STORIA E TRADIZIONI
In Sicilia è un rito più antico del presepe: che vuol dire se ti dicono "ti mangiasti la cona"
L’addobbo che lo circonda è un’articolata composizione di rami e fronde, frutti, fiori e altre parti di piante, tradizionalmente quelle associate all’inverno siciliano
Che cos’è la Cona? Immaginate una cavità fatta di foglie e frutti, come una grotta: all’interno si colloca un Bambinello, solitamente nella classica rappresentazione di luminoso bimbo benedicente.
L’addobbo che lo circonda è un’articolata composizione di rami e fronde, frutti, fiori e altre parti di piante, tradizionalmente quelle associate all’inverno siciliano.
Rami e foglie di castagno, corbezzolo, biancospino, ginestra, asparagi, fronde di felci e canne possono costituire l’anfratto, e frutti quali arance, mandarini, limoni, frutta secca come noci, nocciole e castagne, e mele lo decorano.
Probabilmente "cona" è una lieve correzione di “icona”, un termine greco dunque, che si usa ormai per indicare un’immagine sacra, e difatti una sua versione etnea si prepara presso icone già installate, perlopiù con soggetto la Sacra Famiglia: in questo caso, si sistemano davanti alla cona – decorata soprattutto di biancospino – nove candele, che vengono accese una dopo l’altra ognuno dei nove giorni prima del 25 dicembre.
Gli zampognari si fermavano presso le cone pubbliche per suonare le novene, ossia i brani pastorali caratteristici dei giorni che precedono il Natale, e perciò essi si chiamavano “novellari”. Se la versione etnea sembra – per etimologia – l’originale, quella peloritana ha invece un carattere più arcaico – un altare preparato al Santo Bambino, al quale sono presentate come offerte le primizie della stagione – che la ricollega ai culti precristiani.
Questo Gesù Bambino non è più in un antro o all’interno della mangiatoia, ma in mezzo alla vegetazione; ma che qual è il senso? La cona, a differenza del presepio, non è una rappresentazione "storica", ma simbolica, del Natale, che si riferisce ai ritmi naturali di morte e rinascita.
Siamo di fronte probabilmente a una tradizione davvero antica, se il Cristo incarna l’archetipo del nume agreste – che durante l’anno nasce e muore – come pure lo è Bacco – latore della forza vitale che presiede allo sviluppo delle creature –, così è facile riconoscere il lucente dio proprio all’interno della cona, appena rinato e destinato a crescere e portare prosperità nell’anno venturo.
Infatti, il Natale cade nel tempo del solstizio d’inverno, quando all’aumento delle ore notturne – fino appunto alla notte più lunga dell’anno – si sostituisce quello delle ore diurne, come una rinascita del Sole.
Sono moltissime le culture che festeggiano il solstizio d’inverno, spesso in modi che precedono le usanze della religione dominante; per esempio in Iran, tra 20-21 Dicembre, si celebra la notte di Yalda, con una grande cena simile a quella che facciamo noi, una tradizione originatasi nell’antico Zoroastrismo.
Allo stesso modo anche il nostro Natale è in gran parte derivato dalle religioni che precorrono il Cristianesimo, per esempio il Mitraismo (anch’esso iranico) e il Bacchismo, e non c’è da stupirsi delle cose che si possono scoprire. Chissà, forse una sorta di cona si allestiva in Sicilia già più di duemila anni fa!
Anche se questa tradizione è in larga parte sconosciuta alla popolazione, sopravvive nel linguaggio peloritano l’espressione «ti mangiasti la cona!» riferita a chi abbia esagerato nel cibarsi, nel senso d’un’ironica accusa d’aver divorato tutti i frutti della cona! A Messina s’indice annualmente un concorso dal titolo "A Cona più bella – il Natale di tradizione a Messina", che quest’anno giunge alla sua XIV edizione.
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