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Fu la prima chiesa della Santuzza di Palermo: dov'era il gioiello perduto (che non conosci)

Ricca di mosaici all'interno di un luogo sacro, pare che Santa Rosalia visse qui per circa 6 anni fino alla morte. Per questo prese il nome di “Chiesa di Santa Rosolea”

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 2 luglio 2024

La grotta di Santa Rosalia in un'illustrazione del 1841

Tra misteri e leggende, Rosalia Sinibaldi, figlia di Sinibaldo Sinibaldi Signore del Monte delle Rose e Quisquina membro della famiglia dei Marsi discendente di Carlo Magno, la madre Maria Guiscardi nipote di Re Ruggero II, non ha certezze. Il Senato palermitano incaricò il gesuita Cascini nel 1631 di raccogliere notizie sulla sua vita, lo scritto fu poi inserito nell’urna dei resti della Santa custoditi nella Cattedrale di Palermo.

Le prime notizie sono un’iscrizione scolpita in una grotta a Quisquina, si dice realizzata dalla Santa, trovata da dei muratori, oggetto di numerosi dubbi. Caetani raccolse la tradizione orale, oltre ai codici in cui era menzionata, che la vide arrivare a Palermo come dama di corte della regina, abitando all’Olivella dove sembra, fu eretta la prima cappella a suo nome.

Oggi della casa e luogo di culto resta un pozzo internato nel cortile del '600 dell’Oratorio di Santa Caterina. La tradizione narra che il giorno del matrimonio vide l’immagine del Cristo che la invitava a lasciare tutto vivendo da Anacoreta. La scelta fu immediata tagliò le trecce bionde decidendo di diventare eremita Basiliana.
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Gli ordini mendicanti ed eremitici erano molto forti in quel periodo e videro molte donne scegliere solitudine, discrezione, mortificazione spirituale, “acqua e cibo spirituale”. Alcune di queste si fecero murare lasciando solo una piccola fessura, alcune andarono a vivere nei sepolcreti, altre scavarono la roccia friabile ricavandone un pozzo come cella.

I Basiliani furono costretti a fuggire dall’Oriente durante la guerra contro le immagini sacre e trovarono rifugio proprio tra Sicilia, Calabria, Abruzzo, Puglia e Basilicata, accolti con entusiasmo dai re Normanni. Che fosse Basiliana Rosalia lo testimoniano le immagini che la ritraggono con il tipico saio, sandali e con gli attributi che sono attribuiti spesso ai monaci: il bastone, la bisaccia, la conchiglia al collo, a volte il cane, il giglio simbolo di purezza, una ciotola e un teschio.

Rosalia riunisce quasi tutti questi simboli, compresa la famosa corona di rose per alcuni bianche per altri rosse. Del resto nomen omen, nel suo nome il presagio, compaiono, infatti, i due fiori la rosa e il lilium, il giglio.

La prima esperienza di eremitaggio fu probabilmente nei boschi di Palazzo Adriano prima di Quisquina, Bivona dove visse 12 anni prima di tornare a Palermo sulla montagna sacra, Monte Pellegrino, alcuni dicono in seguito alla richiesta della Regina, per altri fu trasportata da un angelo.

In quello stesso luogo sembra preesistesse una chiesetta Bizantina dalla tipica forma quadrata strutturata internamente a Croce latina decorata da pitture o mosaici, in seguito dedicata al culto della Santa e chiamata “Chiesa di Santa Rosolea”. Che fosse un luogo magico rituale la Montagna, lo sapevano anche i Fenici che eressero un santuario rupestre all’interno di quelle rocce che trasudavano acqua.

La Santa visse lì per circa 6 anni chiedendo di essere murata in una delle rientranze della grotta. Morì intorno al 1170 all’età di circa quarant'anni.

Il culto della Santa con il tempo rimase legato all’invocazione, e fu dimenticata anche la piccola chiesa bizantino - normanna. Tutto questo fino al 1624 quando una nave proveniente da Tunisi portò la peste nera nella Città.

Stretta nella morsa della malattia Palermo era completamente prostrata, fino a quando la Santa non apparve la prima volta a una malata indicandole il luogo dove si trovarono i suoi resti. Il Cardinale Doria decise di avviare gli scavi, per trovare l’accesso alla “cella peregrina”, come era chiamata.

La ricerca fu frenetica l’imperversare della peste richiedeva azioni forti, la Chiesa fu quasi distrutta. I resti furono trovati fusi “incastonati in un involucro di roccia cristallina”, la calcarenite. Dubbiosi sul ritrovamento, le analisi si protrassero per diversi mesi, fino a quando la Santa si manifestò nuovamente al “saponaro” Vincenzo Bonelli.

Rosalia lo condusse nel 1625 nei pressi dell’antica Chiesa di "Santa Rosolea" invitandolo a far esporre il prima possibile le sue reliquie senza indugi o dubbi. Così fu fatto, i resti furono trasportati e il morbo fu sconfitto e Rosalia divenne la Patrona della città.

La Chiesetta fu rasa al suolo per far posto alla Chiesa barocca con annesso il convento. Andò così definitivamente perduto il luogo dove Rosalia visse e pregò in solitudine, un luogo probabilmente edificato sui resti fenici.

Una perdita enorme, che avrebbe potuto raccontarci qualcosa in più non solo della Santa, ma del luogo di culto attraverso iscrizioni, decorazioni, fondamenta, suppellettili. Un luogo sacro che continua però la sua funzione protettrice della Città e dei suoi abitanti.

Le feste della Santa sono note dal Festino di luglio in cui sfila il trionfale Carro della Santa e a settembre data fissata dall’Agiografia, della morte di Rosalia, con "l’Acchianata" a piedi dei palermitani. Singolare che la salita è fatta anche dagli indiani Tamil che hanno trovato analogie tra la Santa siciliana e una loro divinità femminile.

Mito, Rito e Storia, difficile ordinare, stabilire cosa viene prima, Rosalia come tutti i santi Taumaturghi tocca i tre punti, passando dalla leggenda alla storia. Eppure chi come noi vive in un mondo che sconfessa giorno per giorno verità e certezze che sembravano acquisite, tornare ad affidarsi al soprannaturale può essere di grande conforto.

Quest’anno, la nostra Santuzza sarà rappresentata in una statua candida con le braccia tese a stringere in un abbraccio tutti con uno sguardo dolce ceruleo, come a dire, prendo a prestito alcune parole: «Un ti scantari, 'ca sugnu» e questo a noi basta.

Viva Palermo e Viva Santa Rosalia.
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