POLITICA
Il dopo Orlando e quella Palermo che "ha bisogno di sognare": Mariangela ci spiega perché
Dopo l'incontro pubblico "Facciamo Palermo", si delinea sempre più un nuovo soggetto politico che si candida a guidare la città con un metodo «rivoluzionario» dal basso
Mariangela Di Gangi
C’è chi si spende nei quartieri popolari, chi si occupa di innovazione sociale e tecnologica, rappresentanti del mondo culturale. Molti di loro fanno parte di associazioni, altri di movimenti e poi ci sono esponenti del mondo politico.
Un appello a mettersi in gioco lanciato da Mariangela Di Gangi, candidata alle primarie.
«Facciamo Palermo è fatta di persone, non delle realtà a cui si appartiene – afferma -. Intendiamoci, sicuramente tutti portano con sé l’impegno svolto in questi anni, ma adesso vogliamo costruire un campo nuovo, fatto del contributo di tutti. Ci caratterizza il tratto comune, il fatto di essere già persone inserite in percorsi di cura della città e che vogliono adesso cimentarsi nel ruolo di governo di Palermo».
Al momento, dopo l’incontro pubblico dei giorni scorsi, i promotori dell'iniziativa si stanno confrontando «con tutto il campo progressista, dalle sinistre al Partito democratico fino al Movimento Cinque Stelle.
In occasione di “Facciamo Palermo” sono intervenuti Fabio Teresi del Pd e presidente di circoscrizione, il consigliere comunale del M5S Tony Randazzo e Luigi Carollo di Sinistra comune. Le interlocuzioni politiche poi si sono moltiplicate, come con Cento passi per la Sicilia. Il filo conduttore è sempre lo stesso: siamo soggetti impegnati in percorsi di cura di Palermo».
Uno scambio con la città e con il mondo politico che in questi giorni quindi è sempre più intenso. «La proposta cardine resta legata al metodo – continua -. Il senso di questa iniziativa è che volevamo raccontare ai cittadini e alla politica un metodo che si basi sulla collettività. Ciascuno di noi da solo non potrebbe fare nulla».
E poi aggiunge: «Abbiamo bisogno di un protagonista collettivo, che torni ad occuparsi dei quartieri e che stia nei quartieri per realizzare un vero decentramento, per diluire il potere e le competenze, in modo da dare risposte concrete a realtà troppo complicate e troppo diverse le une dalle altre. Comprendo che si tratta di un atto di rivoluzionario. L’ho detto come una provocazione ma per me non lo è: i migliori devono impegnarsi nei livelli più bassi, dove si fa la politica più alta».
Un metodo che riguarda in modo trasversale i temi caldi della quotidianità di chi vive e lavora a Palermo: rifiuti, mobilità e non solo.
Dal primo incontro pubblico «non sappiamo ancora come evolverà tutto questo - sottolinea ancora -. Al momento continuiamo ad impegnarci nelle nostre realtà e i cittadini ci contattano per poter dire la loro, magari stavolta saremo noi a fare iniziative nei quartieri per coinvolgere quante più persone possibili e stiamo pensando a realizzare altri incontri pubblici».
Si ribalta il punto di vista quindi, della politica che si riprende le strade della città, mette al centro le persone: «Nella misura in cui in maniera responsabile – conclude – c’è l’esigenza di coinvolgere la maggior parte dei cittadini e le cittadine nell’ottica che non si può fare a meno dei partiti e non si può fare a meno dei quartieri.
Noi ci candidiamo a questo, a connettere quello che sta fuori e quello che sta dentro. Palermo ha bisogno di sognare, per trovare insieme un metodo che sia strumento produttivo per la rinascita della città».
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