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Forse diventa santo il giudice "ragazzino" ucciso dalla mafia: ecco i miracoli fatti

Potrebbe diventare il primo beato tra i magistrati vittime di mafia: Rosario Angelo Livatino, apparendo da morto, avrebbe guarito alcune donne dalla leucemia

  • 6 settembre 2018

Il magistrato Rosario Livatino

Rosario Angelo Livatino, detto il giudice ragazzino (si laureò a solo 23 anni in giurisprudenza e poi diventò magistrato al tribunale di Caltanissetta), potrebbe diventare il primo santo tra i magistrati caduti per mafia.

Ucciso il 21 settembre del 1990 sulla SS 640 mentre si recava, senza scorta, in tribunale, per mano di quattro sicari assoldati dalla Stidda agrigentina.

Nella sua attività si era occupato di quella che sarebbe esplosa come la Tangentopoli siciliana e aveva messo a segno numerosi colpi nei confronti della mafia, attraverso lo strumento della confisca dei beni.

Papa Giovanni Paolo II lo definì invece «martire della giustizia e indirettamente della fede», il giudice era infatti credente e praticante, ogni mattina si raccoglieva in preghiera, come si legge nelle sue agende private.

Il 21 settembre (stessa data dell'esecuzione) del 2011 si è dato avvio al processo di canonizzazione. Adesso, a sette anni dall’apertura del processo diocesano di canonizzazione del giudice, è stato dato l’annuncio della data in cui si terrà l’ultima sessione del processo diocesano:
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il 3 ottobre, giorno in cui tutti gli atti originali, 4mila pagine di testimonianze (45 testimoni tra cui anche uno dei suoi killer e i racconti dei suoi presunti miracoli) verranno trasmessi alla Congregazione delle cause dei santi che ha sede a Roma, dove varrà studiata e analizzata la vita del giudice.

«Il 3 ottobre si concluderà la fase diocesana del processo di canonizzazione del giudice Rosario Angelo Livatino». Con queste parole l’arcivescovo di Agrigento, cardinale Francesco Montenegro, ha dato l’annuncio della data della chiusura della fase diocesana del processo di canonizzazione del giudice Rosario Angelo Livatino.

Ricordandone la figura di integerrimo amministratore della giustizia compito che svolgeva come vocazione.

«Un uomo – ha ricordato il cardinale Montenegro, tracciandone la figura – che ha vissuto la vita in modo buono e la sua morte è sintomo di una vita buona vissuta alla luce del vangelo. Un ottimo professionista che aveva un rapporto diretto con Dio».

«Lui accanto ai codici del suo lavoro di magistrato teneva sulla scrivania anche il vangelo, facendo comprendere che tra il suo lavoro e la sua fede non vi era alcuna separazione».

Tra i presunti miracoli attribuiti all’intercessione di Livatino, una storia arriva dalla Puglia. La donna in questione ha 50 anni ed era affetta da leucemia e guarita, a suo dire, grazie all’apparizione del giudice.

Non è la prima volta che accade un evento del genere, un altro caso è infatti quello del 1993 con un’altra donna donna, Elena Valdetara Canale, che era affetta da una leucemia che l’avrebbe condotta secondo i medici a morire entro un anno e mezzo.

La malattia aveva portato la donna, dopo 3 anni, al punto di non essere autosufficiente, fino a quando un giorno vide su un giornale la foto del “giudice ragazzino” e ne rimase molto colpita, da quel giorno le condizioni della signora Valdetara Canale cominciarono a ristabilizzarsi fino ad arrivare alla guarigione.
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