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Era "una Florio" di nascita e di animo: Giulia, la principessa moderna che in pochi conoscono

Messa spesso in ombra dalla personalità esuberante dell’amata cognata Franca, Giulia fu donna accorta, libera e saggia amministratrice. Questa è la sua storia intensa e triste

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 6 giugno 2022

Giulia Florio principessa Lanza di Trabia foto tratta dal libro O.Casagrande,R.Lanza, Mi toccherà Ballare. Feltrinelli, 2014

“Severa…Alta e magra, l’ovale del viso pallido e duro come un bassorilievo scolpito nell’avorio e incastonato in un eterno vestito nero. A suo tempo però Giulia non aveva disdegnato vestiti colorati, feste danzanti e balli in maschera.” Così la pronipote Raimonda descrive la bisnonna Giulia Florio, sorella di Ignazio junior e di Vincenzo.

Messa spesso in ombra dalla personalità esuberante dell’amata cognata Franca, Giulia è donna accorta e saggia amministratrice ma anche ottima padrona di casa. Il destino la vuole sposa ancora bambina: ma la fanciulla prende subito in mano le redini della sua vita, cercando di essere sempre all’altezza del suo ruolo di principessa.

La piccola Florio nel 1813, a soli tredici anni viene promessa dai genitori, Ignazio Florio Senior e Giovanna d’Ondes Trigona, al principe Pietro Lanza di Trabia (che di anni ne ha 21) e si fa impalmare prima di compiere 15 anni. Il suo è un matrimonio di convenienza, pensato a tavolino, per rinsaldare i legami tra antica nobiltà e nuova borghesia: è grande il desiderio d’Ignazio Florio di sposare l’unica figlia a un buon partito. Il padre ambisce a consacrare l’ascesa sociale della famiglia legando tutti i suoi figli all'aristocrazia palermitana, attraverso alleanze matrimoniali.
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Giulia porta al marito una cospicua dote di 4 milioni di lire, una cifra da capogiro, che costituisce una boccata d’ossigeno per i Lanza, una famiglia prestigiosa, ma che vive esclusivamente di rendita fondiaria. Sorprendentemente, nonostante le premesse, le nozze di convenienza si riveleranno felici e fortunate e il rapporto tra i coniugi sarà sempre affettuoso. Il matrimonio con il Principe di Trabia si celebra nel 1885, e da questa unione nasceranno 5 figli: Giuseppe, Ignazio, Manfredi, Sofia e Giovanna.

La dimora invernale di Giulia e Pietro è Palazzo Butera: una casa di sedicimila metri quadri e una grande terrazza - con piastrelle in maiolica - che si affaccia sulla marina. Palazzo Butera è quasi una piccola corte, con un esercito di servitori e dipendenti: camerieri in livrea, cuochi, cocchieri, giardinieri…Con la giovane coppia vive anche la madre di Pietro, la vedova Donna Sofia.

Scrive Anna Pomar : “Sposata poco più che bambina, la piccola Florio si era trovata fra un marito dal carattere spigoloso e difficile, una suocera, la principessa Sofia, addirittura insopportabile, e la nonna di Pietro, anche lei decisa a consigliarla, indirizzarla ed educarla.”

Per fortuna Giulia ha un carattere sereno e un gran senso dell’humor (come il fratello Ignazio): riesce a sottrarsi con garbo alle indisponenti ingerenze della suocera e della nonna. I primi anni del matrimonio sono tuttavia, nonostante la presenza a volte indisponente di Donna Sofia, gli anni più spensierati di Giulia, gli anni della Belle epoque.

La Sicilia è in quel periodo tappa obbligata delle teste coronate d’ Europa: i balli a casa Florio, palazzo Butera sono imperdibili. È tutto uno sfavillio di gioielli, uno sfoggiare di abiti e accessori, una gara per stabilire chi è la più bella o la più elegante, o chi è la perfetta padrona di casa: “Nell’ultimo ballo di corte, in quello dato all’ambasciata d’Austria e in diversi altri dell’alta aristocrazia romana ha brillato in tutto il fulgore della sua bionda bellezza la nostra giovane principessa di Trabia, donna Giulia Florio.” (Giornale di Sicilia, 1888)

I principi Lanza in estate si trasferiscono nella loro villa fuori città, alle Terre Rosse (l’attuale Villa Trabia in Via Marchese Ugo): una palazzina settecentesca circondata da uno dei più grandi giardini della città. Il matrimonio con il Principe di Trabia permette a Giulia di diventare Dama di Palazzo della Regina d'Italia, ruolo che ricoprirà del resto anche la cognata Franca. A Palazzo Butera organizza numerosi ricevimenti, come quelli in onore dei Reali d'Italia (1902) e dell'imperatore Guglielmo II di Germania (1904).

