STORIA E TRADIZIONI
Il "mal di Sicilia" esiste: i poeti arabi e la struggente nostalgia per la patria perduta
La nostalgia della Sicilia perduta attraverserà i secoli e sarà per gli arabi un rammarico senza fine. Un'eco di quel dolore troviamo nelle opere di molti pensatori e poeti arabi
(foto di Innocent devil)
Nel tempo in cui questi intellettuali musulmani hanno visitato o vissuto in Sicilia hanno considerato l’Isola come “patria perduta” e hanno lasciato testimonianze poco conosciute in cui rivelano la loro nostalgia per questa splendente Isola del Mediterraneo, dove i raggi del sole “avvivan le piante d'amorosa virtù che empie l’aere di fragranza; dove respiri un diletto che spegna le aspre cure, senti una gioia che cancella ogni vestigio d'avversità”, come ha scritto uno di loro.
La nostalgia della Sicilia perduta attraverserà i secoli e sarà per gli arabi un rammarico senza fine. Un’eco di quel dolore troviamo nelle opere di molti pensatori e poeti arabi.
Quivi è il vulcano... vestito di nubi per la sua altezza sterminata. e incappucciato di nevi perenni... I monti qui son tanti verzieri carichi di pere, castagne, nocciole, susine e altre frutta... La più bella città di Sicilia, sede del re è detta da' Musulmani la Capitale, e dai Cristiani Palermo... Essa è la metropoli di queste regioni e aduna in sé i due pregi: comodità e splendore. Trovi qui il meglio che tu sappia desiderare per la sostanza o per l'apparenza: le fronde o le frutta della vita.
Città antica ed elegante, illustre e ammirevole, che ti si presenta con una sembianza tentatrice e superbisce tra i suoi suoi fori e i tuoi piani i quali son tutti un giardino. Spaziosa di piazze e di vie dritte, abbaglia le viste con la bellezza del suo egregio aspetto; mirabile di sito. cordovana di struttura...
...i palagi del re le fan cerchio come monile che adorni bel collo di fanciulla...”. (Viaggio in Sicilia di Mohammed-Ebn-Djobair da Valence sotto il regno di Guglielmo il Buono).
L’emiro Abu’l-Qasim Abd Allàh ibn Sulaymàn Yakhlaf al-kalbi con versi carichi di nostalgia canta le bellezze della natura della Sicilia che ha dovuto abbandonare.
Laggiù l’anemone assomigliava
ad una gota scintillante per peluria
e nel colore della violetta sembravano
amalgamarsi tenebre e luce;
Il giglio aveva il candore delle cupole,
con al centro aurei pistilli
e sui teneri steli ammiravi i narcisi:
parevano lanterne sospese ai sostegni;
i cedri ricordavano cofanetti d’oro
in ordinata serie, o seni di fanciulle.
E ancora:
Ho libato in giardini radiosi
al garrulo tubare dei colombi [. . .]
in un giardino che invaghisce,
con la varietà delle vedute e il cinguettìo
chi lo contempla;
Ibn Hamdis, dopo la cacciata dei musulmani dalla Sicilia, andò in esilio, prima a Siviglia, poi in Marocco e in Tunisia e, per ultimo, a Maiorca, dove morì. In lui c’è il rimpianto e la struggente nostalgia per la sua casa e per la terra che fu sua:
Oh, custodisca Iddio una casa in Noto,
e fluiscano
su di lei le rigonfie nuvole!
Ogni ora io me le raffiguro nel pensiero,
e verso per lei gocce di scorrenti lacrime.
Con nostalgia filiare anelo alla patria,
verso cui mi attirano
le dimore delle belle donne.
E chi ha lasciato il cuore a vestigio
di una dimora,
a quella brama col corpo fare ritorno.
E altrove dello stesso autore leggiamo:
«O mare, di là da te io ho un paradiso, in cui mi vestii di letizia, non di sciagura! / Il destino ha tradito le terre di Sicilia, che erano prima fortezze al riparo dei colpi del destino. / Vedo la mia terra avvilita dai cristiani, mentre prima, con la mia gente, il suo onore spiccava in alto rilievo…».
Abd-ar-Rahmàn di Butera ha elogiato la munificenza del Regno di Sicilia:
Non c’è vita serena, se non all’ombra
della dolce Sicilia,
sotto una dinastia che supera
le cesaree dinastie dei re.
Il geografo Idrisi secondo alcuni suoi biografi arrivò intorno al 1139 a Palermo, dove restò anche dopo la morte di Ruggero II, che aveva chiamato in Sicilia perché ebbe bisogno di un esperto che fosse in grado di consultare le varie opere geografiche in circolazione ed avere così notizie chiare e precise dei suoi domini normanni. Nel 1154, dopo quindici anni di arduo lavoro per la raccolta dei materiali, Idrisi iniziò la redazione dell’opera nota con il nome di: "Il Libro di Ruggero", uno dei primi esempi di “Geografia universale”.
Tra le descrizioni che fa delle città siciliane, riportiamo quella che riguarda Agrigento, che gli Arabi avevano fondato sulla collina, poco distante dall’antico sito su cui sorse Akragas.
Idrisi fa della città siciliana un elogio entusiastico: “Girgenti - Città popolosa, nobilissima, frequentata molto da stranieri che vanno e vengono. - Ha eccelsa e forte rocca e contrade fiorenti; paese di antica civiltà, celebre in tutte le regioni. - Dico anzi, che Girgenti è uno dei propugnacoli più formidabili, ed una delle terre più illustri. - Quivi traggono i viandanti da ogni parte del mondo; quivi si adunano le navi e le brigate; s’innalzan qui sublimi i palagi, e l’aspetto delle case fa meraviglia a’ riguardanti. Ne’ mercati di Girgenti si ritrova tutta sorte di lavorìi, e tutte specie di derrate, e di merci. - Ridente di orti e di giardini, abbonda delle più svariate qualità di frutta. - Antichissima, anzi aborigena, mostra colle sue vestigia l’alta possanza che tenne un dì. - Per l’immensa copia delle derrate che vi affluiscono continuamente, egli avviene, che tutte le navi grosse che vi approdano, compian quivi il carico loro, entro pochi giorni, e n’abbian anco di avanzo. - Famosa è Girgenti pei suoi orti e per ogni prodotto del suolo. - Giace a tre miglia dal mare. »
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