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In Sicilia si dice due volte, sennò non ce la fai: quando vai "catammari, catammari"

Questa espressione colorita e ripetitiva come la conosciamo oggi la troviamo a Trapani, Caltanissetta e Palermo. A Catania invece è tutto diverso. Scopriamola

Francesca Garofalo
Giornalista pubblicista e copywriter
  • 26 gennaio 2025

Capitano anche a voi quei giorni in cui la pigrizia arriva come un’onda travolgente? Ecco, quando succede pure le azioni giornaliere, quelle dal minimo affanno, diventano quasi uno sforzo biblico.

Persino azioni come camminare risultano meccaniche e si fanno catammari, catammari. Una ripetizione che nella lingua siciliana indica un senso di lentezza mastodontico; non a caso il suo significato è "piano, piano, lemme lemme".

Originariamente si pensava fosse una parola derivante dall’arabo, invece pare derivi dal greco: “katà + meros - a parte, a parte".

Questa espressione colorita e ripetitiva come la conosciamo oggi la troviamo a Trapani, Caltanissetta e Palermo con “catammaru, catammaru” per indicare una persona che cammina lentamente, in maniera mogia o per invitare a fare qualcosa, smuoversi.

A Catania invece ci si riferisce alla lentezza o a qualcosa fatto alla buona con "alleggiu - adagio, piano". Avverbio nato dall’unione fra la preposizione “a” e l’aggettivo "leggiu - leggero”.
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Ma tornando alla nostra massima espressione di pigrizia e lentezza catammari, catammari possiamo notare come la sua fama sia presente anche negli scritti di Giovanni Meli. Poeta e drammaturgo palermitano a cui dobbiamo "Poesie siciliane", un’opera in cinque volumi del 1847. Al suo interno l’espressione spicca in relazione ai gusti musicali:

… Vogghiu cantari,
vogghiu ballari
Vaja sunatimi
Li scattagnetti

Nun vogghiu cimmalu,
nè vijulinu
mancu sarteriu
nè minnulinu
Chisti mi pracinu,
Però mi spiranu
Certu pateticu
Chi fa addurmisciri
E catammari, catammari
Mi fa jiri in visibilu…
… Voglio cantare, voglio ballare
Su via suonatemi
gli scattagnetti (simili a nacchere spagnole)

Non voglio clavicembalo,
né violino
neanche salterio (tipo cetra)
Questi strumenti mi praticano?
Però mi ispirano
Certo è patetico
che fa addormentare

E piano piano
mi fa andare in estasi.

Gustibus a parte, in questi versi possiamo notare come il termine è usato dal poeta per indicare gli effetti che certi strumenti hanno in lui conducendolo lentamente a una sonnolenza piacevole.

Oggi catammari, catammari resiste al tempo e rimane un termine d’uso comune per far notare al prossimo un atteggiamento o andamento pigro.

Da non trasformare però nella propria ragione d’azione, anche perché va bene il detto italiano “chi va piano va sano e va lontano”, ma il rischio di sprofondare lentamente nell’apatia è dietro l’angolo.
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