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Il Genio, nume tutelare di Palermo: tra leggenda e simbologia ecco dove trovarlo

Il Genio è l’emblema di Palermo, personificazione della città e simbolo laico dei cittadini palermitani, di ogni origine, etnia e religione. Sono luoghi dell’Identità e della memoria

  • 1 luglio 2019

Il Genio di Palermo di villa Giulia

Il termine Genio che deriva dal greco “ghenos” (nascita) o dal latino “genius” (generatore di vita). Era un nume nell’atto di proteggere il luogo, naturale o meno, in cui l’uomo e la sua famiglia dimoravano o si trovavano, accompagnandoli nella vita e condividendone gioie e dolori: era il “Genius loci”. Era persino il protettore degli affari del suo protetto. La lunga dominazione romana, lasciò in Sicilia, e soprattutto a Palermo, tracce e ricordi del culto pagano. Nel XV secolo, con l’avvento dell’umanesimo, il culto fu ripristinato e adattato ad un’altra tradizione che voleva l’urbs (la città) edificata dal dio Saturno che sul Monte Pellegrino aveva eretto il castello Cronio.

Secondo antichi documenti risalenti al 1483, il nume tutelare veniva chiamato Palermo, mentre il Fazello nelle sue “Decade “ scriveva:... i palermitani raffigurano, la città, in aspetto d’uomo, il suo petto è avvolto da un serpente che lo succhia, davanti ai piedi ha una cesta piena d’oro e di fiori con questa scritta: Panormus conca aures suos devorat alienus nutrit. (Palermo conca d’oro divora i suoi e nutre gli stranieri).
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Nel 1489, i Giurati di Palermo, ottennero dal Re il privilegio di utilizzare l’immagine dell’uomo col serpente, cioè del Genio, come loro stemma. Uno stemma autonomo e indipendente da quello dell’aquila che era il sigillo del Pretore. Cominciò così la rappresentazione del Genio cittadino, acclamato anche nelle varie festività come Eroe-Nume rinnovatore di prodigi. Il Genio divenne l’emblema di Palermo, personificazione della città e simbolo laico dei cittadini palermitani, di ogni origine, etnia e religione.

Un manoscritto anonimo, conservato alla Biblioteca Comunale di Palermo, forse della fine del 1500, paragona il Genio di Palermo con Saturno (Cronos), “dio della terra e del tempo, padre dei tempi e padre degli dèi e degli uomini”.

Lo storico Vincenzo Di Giovanni, nel Seicento, riportò la credenza secondo la quale il Genio fosse in realtà la divinizzazione del condottiero punico Palermo, fondatore della città. La statua, raffigurante un guerriero che nutriva dal petto un serpente, dentro una conca aurea, sarebbe opera dei Romani, donata alla Città da Scipione l’Africano, (Palermo fu valida alleata nella guerra contro Annibale).

Ma questa è solo una leggenda che non ebbe gran credito. Se il Genio rappresenta la città di Palermo nella veste del suo fondatore, il serpente, è un dilemma storico-interpretativo. Assume, infatti, diversi significati; essendo associato alla terra e all’acqua, alla fertilità, alla rinascita e al rinnovamento ma anche simbolo di prudenza e di conoscenza per la sua natura oscura e nascosta. Il serpente nutrito dal Genio, le trasformazioni generate dalle relazioni con gli stranieri che nel corso della storia della città furono talvolta conquistatori e talvolta ospiti, produssero commercio, traffici, scambi, rimescolamenti di etnie e mutamenti culturali.

Il Genio di Palermo, era identificato come un vecchio assiso in trono, con la barba divisa in due ciocche, incoronato con uno stemma che alcuni definiscono ducale, spesso raffigurato con un serpente nell’atto di morderlo o di succhiargli il petto o come sostengono alcuni studiosi la mammella, sormontato da un’aquila (l’aquila senatoriale, oggi simbolo della città di Palermo). Alcune volte ai suoi piedi è rappresentato anche un cane, emblema di fedeltà. Il significato sociale del Genio, quindi, era quello di un nume tutelare della città di Palermo. Inoltre era considerato il simbolo laico che rappresentava le virtù civiche e l’identità del popolo palermitano nelle sue diverse classi sociali, per i palermitani rappresentava una sorta di dio laico della felicità e dell’indipendenza ed era spesso posto in contrapposizione con Santa Rosalia.

A tal proposito, lo storico Marrone, scrisse che il culto del Genio fu talmente vivo da prender parte al Festino della città accanto alla statua di Santa Rosalia, al punto che il grido consueto “Viva Palermo e Santa Rosalia” fosse il riferimento non tanto alla città quanto al Genio stesso (denominato Palermo) ed alla venerata Santa. Entrambi secondo il Marrone, presero il posto dei fenici Tanit e Baal Hammon, di cui il Genio, tramite l’intermediazione mitico-figurativa di Saturno, sarebbe la riformulazione.

