STORIA E TRADIZIONI
I Giorni della Merla nascono da un mito "siciliano": vi sveliamo perché si chiamano così
Il mitico messaggero della Primavera potrà anche stupire, ma tale locuzione che descrive le ultime giornate di gennaio viene da un antico mito, ormai quasi perduto
Auspicando che anche quest’anno sia così – il bel tempo delle ultime settimane e il surriscaldamento globale potrebbe infatti garantire un sole splendente anche in quei giorni – ci sarebbe da chiedersi perché il folklore popolare ha dedicato quest’ultime giornate di gennaio ad un animale così atipico come il Merlo (Turdus merula).
Non presenta chissà quali caratteristiche morfologiche e comportamentali capaci di affascinare il pubblico, se si toglie il nero uniforme del suo piumaggio.
Il merlo d’altronde non è una specie molto presente all’interno del panorama mitologico mondiale, al di là di qualche favola raccontata da Esopo.
È privo dell’importanza che dispongono i corvi (Corvus corax) nella mitologia norrena o del fascino che possiedono i falchi (Falco peregrinus) all’interno della religione egizia.
Allora perché è stato scelto per rappresentare il periodo ipoteticamente più freddo dell’anno? Perché, dopo secoli dalla sua prima comparsa, questa dedica è ancora in vigore?
Il mitico messaggero della Primavera potrà anche stupire, ma tale locuzione che descrive le ultime giornate di gennaio deriva da un antico mito, che è andato quasi perduto.
Infatti la leggenda che spiega l’uso di questo termine, nel corso del Medioevo e poi di tutti i secoli dell’età moderna ha subito così numerose trasformazioni che ha assunto diversi varianti e significati, che hanno fatto perdere buona parte della storia originale.
La versione più comune della storia popolare (e moderna) del mito dei Giorni della Merla vuole che il mese di gennaio, che inizialmente aveva 28 giorni, facesse degli scherzi ad un merlo, che per non patire il freddo decise di non lasciare il nido per quei giorni.
Così il malefico gennaio introdusse altri tre giorni, i cosiddetti “giorni della merla" (29, 30 e 31), per poter scatenare la sua ira contro il povero animale affamato. Il merlo così cercò riparo e cibo in un comignolo per quei giorni suppletivi, facendo variare il colore del suo piumaggio, che da bianco era diventato nerastro per via della cenere.
Questa versione però deriva come detto da una storia molto più antica, che proviene proprio dalla nostra regione.
Il mito di Proserpina, molto vivido in Sicilia per il culto presente nella provincia di Enna fino alla diffusione del Cristianesimo (l’ingresso agli Inferi era nei pressi del Lago di Pergusa), vuole che a seguito del patto matrimoniale che la dea ha avuto con suo marito Ade, lei potesse passare metà dell’anno con sua madre Demetra, divinità dell’agricoltura e della natura.
Demetra infatti possedeva un attaccamento materno molto forte nei confronti della figlia, che la spingeva a disperarsi e deprimersi quando ella era lontana da lei.
Le conseguenze di questa disperazione erano visibili a tutti. Demetra trascurava per il dolore così tanto i suoi compiti divini che l’inverno si diffondeva in tutto il globo, condannando chiunque alla fame e al deperimento.
Proprio per aiutare la madre e scongiurare che questa condannasse il creato al gelo, Persefone con il permesso di suo marito aveva accettato il consiglio di Zeus di trasferirsi ogni anno per sei mesi da Demetra, favorendo così il rifiorire delle piante e l’innalzamento delle temperature.
Questo viaggio verso la casa materna era però preceduta dall’arrivo di un messaggero alato, che avvisava la madre dell’arrivo della figlia e che non aveva problemi di spostarsi né durante la brutta né durante la cattiva stagione: il merlo.
Se nei giorni in cui il merlo usciva dal nido per compiere il suo dovere le temperature erano miti, l’animale indicava che l'inverno sarebbe durato a lungo, perché Persefone l’anno precedente si era attardata nel ritornare nell’Ade e nel nuovo anno sarebbe giunta dopo da sua madre.
Se invece le giornate erano invece veramente molto fredde, l'inverno sarebbe stato breve, perché Demetra avrebbe preteso presto la figlia, essendo in scadenza i sei mesi di convivenza fra lei e suo marito.
Il merlo così, da animale privo di importanza e di significato, divenne così forse il più importante messaggero divino dopo Hermes e il popolo greco-romano confidava nel suo comportamento per comprendere o meno se la Primavera sarebbe stata bella e vicina.
Tale mito trarrebbe ovviamente origine da una naturale capacità della specie e di molti altri uccelli stanziali di percepire, nel periodo antecedente la stagione degli amori, i segnali dell’arrivo del bel tempo.
Dovendosi infatti preparare per la nidificazione, il loro orologio biologico si sarebbe adattato proprio per carpire questi segnali, in previsione del corteggiamento e dell’organizzazione generale che precede la messa al mondo dei pulcini.
Il culto di Demetra decadde con l’inizio del Medioevo, ma il rispetto che il folklore popolare poneva nei confronti di questi uccelli rimase, finché nacquero nuove storie e il merlo divenne il vero ed unico protagonista della vicenda, che si diffuse in tutta Italia a partire proprio dalla Sicilia.
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