La principessa, attentissima al denaro, si occupa in prima persona dell'immenso patrimonio: ogni mattina si dedica all’amministrazione e a controllare i conti e amministra anche il patrimonio terriero del marito Pietro (che si dedica alla carriera politica: è deputato prima e senatore poi). Abbandonate le rischiose attività dei fratelli Ignazio e Vincenzo Florio, Giulia investe in maniera avveduta, soprattutto in terre e con discreto successo: nel 1939 verrà insignita della Medaglia di miglior agricoltore di Sicilia.

Accorta ma anche generosa, Giulia si dedica a opere caritatevoli ed è ricordata per le molteplici iniziative in favore dei più deboli, dai ciechi agli orfani. Questo impegno cresce ulteriormente dopo la morte dei giovani figli, Ignazio e Manfredi: entrambi medaglia d’argento al valor militare, scomparsi nel corso del primo conflitto mondiale.

I cronisti dell'epoca riportano come, in seguito a questo evento drammatico, Giulia Florio non sarà più la stessa… Ignazio e Manfredi vengono seppelliti insieme, con una sola cerimonia, tanto ravvicinata è la loro scomparsa: nel 1917 muore in combattimento aereo Ignazio, nel 1918 al fronte Manfredi. “Uno per terra l’altro per aria”, come ricorda la lapide sulla loro tomba. Dal giorno del loro funerale Giulia vestirà esclusivamente di nero e diventerà un punto di riferimento nella rete di supporto logistico locale, necessario per gestire la degenza e la cura dei militari rientrati in Sicilia durante e dopo le due guerre mondiali.

Dopo la morte di Ignazio e Manfredi il compito di dare una discendenza a casa Trabia ricade solo su Giuseppe. A lui Giulia si attacca con disperazione; ma nel 1927 l’ultimo figlio rimastole si ammala e nessun medico riesce a capire di che male soffra, un luminare ipotizza addirittura una malattia nervosa, invece è malaria (contratta dopo un viaggio in Africa). Prima di morire Giuseppe riesce a sollevare solo due dita, in direzione della madre Giulia: con questo gesto le affida i suoi bambini.

Giuseppe, infatti ha avuto due figli naturali, fuori dal matrimonio, Raimondo (1915-1954) e Galvano (1918-1985). La storia d’amore di Giuseppe con una donna sposata (e di 10 anni più vecchia), la nobildonna Maria Maddalena Papadopoli Aldobrandini (moglie del principe Ludovico Spada Veralli Potenziani) era stata fortemente condannata e mai accettata da Giulia. Dopo la morte del figlio la principessa decide invece di prendersi cura dei due nipoti e in particolare di Raimondo, che si trasferisce a vivere in Sicilia con i nonni.

Solo nel 1942, dopo 15 anni di tentativi di ogni genere, Giulia riesce finalmente ad ottenere la legittimazione di Raimondo e di Galvano: i due ragazzi assumono finalmente il cognome paterno, solo grazie ad un Regio Decreto (emanato proprio in quell’anno) che equipara i figli naturali e i figli legittimi in materia di successione.

Scrive Raimonda Lanza, figlia di Raimondo: per ottenere questo riconoscimento a Giulia “oltre a dover incontrare più volte il ministro Grandi, toccò anche un colloquio con l’odiato Mussolini (…) Quando Giulia vi entrò, la famosa stanza del mappamondo si srotolò ai suoi piedi (…) Supplicare non era nelle corde di Giulia, chinare il capo non era certo in quelle del Duce. Lui non si alzò, lei non si sedette. Ma il riconoscimento avvenne.”

Giulia si spense solo qualche anno dopo il 23 dicembre del 1947, a Palermo, all'età di 77 anni.
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