STORIA E TRADIZIONI
In questo sport i re e i tiranni erano i migliori: così i siciliani vinsero le Olimpiadi
Ma su tutti un popolo siciliano eccelleva. Si tratta di una delle province che balzano meno alle cronache. Vi sveliamo la costosa gara in cui si dilettavano i sovrani
Città greca dove ogni quattro anni si celebrano quelli che diventeranno un appuntamento imperdibile: i giochi olimpici.
Evento tanto atteso, annunciato dagli araldi in giro nel territorio, e che fra i suoi partecipanti vantava sportivi provenienti da colonie della Magna Grecia.
Dunque, inevitabilmente ci si trovava al cospetto di atleti delle città siciliane come Siracusa, Agrigento e Messina. Sportivi che, una volta giunti a destinazione dalla loro città, avevano mente e corpo solo per le competizioni e un fine ultimo: il podio.
Fra le numerose gare quella dei cocchi, con auriga e carri che correvano lungo un percorso di circa otto chilometri e mezzo, era la più prestigiosa e anche costosa.
Questo perché prima ancora della gara, pochi potevano permettersi di mantenere dei cavalli all’interno di scuderie, provvedere al loro sostentamento e avere del personale che li accudisse. Ergo, i partecipanti erano gli agiati economicamente, in questo caso re e tiranni.
Tra loro non manca Dionisio che, nonostante la partecipazione, non arriverà mai ad ottenere la vittoria perché probabilmente boicottato dagli ateniesi di cui era nemico storico.
Ma la corsa con i cocchi non era l’unica gara in cui eccellevano i siracusani; pare ci sia stato anche il pancrazio. Sport come la lotta libera e contraddistinta per la violenza smisurata: due atleti cosparsi d’olio, per aumentare la viscosità dei corpi, combattevano a suon di botte fino a che uno dei due stramazzava al suolo.
La prestanza fisica, in questo caso, giocava un ruolo fondamentale e pare, ci sia stato un certo Legdamis di Siracusa con delle qualità particolari: piede numero 42 cm e struttura possente che gli hanno fatto calcare il podio di molte Olimpiadi. E la sua forza pare consistesse anche nel non sudare, vantaggio nella pratica del pancrazio.
Altri siciliani primeggiavano invece nel pentathlon (corsa, lancio del giavellotto, lancio del disco, salto in lungo e lotta), gara molto più economica di quella dei cocchi per l’uso di un’attrezzatura meno costosa.
E nella corsa emerge soprattutto la figura di Esseneto di Agrigento, capace di sbaragliare i suoi stessi record: infatti, nel 412 a.C diventa campione assoluto per ben quattro Olimpiadi consecutive.
Da Messina, invece, abbiamo Leontisco che nel V sec a.C diventa l’idolo della folla. Lui conosceva delle prese che gli consentivano di fratturare le dita e le braccia dell’avversario; tecniche alla “ti spiezzo in due” che lo rendeva vincitore al primo tentativo.
Ma non stupitevi di cotanta violenza, perché era la norma in tutte le competizioni; e persino la morte di uno dei due atleti era considerata un incidente. Che sia una gara di squadra o singola, i siciliani quindi rimangono negli annali olimpici per prestanza e per aver dato gloria alla città di provenienza, oltreché per un’analogia con gli dei.
Infatti si riteneva che gli sportivi fossero scelti direttamente dalle divinità per abilità e vigore. E di conseguenza, fare sport equivaleva essere a un passo verso l’eternità.
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