santa, cuore della tradizione siciliana

Dopo due anni di pandemia tornano i riti della Settimana Santa che trovano nelle processioni una delle massime espressioni. Ecco quali sono e quelli che si terranno a Palermo

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 15 aprile 2022

Dopo due anni di sospensione, a causa della diffusione del Covid, tornano a svolgersi a Palermo - seppur con alcune restrizioni sanitarie dettate dalla pandemia - i riti della Settimana Santa.

Dalle solenni celebrazioni della Domenica delle Palme (con la tradizionale benedizione di rami di ulivo e di palmette decorate con fiocchi e nastri) ai “Sepolcri” del Giovedì Santo, dalle suggestive processioni del Venerdì Santo alla “calata della tela” della notte di Pasqua: tutte le comunità dell’isola celebrano la Pasqua con momenti di grande intensità dove la devozione e gli aspetti religiosi di sposano alle tradizioni e alla passione popolare. I riti della Settimana Santa presentano in Sicilia una complessità di contenuti e di simbologie dovute a numerosi influssi culturali, soprattutto a quello spagnolo (XVI ed il XVII secolo).

Come scriveva Arcangelo Lacagnina, presidente della Fondazione Culturale “Salvatore Sciascia” nel volume “I riti delle nostre tradizioni”: “snobbate dai ceti aristocratici poiché additate come superstizioni e feste religiose, unico appannaggio del popolino ignorante, nel corso degli anni le celebrazioni sacre sono diventate lo scheletro dell’identità di tutto il popolo siciliano, dal contadino al nobile, dal bambino all’anziano. Non si tratta solo di condivisione di un momento sacro e di ottemperanza a dei dogmi religiosi, ma soprattutto di un ritrovato senso di identità, di spiritualità e di appartenenza ad un popolo ricco di usi e costumi.
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Il Venerdì Santo è insieme alla Pasqua il giorno più importante per i cristiani, che rivivono con fede e profonda adesione interiore la passione e la crocifissione di Gesù Cristo. All'adorazione della croce in chiese e parrocchie seguono a Palermo le numerose processioni dei simulacri dell’Addolorata e del Cristo Morto (adagiato su di una lettiga o in un'urna di vetro detto "cataletto"), organizzate da alcune storiche confraternite cittadine.

Ne ricordiamo solo alcune: la Confraternita Maria SS. Addolorata ai Cassari (fondata nel 1755 da domestici e cuochi in servizio presso alcune case aristocratiche palermitane); la Confraternita del SS.mo Crocifisso al Borgo (nata nel 1820); la Confraternita Maria SS. Addolorata dei sette dolori alla Guilla, (istituita nel 1892); la Confraternita delle anime Sante del Purgatorio (fondata nel 1910); la Confraternita Maria SS. Addolorata e del Cristo Morto dei lavoranti Fornai (istituita nel 1922); la Confraternita Maria SS. Addolorata e Cristo Morto del Venerdì Santo alla Guilla al Capo (nata nel 1947).

La processione più antica del Venerdì Santo a Palermo è quella della Soledad (solitudine). La Confraternita Maria SS. Addolorata de la Soledad venne fondata nel 1590, inizialmente nella chiesa di Santa Lucia fuori le mura ma quasi subito venne trasferita a San Demetrio. La processione uscì per la prima volta quello stesso anno, seguita dai confrati che si flagellavano in segno di penitenza, durante tutto il percorso.

La processione della Soledad era anche la più importante, vi presenziava il Vicerè (anche se non seguiva tutto il percorso) e tutta l’aristocrazia. I bombardamenti della seconda guerra mondiale distrussero la chiesa di San Demetrio lasciando miracolosamente intatta la cappella della Madonna Della Soledad : la nazione spagnola ne detiene il patronato. Segue il fercolo della Madonna della Soledad quello della vara del Cristo Morto, entrambi portati a spalla da 32 confrati. L’andamento fluttuante delle due vare viene detto “annacata” (dondolarsi). La processione di solito attraversa Ballarò, Montegrappa per tornare alla Chiesa di san Nicolò di Tolentino (da cui ha inizio la processione) solo a tarda notte.

La confraternita dei Cocchieri, della chiesa di Ss. Maria dell’Itria, alla Kalsa purtroppo quest’anno non organizzerà l’imponente e scenografica processione, con numerosi figuranti in costume storico. I cocchieri erano personale di casa delle famiglie della nobiltà palermitana e i confrati sfilavano “imparruccati”: in livrea bordata d'oro i Cocchieri anziani, con tracolla e spadino i giovani cocchieri. Ogni "Casato" aveva una livrea di colore diverso: azzurro e oro Casa Trabia e Butera, giallo e verde Casa Valdina, giallo e azzurro casa Baucina, marrone e argento Casa Fitalia e Giarratana e così via…fino alla livrea rosso e giallo della Corte Pretoria.

La venerabile Confraternita di Santa Maria dell’Itria dei Cocchieri venne istituita nel 1596, dall’omonima maestranza dei cocchieri (Maiuri) per promuovere il culto dell’Addolorata e del Cristo morto e l’assistenza tra confrati. Grazie al bando che vietava il transito delle carrozze per le vie cittadine, i cocchieri godevano il Giovedì e il Venerdì di due giorni di riposo (gli unici nel corso dell'anno) solennizzati dalla processione del Cristo morto e dell'Addolorata.

Fino al 2019 la processione, accompagnata da numerosissimi fedeli, al suono straziante della banda, percorreva un lungo itinerario e i fercoli tornavano solo a notte fonda in chiesa, in Via Alloro.

Anticamente il Venerdì Santo, per antico privilegio, poteva concedersi la Grazia a un condannato a morte, come riferiscono alcuni diaristi palermitani, tra cui il Villabianca.

La notte del 16 Aprile 2022, Sabato Santo, si celebrerà la Veglia Pasquale. In alcune chiese (S. Domenico, S. Caterina, S. Nicolò da Tolentino) la rumorosa “calata della tela Quaresimale” segnerà la fine del silenzio interiore e del lutto per la morte del Cristo.

La cosiddetta “calata ‘a tila” è un rito prettamente siciliano, scriveva Rosario La Duca, si inserisce nella liturgia Pasquale come espediente scenografico: un grande telone sul quale è dipinta la deposizione di Cristo dalla Croce, collocato sull’altare maggiore delle chiese, cade di colpo, con l'improvviso disvelamento del presbiterio, rivelando la statua del Cristo Risorto che ha sconfitto la Morte. All’improvviso tutte le luci si accendono in chiesa al suono festoso delle campane: è la gioia della Pasqua!
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