Le statue del Genio si cominciarono a diffondere a Palermo alla fine del 1400. La più antica è un bassorilievo, che si trova nel cippo all'ingresso del porto. Altre in seguito furono poste all’interno del Palazzo Sentoriale (Palazzo Pretorio), a Piazza Garraffo (alla Vucciria) ed al centro di piazza Rivoluzione (nell'antico quartiere Fieravecchia). Ultima fu quella settecentesca del Marabitti a Villa Giulia. Non è un caso, che le statue più antiche furono poste vicino ad antichi mercati, o luoghi dove era opportuna la presenza di un simbolo che garantisse prosperità nel commercio. I Geni palermitani, tra sculture e raffigurazioni, sono otto: sono diversi ed ognuno di loro aveva un diverso significato.

I Geni sono stati inseriti nel registro LIM della Regione Sicilia (Luoghi dell’Identità e della Memoria):

1) Genio del Molo, oggi all’ingresso del Porto (Palermo): è un altorilievo marmoreo del cippo situato all’ingresso del porto di Palermo su Via Emerico Amari. E’ il Genio più antico di quelli che sono ubicati a Palermo.

2) Genio nel Palazzo delle Aquile (Palermo): per la sua piccola dimensione è denominato “Palermu ‘u nicu” (Palermo il piccolo). La statua è ubicata sullo scalone del Palazzo Pretorio, sede del Municipio della città. La piccola statua di autore anonimo fu ritrovata nelle cantine del Palazzo a fine Seicento.

3) Genio in Piazza Garraffo (Palermo): fu costruito nel 1483, ed è denominato Palermu lu grandi (Palermo il grande) per distinguerlo da quello più piccolo di Palazzo Pretorio. Originariamente collocata al di sopra dei cinque cannoli della fontana del Garraffo (posta nel piano che gli arabi definirono gharraf, ossia abbondante d’acqua, nei pressi della Vucciria), la statua del Genio fu spostata a metà del ‘600 nell’edicola dove si trova tutt’ora, in Via Argenteria. Si dice che la statua sia stata commissionata dai mercanti stranieri già presenti con le loro attività all’interno del mercato in segno di riconoscenza verso una città così accogliente.

4) Genio in Piazza Rivoluzione (Palermo): è una scultura del XVI secolo. Nel 1687, questa statua del Genio fu qui trasferita dalla Fontana del Molo Nuovo. In un primo momento, fu posto su un piedistallo marmoreo e fu denominato Genio della Fieravecchia. Da questo luogo, iniziarono i Moti del 1820 e del 1848. La folla era solita riunirsi attorno alla fontana tardo-cinquecentesca per protestare contro i borboni, il 12 Gennaio del 1848, la moglie di un patriota pose il tricolore sulle spalle del Genio, dando il via ai Moti contro la dominazione borbonica. Da allora, questo Genio, divenne per i palermitani, simbolo di libertà e di riscatto. Per questo motivo, Carlo Filangieri, luogotenente di Sicilia del Governo borbonico, nel 1852 decise di spostare la statua nei magazzini municipali dello Spasimo ove rimasero sino al 7 Giugno 1860, quando, con l'arrivo a Palermo di Giuseppe Garibaldi fu riportata dal popolo sulla piazza, che da allora prese il nome di Piazza Rivoluzione. Alla fine del XIX fu ripristinata la fontana e ai lati della vasca furono poste quattro targhe commemorative: due per la sommossa del 12 Gennaio 1848 e due in memoria del ritorno nella piazza.

5) Genio nella Villa Giulia (Palermo): la scultura marmorea in marmo di Carrara, fu collocata nel 1778 al centro della fontana di Ignazio Marabitti a Villa Giulia. E’ tra le rappresentazioni del Genio, quella meglio conservata, la più maestosa ed elegante ed esoterica. La riproduzione di questa statua, fu utilizzata anche sulle banconote da 500 e 1000 Lire emesse alla fine dell’Ottocento dal Banco di Sicilia. E’ opera di Ignazio Marabitti e fu costruito per volere del Senato di Palermo che pretesero una statua del Genio “con quei geroglifici ed emblemi ad essa corrispondenti” (geroglifici = esoterici; emblemi = essoterici) Gli emblemi presenti in questa statua interpretano il significato delle pubbliche virtù della città: la prudenza (il serpente); la regalità (l’aquila); la fedeltà (il cane).
Il Genio, in questo caso, è un simbolo civico alchemico che “sembra” contrapporsi a quello “cristiano” di Santa Rosalia (prima di Santa Rosalia, il monte Pellegrino fu luogo di culto di Demetra). Tale contrapposizione in realtà non esiste poiché entrambi i “numi tutelari” della città hanno radici “misteriche” (dal greco antico mystes = iniziato, dunque esoterico). Alla sua base, sono poste due iscrizioni latine: Prima Sedes, Corona Regis et Regni Caput (indica il ruolo di Palermo capitale); l’altra recita: Anguem Aquilam Atque Canem Prudens, Augusta, Fidelis Palladis et Cereres dona Panormus habet (secondo la simbologia degli animali, indica la saggezza, la prudenza, la regalità e la fedeltà di Palermo).

6) Genio del mosaico, realizzato alla fine del XIX secolo da Pietro Casamassima come pannello musivo della Cappella Palatina, al Palazzo dei Normanni.

Ad essi si aggiungono altri che non appartengono al LIM: il “Genio dell’Apoteosi” di Palermo a Palazzo Isnello; dipinto realizzato nel 1760 da Vito D’Anna ed il Genio di Villagrazia o di Villa Fernandez.
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