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Estratta la carota di ghiaccio più antica della storia: il nuovo record è (anche) siciliano

Al suo interno si trovano degli strati compatti in Antartide provenienti da 1 milione e 200 mila anni fa. Consentiranno di studiare meglio i cambiamenti climatici

Aurelio Sanguinetti
Esperto di scienze naturali
  • 14 gennaio 2025

Il gruppo di esperti che ha compiuto il record

Durante le scorse settimane, una notizia ha sconvolto gli appassionati di climatologia e i glaciologi di tutto il mondo. In Antartide, nei pressi della stazione Little Dome C, nota anche come stazione Concordia, a oltre 3.200 metri di altezza e a 1.200 km dalla stazione più vicina un team di scienziati francesi e italiani ha compiuto un nuovo record, ottenendo la carota di ghiaccio "più antica" della storia.

Al suo interno sono presenti infatti degli strati compatti di ghiaccio provenienti da 1 milione e 200 mila anni fa, ovvero al Piano Calabriano del periodo Pleistocene.

Un periodo talmente lontano che la nostra specie non era ancora comparsa sulla Terra. Per raggiungere questi strati di ghiaccio, i glaciologi hanno dovuto trivellare la superficie dell’Antartide fino alla profondità di 2.800 metri sotto la calotta.

Una dura sfida che ha impegnato gli scienziati per anni, in un territorio in cui le temperature esterne possono arrivare durante l’inverno australe a - 83 gradi centigradi.
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Fra gli scienziati autori di questo glorioso risultato - che consentirà alla scienza di conoscere meglio quali sono stati i cambiamenti climatici che sono intercorsi da 1 milione di anni fa ad oggi - c’è anche un ricercatore ennese, Federico Scoto dell’Istituto di scienze polari del CNR, uno dei tre italiani che partecipano alla campagna di perforazione 2024-2025 del progetto Beyond Epica, gestito da Carlo Barbante, docente dell’Università veneziana di Ca’ Foscari.

Cosa rende però una carota di ghiaccio così importante? Ciò che rendono preziosi dal punto di vista scientifico queste carote (definite così poiché sono dei lunghi cilindri di ghiaccio) non è neppure l’acqua, ma sono le microbolle d’aria intrappolate che si possono trovare al loro interno, con cui è possibile studiare la composizione atmosferica della Terra preistorica e gli eventuali sbalzi di temperatura, dovuti agli effetti dei gas serra.

In pratica, queste carote ci permettono di comprendere meglio i processi geologici che intervengono durante le varie fasi glaciali e che partecipano all’attuale cambiamento climatico.

All’interno di queste microbolle d’aria, via via più piccole, a seguito del compattamento del ghiaccio dovuto alle successive nevicate, gli scienziati possono anche trovare le polveri di antiche eruzioni vulcaniche, responsabili in passato del raffreddamento repentino e temporaneo del pianeta.

Per raggiungere l’Europa e i laboratori del CNR, ora queste carote dovranno compiere un lungo viaggio all’interno di alcuni container speciali che manterranno la temperatura a – 50 gradi centigradi, che a loro volta saranno caricati sulla nave rompighiaccio italiana Laura Bassi.

Scoto, invece, sarà costretto a passare ancora qualche mese all’interno della base italo-francese Concordia, a una quarantina di chilometri dal campo di trivellazione di Little Dome C. In Antartide si può infatti lavorare solo durante l’estate australe, quando le temperature sono meno ostili e rigide.

Ma per quanto Scoto sia stato costretto a lavorare anche per Natale e Capodanno, lontano dalla famiglia, insieme al suo team ha festeggiato l’anno nuovo (e molto probabilmente anche l’importante risultato raggiunto) con un bel bicchiere di prosecco, prelevando – come ha dichiarato durante un’intervista – del ghiaccio purissimo dal manto nevoso dell’Antartide per farsi uno spritz.
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