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In Sicilia è il "liquore del passato": qual è il (nostro) simbolo dell'accoglienza

La sua storia è un viaggio nel tempo che ci trasporta molto lontano nel passato ma, dimostra che ci sono patrimoni culinari che meritano di essere custoditi

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 7 ottobre 2024

Rosolio alla cannella

Si avvicinano le varie feste che chiudono l'anno e l'autunno è la stagione che le precede. E proprio nei momenti di festa che questo "elisir liquoroso" immancabile nelle famiglie siciliane veniva servito o come benvenuto per gli ospiti in casa, o nei momenti di particolare festeggiamenti o importanza.

Stiamo parlando del rosolio che nel racconto dalla sua invenzione fino all'uso, rappresenta un icona che raccoglie storia, cultura ed enogastronomia.

Per un periodo messo da parte soppiantato da altre bevande alla moda, lo si trovava a casa della nonna o della zia più anziana che ne tenevano ancora una bottiglia da offrire, oggi è ritornato di come un abito vintage che riemerge alla ribalta, servito per fine pasto unito ai dolci o da solo, e in oggi caso come una chicca da fare assaporare.

La sua storia è un viaggio nel tempo che ci trasporta molto lontano nel passato ma, dimostra che ci sono patrimoni culinari che meritano di essere custoditi perché rappresentano una autentica tradizione.
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Nella cultura della famosa ospitalità siciliana questa non era solo una bevanda, ma un simbolo di accoglienza e, soprattutto, di tradizioni familiari tramandate visto che si prepara in casa o si acquistava in pochissimi luoghi dove trovarlo.

Immancabili nei salotti le bottiglie di rosolio erano veri e propri capolavori di vestro finissimo, decorato con elementi floreali colorati e raffinati, dorati o argentati - straordinari quelli dell'epoca liberty - corredati da bicchierini in servizi da 4 o da 6 ed esposti nelle vetrine o sulle credenze come oggetti di pregio. Era orgoglio farli personalmente dalla padrona di casa e offrirlo agli ospiti come segno di benvenuto e di affetto...e di ostentazione di bravura.

Tornando alla storia l'origine riale addirittura al rinascimento intorno al cinquecento, avvolta da un fascino che gli ha sempre donato una aurea un po' seducente, arrivato fino alla corte di Caterina de' Medici che lo portò in Francia.

Seguendo la tradizione dei dolci conventuali sembra che anche il rosolio sia nato nei conventi del sud Italia prodotto con petali di rosa, in particolare proprio in Sicilia dove con la gastronomia è sempre stata un mortaio all'interno del quale e si pestavano sperimentazioni gastronomiche, grazie alla prosperità di ingredienti portati da etnie diverse, colture incluse e, soprattutto, nel Seicento con la apertura dei mercati dello zucchero raffinato.

Se per un verso il rosolio è associato alla cucina dei monasteri femminili dove veniva preparato e offerto durante momenti importanti e a persone di rilievo, la spiegazione del suo ingrediente principe, la rosa, proviene dall'usanza in cucina all'influenzata dalla dominazione araba che ha lasciato una indelebile persistenza.

Le suore mettevano a macerare in alcol i petali di rosa appena raccolti, ottenendo una liquore dall’aroma intenso ma delicato.

Uscito dai conventi ed entrato nelle case, il rosolio per la sua delicatezza e il basso tenore alcolico diventa il liquore delle signore per eccellenza, - e anche delle entreneuse facoltose - imponendosi nelle feste alla moda e di famiglia soprattutto nei matrimoni, offerto agli sposi come augurio per un futuro felice e prospero.

È anche detto “liquore del passato” per la sua particolare longevità e il suo nome deriva da ros solis, ossia, “rugiada del sole”. Con il passare del tempo non soltanto rose, e tra le ricette una particolare di Ficarra si preparava tenendo per una settimana l'alcool con scorze di arancia macerate per quaranta giorni, della vaniglia e uno sciroppo realizzato con zucchero e acqua.

Sono state e sperimentate varie ricette di rosolio: agli agrumi, all'anice, alla menta, alla cannella... Il rosolio è ovviamente entrato nella cultura enogastronomica storica italiana, nel corso della sua lunga permanenza e per il suo fascino ha trovato spazio nella letteratura, nel cinema e nel teatro.

Tra i numerosi racconti c'è il nostro autore iconico e narratore della complessa personalità siciliana, Luigi Pirandello che nel Fu Mattia Pascal al protagonista ne fa offrire un bicchiere dalla vedova Pescatore.

Il colore, il sapore e la sua delicata armonia tra alcol e aroma ne hanno fatto un immaginario che si divide in due opposti: la sacralità della famiglia e la seducenza delle intime confidenze nelle alcove.
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